«Caro papà, ti scrivo dal carcere...»

Il progetto Torna “I Classici dentro e fuori il Bassone”, un programma di letture condivise accanto ai detenuti

Ripartito nello scorso mese di febbraio, il progetto “I Classici dentro e fuori il Bassone” - che prevede la lettura di un libro al mese con un gruppo di detenuti e un incontro di confronto con il pubblico, a cui vengono riportati i commenti - ha avuto sin da subito riscontri molto positivi.

«Chiudere la porta a un amico? Muore lui ma muoio anch’io»

Grandi ricordi, rimpianti ed emozioni, quelli scatenati dalla lettura del primo libro, “Lettera al padre” di Kafka: «Caro papà, al contrario di Kafka, non mi sono mai chiesto se avessi paura di te; perché fortunatamente non ne ho mai avuto il bisogno. Ma ora sì, ho una paura nei tuoi confronti, quella di non poterti dimostrare ciò che sono veramente, ciò che sono diventato tramite i tuoi insegnamenti, tramite la libertà che ci hai donato» (M. G.); «Come Kafka, fin da piccolo anche io avevo ed ho tuttora un rapporto di non accettazione assoluta col mio essere sia fisico che comportamentale, non so se è dovuto ed è paragonabile a come si sentiva Kafka a confronto col suo, ma come lui vedevo mio padre, forte, alto, piazzato ed era difficile dargli l’età effettiva che aveva. Quindi pure io, magrolino e basso, avevo una sorta di soggezione, sia con lui e poi di riflesso anche con altri. Tutto ciò mi isolava, così come il mio combattere i miei disagi, si è tramutato in ribellione e impulsività, che col passare degli anni, mi ha fatto fare danni» (L. V.); «Caro papà, non ti ho mai scritto così tante lettere come quest’anno; anzi, non te ne avevo mai scritte, ma da quando sono qui, mi è sembrato vitale farlo. So che sono una persona che difficilmente parla di questi argomenti, di questi temi, di quanto sei stato e sei importante per me» (A. R.); «Leggendo questo libro di Kafka, mi ha fatto pensare molto al mio non rapporto con mio padre! (…) Vi posso garantire che mio padre non ti prendeva a sberle… faceva molto di più! E quando si fermava, io andavo nella mia stanzetta a piangere sotto le coperte. Quel pianto, vi posso garantire, che non era tanto per quello che mi aveva fatto, ma per chi me lo aveva fatto! Perché vi dico una cosa, che essere trattati così da un genitore, ti destabilizza molto! Perché pensi che quelle mani e quelle braccia, dove ogni figlio, ogni bambino si dovrebbe sentire sicuro e protetto e invece ti fanno del male, ti fanno crescere insicuro, pieno di paure e con tante domande senza risposte!» (M. M.); «Cari figli, vi scrivo questa lettera per dirvi cose che non sono riuscito a dirvi di persona! Io nella vostra vita sono stato purtroppo poco presente per via delle mie scelte sbagliate… Io con mio padre, come ben sapete, non ho mai avuto un buon rapporto, anzi eravamo sempre in conflitto. Sin da piccolo non mi piaceva il suo modo di fare il padre, lui non parlava, lui piuttosto arrivava allo scontro ed io mi ero ripromesso che quando fossi diventato padre, non sarei stato come lui! E così è stato, io con voi mi sono posto sempre con dei modi più affettivi» (M. M).

Il secondo libro è stato “Nudi e crudi” di Alan Bennet, che narra di uno stranissimo furto in appartamento: il dibattito ha visto anche una buona dose di ironia: «Rubare o non rubare non è un problema, ma una scelta. Rubare ai ricchi per dare ai poveri va bene, ma deve valerne la pena. Altrimenti ruba ciò che non può essere tracciato” (M. G.). «Grazie alla lettura di Destinatario sconosciuto di Katherine Kressmann Taylor abbiamo affrontato temi come la vendetta e il tradimento di un’amicizia», spiega Katia Trinca Colonel, una delle ideatricil: «Come fai a chiudere la porta davanti a un amico? In quel momento muore lui e muoio anche io! Come faccio poi a convivere con questo?» (M. M.); «Vendetta… In questa fase della mia vita, forse, è l’unica cosa a cui penso di più per tutto quello che mi è successo e mi sta succedendo; le persone di cui magari mi fidavo di più e adesso è come se non fossi mai esistito (…). La soddisfazione, vogliono che passano tutto quello che ho passato io per gente che una volta ci chiamavamo “fratello”. Se esiste veramente un dio, non deve togliermi questa soddisfazione». (C. P.).

«Cari figli, vi scrivo per dirvi cose che non sono riuscito a dirvi di persona»

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