Cent’anni A San Carpoforo, dove nessuno è escluso
Storia L’istituto scolastico festeggia i suoi cent’anni di vita con l’istituzione di un fondo per accogliere tutti gli studenti
Non c’è come imbattersi nelle situazioni per prendere di petto il problema, affrontarlo e risolverlo. Sempre con l’idea dell’accoglienza e dell’integrazione. Ed è così che, molti anni fa, l’Istituto San Carpoforo, fece i conti con le prime forme di disturbo dell’apprendimento. Poi arrivò in istituto un bambino con sindrome di Down. Due situazioni-apripista. Il corpo docenti cominciò a formarsi sugli aspetti della discalculia e della dislessia, si iniziarono a mettere in campo forme didattiche e di metodologie come porte di entrata e comunicazione. Un impegno che, oggi, va sostenuto. Anche economicamente.
Ora, L’Istituto San Carpoforo, bilingue, che ospita scuola dell’infanzia, scuola primaria e scuola secondaria di primo grado con oltre 300 iscritti, festeggia cento anni di presenza a Como. E guarda al futuro. Per questo traguardo ha deciso di regalarsi il “Fondo Inclusione” che permetterà ancor di più all’Istituto di essere luogo di accoglienza.
Lo spiega bene Suor Mariadele Grassi, superiora della comunità e docente: «La nostra scuola accoglie 303 alunni e, di questi, 36 hanno bisogni educativi speciali. Parliamo del 12% degli studenti. Come realtà scolastica abbiamo sempre apprezzato il valore aggiunto dell’inclusione dei bambini diversamente abili nell’azione educativa. Conoscere modi diversi di essere e di relazionarsi agli altri e alla realtà ha spinto il corpo docente a un continuo rinnovamento e a una costante ricerca di metodologie, che hanno sviluppato, non solo nuove strategie didattiche, ma anche una nuova “postura” del vivere il tempo scuola».
Il Fondo Inclusione
Del resto, le esperienze hanno fatto crescere la consapevolezza. Come quando, molti anni fa, bussò alla porta di San Carpoforo la famiglia di un ragazzino svizzero, di quinta elementare: «Sette scuole l’avevano rifiutato – ricorda Suor Mariadele - la risposta era sempre un “no” o un “sì, ma...” con maggiorazione della retta e con l’assistenza specifica a carico della famiglia. Noi l’abbiamo accolto e pensiamo di aver fatto un buon lavoro con lui».
L’istituzione del fondo ha varie ragioni: «Non vogliamo diventare una scuola per disabili, ma vogliamo dire che se un bambino disabile è in lista da noi, può trovare il suo posto senza “se” e senza “ma”: chi ha un disabile deve già far fronte a mille spese. Il fondo nasce soprattutto da questa considerazione: noi abbiamo cinque ragazzi con spettro autistico, nove insegnanti di sostegno su una scuola di oltre 300 alunni. Questo incide sulle spese, ma alle famiglie non chiediamo contributi maggiorati. Lo Stato? In Italia, copre un terzo di quelle che sono le spese necessarie per scuola primaria. E per le medie, la situazione è ancora più complicata».
Altra considerazione, non meno importante, è l’arricchimento che deriva agli studenti, e di riflesso a insegnanti e collaboratori, dalla presenza della disabilità in classe: «Purtroppo sembra sempre un mondo a parte, che non possa entrare in contatto con quello della “normalità”. Niente di più falso: il disabile non abbassa il livello scolastico e di sicuro alza quello umano. Da noi c’è chi esce con un B2 in inglese, visto che siamo un istituto bilingue. La disabilità in classe, quindi, non è limitante: un ragazzo è venuto alla Scala con noi, ha cantato con altri bambini alla Messa di Pasqua. Dobbiamo anche creare l’abitudine, specialmente nei più piccoli, a normalizzare la diversità».
E si tratta di un’inclusione completa, come conferma il dirigente scolastico Omar Gervasoni: «I bambini con disabilità non sono in angolo, facciamo sì che tra ore di sostegno e le ore dell’educatore, possano usufruire dell’orario completo. Anche nei momenti di mensa, o di gioco nel parco, loro sono nel gruppo. Per noi è un valore aggiunto: le classi che accolgono un ragazzo disabile, crescono con un’attenzione e una sensibilità fuori dal comune».
Raccolte fondi
L’altro obiettivo è mantenere questo standard negli anni a venire: «La Congregazione dell’Assunzione ha sempre coperto gli ammanchi di bilancio, ma per il buon funzionamento si deve andare avanti con le proprie gambe e con un bilancio sano. Questa enfasi che stiamo dando al progetto, anche un po’ provocatoria, serve anche a far aprire gli occhi alle altre realtà educative della città. E anche a chi è più in alto di noi…», chiude suor Mariadele.
Per finanziare il fondo, oltre a un Iban (ne scriviamo nell’articolo che trovate in pagina), l’Istituto ha pensato a una serie di iniziative che animeranno tutta la primavera. La prima sarà sabato, la cena solidale allo Sheraton di Tavernola, con la cena firmata dalla chef stellata Viviana Varese.
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