La morte di Mahsa un anno dopo: in piazza a Como per le donne iraniane

La manifestazione Intrecciat3, il movimento che raccoglie i gruppi femministi del territorio ha organizzato un momento di ricordo di tutte le persone cadute in Iran nel corso delle proteste

Sui tetti della libreria Ubik due gatti si sporgono per guardare quello che accade in piazza. Ci sono delle donne, una trentina, in cerchio. Reggono dei fili rossi, intrecciati, e pronunciano ad alta voce dei nomi e delle date. Settanta nomi, 70 date. Tra quei nomi uno spicca e dà il là a tutti gli altri: Mahsa Amini, morta il 16 settembre 2022, dopo le violenze subite a seguito dell’arresto della polizia morale per quel velo che non le copriva interamente i capelli. È lei la scintilla che ha fatto scoccare un incendio così rosso da arrivare a colorare anche piazza San Fedele a Como, in un giorno di pioggia, il 13 settembre.

Il dolore e la speranza

«Siamo consapevoli che quanto è successo in Iran a Mahsa Amini e a tante donne e uomini che dopo la sua morte sono scesi per le strade a protestare non era solo violenza nei confronti delle donne - spiega Paola Gilardoni, della Cisl - anzi da lì è partito un percorso per creare le condizioni di uno sviluppo più democratico in Iran, ma anche in altre parti del mondo. Si parte da un dolore, ma anche da una limitata speranza». Paola, come le altre donne del movimento Intrecciat3, che raduna movimenti e associazioni femministe del territorio comasco, si sono riunite per la prima volta un anno fa e lo hanno fatto ancora una volta lo scorso mercoledì per ricordare la morte di Amini e quello che ha rappresentato. A guidare la manifestazione in piazza San Fedele è dapprima il silenzio, quello necessario a ricordare le tante morti violente avvenute nel corso delle proteste in Iran, per mano del regime che impone la repressione totale e si aliena la “meglio gioventù” iraniana, come l’ha definita un report di Amnesty International. Una gioventù che costituisce, tra l’altro, i due terzi della popolazione totale dell’Iran. Poi, dopo il silenzio, le donne di Intrecciat3 si sono messe in cerchio e intrecciando fili rossi hanno iniziato a gridare ad alta voce quei nomi e quelle date di chi in Iran ha difeso la libertà ed è morto per farlo.

Nomi senza storie

Sono nomi spesso senza volto, senza storie anche perché in Iran, per mettere fine alle proteste, il regime di Ali Khamenei, la Guida suprema del Paese, ha messo sotto strettissimo controllo anche i social. «Ma non importa molto sapere chi siano le persone di cui pronunciamo il nome - commenta Patrizia Losito, anche lei in piazza con un filo rosso tra le mani - O meglio, importa, ma visto che non è possibile saperlo noi le ricordiamo per quello che sono state: donne che hanno lottato». Patrizia fa parte dell’associazione Non una di meno, di Como, e ha fatto la volontaria per il centro anti violenza: «Ho fatto un intervento alla Magistri (ndr. scuola ad altissima frequentazione maschile) - racconta - e ho notato che gli studenti erano pronti a mettersi in gioco, a sperimentarsi nelle relazioni, dove peraltro la violenza si gioca, sempre».

Un canto di libertà che tinge di rosso Teheran come Como

I passanti che mercoledì nel tardo pomeriggio hanno attraversato piazza San Fedele e si sono trovati di fronte questo intreccio di voci, nomi e fili si sono fermati per ascoltare, in pochi casi, ma perlopiù si sono allontanati senza lanciare neppure uno sguardo. «È passato un anno dalla morte di Mahsa Amini, lo scorso autunno quando siamo scese in piazza per lei e le altre persone uccise nelle proteste in molti ci hanno seguite - ricorda Alessandra Guidotti, della Cgil - ma ora è più difficile, l’impressione è che sia calata un po’ l’attenzione verso l’Iran e quello che sta accadendo lì». A Teheran in effetti le proteste si sono affievolite, ma un nuovo fenomeno si è fatto strada sui muri della città e nei gruppi Telegram degli iraniani: la resistenza. «Il tema in realtà lega e intreccia diversi posti del mondo - continua Alessandra - a noi per esempio ha consentito di costruire una rete territoriale di movimenti femministi, sempre più uniti, nel rispetto delle diverse identità e idee delle donne che compongono Intrecciat3. Nei nomi delle donne iraniane ciascuna di noi riflette sé stessa e la propria storia. Ora è più difficile parlarne, meno persone si interessano, ma è ancora più importante farlo».

Così il fuocherello scoppiato in Iran non si spegne, ma anzi continua a bruciare, anche grazie a chi, come le donne di Intrecciat3, non dimentica la morte di Amini e delle altre vittime di un Paese che soffoca le voci e i canti di libertà che portano con sé. Come quello gridato mercoledì scorso in piazza San Fedele, che fa eco a quelli in Iran: «Donna. Vita. Libertà».

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