Elena “Scintilla” e i suoi colleghi, che spasso questi clown sociali

L’impegno Patch Adams è il medico americano che per primo portò in corsia magia e colori. A Como c’è un’associazione che ne raccoglie il testimone: ecco da chi è composta e come lavora

Immaginate la scena. Lo studio di un’avvocata. Al centro, una classica scrivania di legno, ben allineati su uno scaffale, raccoglitori, codici e svariati tomi di diritto. Ma ecco che sul bordo del tavolo fa capolino un cane di peluche, una specie di levriero afghano dall’espressione buffissima con tanto di bandana. Poi spuntano anche Cocorico e una balenottera azzurra che spara bolle di sapone. L’avvocata titolare dello studio, poi, non si presenta in giacca o tailleur ma con una maglietta azzurra su cui è stampato un bimbo in pigiama immerso in un libro. Queste sono le due vite di Elena Testoni: uno studio di consulenza legale e poi la trasformazione, come Superman nella cabina del telefono, nel clown sociale di nome Scintilla. Elena-Scintilla è una volontaria di Fiaba Clown. Con le sue amate marionette, entra negli ospedali, e non solo, per portare sorrisi, fantasia, piccoli momenti di gioia a bambini, adolescenti e anziani

Sbloccare le emozioni

«Poco prima del 2019 ero in ospedale a Milano, mi trovavo in una stanza persa nei miei pensieri - racconta Elena mimando il suo ricordo - A un certo punto si spalanca la porta e appare questo clown che mi coglie totalmente di sorpresa... Mi ha fatto così ridere! Ho pensato subito “Voglio farlo anch’io!”, e ho cercato i clown sociali nel Comasco. Ho frequentato il corso e dopo un periodo di osservazione mi sono buttata... Sbloccare le emozioni è stato tosto, anche perché la mia professione non è proprio allineata con quello che avrei dovuto fare, ma con il tempo ho trovato la mia dimensione e ora so che non potrei più tornare indietro».

Elena alias Scintilla insieme a Michela-Struffolo, a Laura-Pernakkia, a Birilla e Brunella che hanno il talento di saper animare le fiabe, a Tony-Aioo lo specialista nel dare forma ai palloncini, a Tamburella che fa bolle di sapone giganti sono tra la ventina di animatori dell’associazione presieduta da Maurizio La Rocca, anche lui un volontario super attivo. «Diventare clown sociali è un lavoro su se stessi, un misurare i propri limiti - spiega Elena - Ecco perché è importante il corso che sblocca la sfera emozionale, allena l’improvvisazione, l’ascolto dell’altro, lo stare in gruppo. I clown sociali operano sempre in coppia, si trasformano con vestiti colorati, naso rosso, un trucco leggero ma non esagerato. Non siamo pagliacci e ci teniamo molto a sottolinearlo».

Patch Adams, il medico americano che per primo portò in corsia i colori e la magia dei clown, è un riferimento e il loro termine tecnico, ormai riconosciuto anche dalle neuroscienze, è gelotologia (dal greco gelos “riso” e logos “scienza”), la scienza del sorriso. Anzi, più che una scienza, un’arte, l’arte del buonumore: «Siamo clown sociali non dottori - precisa Elena - La nostra è un’attività di stimolo che fa affiorare la sfera emozionale».

Un’altra dimensione

E sorride sempre Elena mentre racconta, scherzando con i suoi giochi e le sue marionette. Abbassa gli occhi solo quando ricorda una bambina malata di tumore: «L’abbiamo vista di sabato e lei è morta di martedì, la mamma ha voluto che entrassimo nella stanza. È difficile, ma quando sei lì, in camera, è come se entrassi in un’altra dimensione, il tempo come lo conosci non c’è più, vivi un altro tempo in cui sei a misura del bambino o della bambina che hai di fronte a te. L’impatto c’è, non si può dire negare, ma è come se in quella stanza, dove forse Elena non entrerebbe mai, ci fosse solo Scintilla. Ed Elena non ce la farebbe a fare le cose che fa Scintilla! Certo, nei casi più gravi ci vuole anche un po’ di corazza e possiamo contare sul sostegno di medici e psicologi».

«Col tempo ci viene naturale - rassicura Elena - L’approccio parte dalle piccole cose, un gioco, un oggetto sul loro letto... parti da lì e vedi che cosa piace. I “no” sono rari, ma bisogna saperli accettare. Quello che mi colpisce è la gioia e la sorpresa che quei bambini provano per le piccole cose. Da adulti si perde e facendo questo volontariato ritrovi questa dimensione. Una dimensione più giusta della vita».

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