Era di un mafioso, oggi è tutta per i bimbi

Espropriata a un affiliato alla ’ndrangheta, la Casetta di Timmi a Carugo è protagonista in un cortometraggio speciale

«Sarebbe bello riuscire a spiegarlo ai bambini». È la riflessione di Silvia, seduta sul divano, mentre tiene fra le mani il ritratto di Pio La Torre, politico comunista assassinato 40 anni fa dalla mafia: anche grazie a lui, alla sua legge sui beni confiscati alle mafie, più di dieci anni fa è cominciata l’esperienza della Casetta di Timmi a Carugo. Il luogo era di proprietà di un boss brianzolo della ‘ndrangheta e, ora, è una comunità educativa e famigliare per bambini maltrattati. Un bene, quindi, restituito alla comunità, soprattutto alla sua parte più fragile e bisognosa di protezione. Gli studenti del Ciceri l’hanno scelto per il proprio cortometraggio, vincitore del premio nazionale antimafia.

Inaugurata nel 2010

«Questa è una casa. Non solo la nostra, ma di tante persone», spiegano in apertura di video Silvia Moscatelli e Javier Zaquies, la famiglia ospitante. «Noi vogliamo sia più “casa” possibile per chi arriva – continuano –, cercare di ricreare la vita normale di una famiglia, dando le basi per un’esistenza il più possibile normale».

Il progetto, portato avanti da “Terre des Hommes” e “Comin”, prevede l’accoglienza per bambini da zero a cinque anni, allontanati dalla propria famiglia su provvedimento dell’autorità giudiziaria, spesso vittime di violenza e maltrattamento.

Inaugurata nel 2010, la struttura ospita la famiglia che, opportunamente supportata da una rete di operatori qualificati, garantisce la necessaria cura e protezione ai bambini per tutto il periodo della loro permanenza. In questo luogo, i bambini possono trovare la serenità, la fiducia nel mondo degli adulti e riacquisire un ritmo di vita adatto alla loro età. L’obiettivo è recuperare il loro benessere psicofisico, nell’ottica di favorire un rientro sicuro del bambino presso la propria famiglia, quando possibile, oppure di accompagnarlo nel delicato cammino verso un affido o un’adozione. Le attività coinvolgono educatori, psicologi, pediatri, famiglie e volontari.

La Casetta di Timmi vuole essere anche un’occasione di apertura alla comunità locale: il suo intervento, infatti, s’integra con i servizi provinciali ed è supportato dal territorio. Il percorso di ciascun bambino ospite della casa viene progettato in collaborazione con i servizi di tutela. «Sarebbe bello riuscire a spiegare la figura di Pio La Torre ai bambini», riflette Moscatelli, mentre guarda il ritratto del politico siciliano. Gli studenti prendono la palla al balzo e, nel resto del filmato, raccolgono la sfida. Accompagnati in sottofondo dalle note scandite da un pianoforte, decidono di provarci attraverso dei dipinti e degli acquarelli, rappresentanti per esempio la Sicilia e le mani delle persone.

L’esempio di Pio La Torre

Inoltre, hanno scelto tre parole, raccontate attraverso le affermazioni rilasciate da Pio La Torre nel corso degli anni. La prima è “terra”: «I gabelloni mafiosi hanno avuto il monopolio dei terreni e con questo il controllo dell’unica fonte di lavoro dei contadini». La seconda è “pace”, attuale purtroppo ancora oggi: «Dobbiamo fare del Mediterraneo un mare di pace». L’ultima, invece, è “libertà”: «La mafia, in Sicilia, diventa più sfrontata e sfida più apertamente lo Stato». I testi sono di Jacopo Rocca, i disegni di Clara Conturso, il montaggio di Caterina Figini, le riprese di Noemi Ferrario, Elena Moralli, Laura Peluzzi e Carmela Luciano. I docenti referenti del progetto sono Raffaela Antonacci e Francesco Paolo Ammirata (coordinatore). «Questa storia è la testimonianza – spiega Rocca – che, a distanza di così tanto tempo dalla sua scomparsa, non solo possiamo, ma dobbiamo ringraziare Pio La Torre per l’eredità che ci ha lasciato. Nella videointervista, uno dei residenti della struttura ha definito il bene sequestrato come un “bene comunità”, perché aperta a tutte le persone. Credo abbia colto lo spirito della legge». Da una parte, c’è il risarcimento verso una società depredata. Dall’altra parte, vincola la restituzione a una finalità sociale, in netta contrapposizione a quello spirito invece individualistico intriso di interesse personale, peraltro raggiunto con mezzi violenti e criminosi, tipici della mafia. «Storie così - conclude il ragazzo - ci aiutano a raccogliere, anche oggi, i valori di Pio La Torre».

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