Diogene / Olgiate e Bassa Comasca
Martedì 09 Maggio 2023
Crocerossine coraggio: una storia ritrovata a un secolo di distanza
Cent’anni dopo I diari di due infermiere alla disfatta di Caporetto diventano un libro che parla di dedizione, sacrificio e senso del dovere
«Il compito di noi infermiere era arduo davvero, mi era moralmente impossibile lasciare in un momento così dolorosamente tragico, un ospedale dove erano a centinaia feriti gravissimi. Come abbandonare i nostri poveri figliuoli in preda alle più atroci sofferenze ed al pazzo terrore del nemico che stava per giungere? Bisognava non avere cuore di donna che, in mezzo ai sofferenti, si sente madre di tutti».
Crimine di guerra
La storia narrata nel libro “La via del cuore - La storia delle Crocerossine internate a Katzenau durante la Grande Guerra” inizia con la disfatta di Caporetto. Maria Andina e Maria Antonietta Clerici, nonostante l’ordine di rientrare, decidono di rimanere in aiuto ai circa 200 malati non trasportabili. Il 28 dicembre l’ospedale 014 a Ruda (Udine) viene chiuso. Partono pensando di tornare a casa e invece le portano al castello di Lubiana dove si trovavano i prigionieri italiani. In seguito vengono internate nel campo di Katzenau. L’azione si configura come violazione del Diritto Internazionale Umanitario, un crimine di guerra.
Maria Antonietta Clerici, nacque a Como il 30 ottobre 1884. Era la prima di dieci fratelli. Il padre, Eugenio Pietro, era originario di Cadorago, ma viveva a Como, professione di maestro elementare. La passione per l’insegnamento fu la preziosa eredità spirituale per la figlia che dedicò la sua vita a insegnare, credendo fermamente nel valore della formazione come segno di civiltà e leva di riscatto sociale. Nel 1912 si iscrisse al corso per infermiera volontaria della Croce Rossa e si diplomò il 31 dicembre 1914, numero di matricola 1549. Una donna moderna e indipendente, che viveva la contraddizione irrisolvibile tra il vivere sociale e i tradizionali ruoli femminili riconosciuti dalle convenzioni. Nell’aprile del 1923 sposò Alfredo Coratolo, 13 anni più giovane. Andò in pensione e si dedicò alla fondazione dell’Istituto Studio e Lavoro di Como, che consentiva alle donne di conseguire un titolo per migliorare la propria condizione lavorativa. Un esempio mirabile di donna capace di leggere le dinamiche sociali del presente per costruire una visione ideale e progettuale proiettata nel futuro. Si spense il 24 luglio 1961. «Davanti a chi soffre, il cuore umano non ha, non può avere che una via». Maria Andina nacque a Como il 1 giugno 1868 e si spense, sempre nella città comasca, il 30 giugno 1972, all’età di 104 anni. Emerse da subito, ancora bambina, la fede profonda, ragione e fine della sua vita. Il 29 maggio del 1892 divenne apostola laica nella Congregazione delle Figlie di Maria alle Canossiane. Il padre, Filippo, avvocato conosciuto e stimato, nel 1903 fu nominato sindaco di Cantù. Maria si iscrisse al corso per infermiera volontaria il 5 aprile 1911. Si diplomò il 24 maggio 1913, le venne assegnata la matricola 1290, il primo numero delle Crocerossine comasche. Nel periodo di mobilitazione in zona di guerra si mostrò forte ed equilibrata, capace di muoversi con competenza nei meandri burocratici: scrisse le relazioni e la richiesta di rilascio da inviare a Roma e a Vienna, seppe gestire le comunicazioni con il direttore del campo di Katzenau.
Quell’invito a ripartire
I diari delle due Crocerossine hanno inizio nell’ottobre 1917 all’ospedale da campo 014 a Ruda, frazione Perteole, Borgo La Fredda. Maria Antonietta Clerici vi prestava servizio dal primo maggio e Maria Andina dal primo giugno dello stesso anno. Sabato 27 ottobre il direttore le avvisò che era arrivato l’ordine della Sanità Militare di lasciare l’ospedale e rientrare a Como e che l’ospedale 014 sarebbe stato interamente sgomberato.
Le infermiere sarebbero partite il giorno seguente. Maria Andina venne a sapere però che lo 014 avrebbe accolto i feriti più gravi degli ospedali vicini. L’aiutante maggiore le invitò con forza a partire, era troppo pericoloso rimanere. Non c’erano mezzi di trasporto disponibili, sarebbero dovute scappare a piedi. Le due donne scelsero di restare nonostante la situazione drammatica. Venerdì 28 dicembre 1917: «Alle 14 ci annunziarono la partenza dell’ospedale per le sedici. Gli ultimi feriti vengono internati con noi. Addio, ospedale da campo, nel quale ho vissuto le ore più tragiche della mia vita!» scrive Maria Andina.
Due donne molto diverse che hanno sempre seguito un’unica via, quella del cuore, nonostante tutto. Il Giardino delle Rose nel Parco Sant’Elia a Como è dedicato a loro. Passare a salutarle è quasi un dovere.
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