Disegno e ricamo per tessere legami intergenerazionali: il progetto (T)Essere Lucrezia

L’iniziativa Dopo l’esperienza dell’anno scorso una nuova edizione dei laboratori al femminile: «Un momento creativo liberatorio fra più generazioni»

Il nome Lucrezia è stato scelto con riferimento al nome della protagonista dei fumetti di Silvia Ziche, che nella prima edizione del progetto è stata una sorta di “guida”: una donna non perfetta, non “principessa delle favole”, bensì supereroina di ogni giorno, che si districa tra difficoltà e fragilità quotidiane, con discreta (auto)ironia.

Sorellanza

“Essere Lucrezia”, nato lo scorso anno, ha inaugurato un nuovo filone di attività dell’associazione Luminanda e ha come focus un pubblico femminile intergenerazionale, a cui proporre spazi - fisici e non solo - di azione e ascolto dedicati, muovendosi all’interno della città e dando l’occasione di creare relazioni durature e di crescita di uno spirito di sorellanza.

Nella prima edizione il percorso laboratoriale è stato incentrato sulla sperimentazione dei linguaggi dell’illustrazione per la creazione di un manifesto della propria identità, mentre quest’anno la proposta è stata il ricamo, motivo della “variazione sul tema” del titolo, divenuto (T)Essere Lucrezia.

Dal 17 aprile al 5 giugno scorsi, il mercoledì sera, tante donne dai venti ai settant’anni si sono conosciute, incontrate, divertite, emozionate durante gli appuntamenti - a partecipazione gratuita - che si sono tenuti a Como in Ostello Bello, alla Libreria del Ragionier Bianchi e negli spazi dell’Associazione Eskénosen con la collaborazione di Elisa Zaninotto – drammaturga e operatrice teatrale, Veronika Salandin – artista e arteterapeuta - e Chiara Giaccardi, sociologa e docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore; oltre a loro, ospite speciale è stata l’artista Valentina Dentello, in arte IMbroideRED.

Tra domande come “Cosa desideri davvero per te stessa?”, momenti di riflessione sul tema della cura, della comunità e della sorellanza, esperimenti di trascrizione dei propri pensieri filo su tela, le partecipanti hanno portato avanti un “viaggio” ricco e denso.

Ideatrici e conduttrici di questo percorso sono Anna Buttarelli e Giulia Guanella, che raccontano: «Ancora prima di partire con la nuova edizione abbiamo incontrato le Lucrezie dello scorso anno e proposto loro di avviare un percorso che vedesse una loro maggiore autonomia, così da creare una sensazione di piccola comunità attorno al progetto. Il gruppo si è consolidato e la buona riuscita del percorso è stata confermata anche dalle nuove arrivate. Noi stesse, da organizzatrici, abbiamo verificato come quello potesse essere davvero uno spazio “altro” rispetto a lavoro, famiglia e quotidianità. Anche la scelta del laboratorio manuale si è rivelata vincente, nel suo carattere di momento creativo “liberatorio”. Tutte le partecipanti si tengono in contatto tuttora, con tanta voglia di vedersi e di fare cose insieme. Questo potrebbe non essere scontato, dati anche i numeri: lo scorso anno le partecipanti erano venticinque e quest’anno le iscrizioni più di quaranta. Perché si possa lavorare bene un numero massimo sarebbe trenta, che è il numero poi consolidatosi anche per via di alcune partecipazioni più sporadiche. Un altro aspetto importante è quello dell’intergenerazionalità ed è stato bello veder dialogare persone di età tanto diverse che magari raccontavano l’una della propria tesi di laurea e l’altra… della tesi dei nipoti».

Il prossimo appuntamento

Il percorso non è chiuso e il prossimo appuntamento con le Lucrezie sarà già sabato 29 giugno dalle 10 alle 12 in via Prudenziana 17, sede dell’associazione Eskenosen; aperto al pubblico, vedrà al termine anche un brunch collettivo.

«L’idea è quella di far conoscere quello che per noi è un luogo importante, mostrare il laboratorio di CouLture Migrante e condividere traguardi e nuovi sogni.  Per noi è stato un vero regalo condividere questo viaggio. Le emozioni sono state vibranti, abbiamo scoperto come metterci in ascolto di noi stesse e delle altre, creando un racconto personale che, punto dopo punto, è diventato collettivo. Ci immaginiamo tanti altri nuovi incontri al lago o in città, dove poter continuare a tessere legami di condivisione e nuovi orizzonti».

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