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Martedì 12 Novembre 2024
«La nostra Africa, una lezione di vita»
Missione L’esperienza di un gruppo di giovani (e non) della Diocesi di Como in visita ai fidei donum in Mozambico
Così lontani, così vicini. Si può riassumere così il periodo trascorso in Mozambico, tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, da parte di un gruppo di giovani – e non solo – della Diocesi di Como particolarmente sensibili al tema della missione. A poca distanza dalla conclusione dell’Ottobre missionario, mese che la Chiesa ogni anno dedica alla preghiera e al sostegno per le terre straniere, la loro testimonianza risuona ancora forte e chiara. Diciamo subito che non si è trattato di una vacanza, ma di un viaggio: sono state, infatti, due settimane intense, ricche «di incontri, di scambi, di approfondimenti», come racconta don Angelo Mazzucchi, originario di Garzeno, parroco di Delebio, Piantedo, Andalo e Rogolo, in Bassa Valtellina, con una lunga esperienza in missione.
Già “fidei donum” in Camerun, don Angelo ha accompagnato la delegazione lariana alla scoperta di una realtà, il Mozambico, da lui raggiunta nel recente passato in occasione della partenza della nuova missione diocesana, in cui oggi operano don Filippo Macchi, nativo di Gemonio, nelle Valli Varesine, e don Angelo Innocenti, originario di Bregnano.
La storia
Una terra, questa, «relativamente giovane nella storia missionaria della Diocesi di Como, se si considera che don Filippo ha potuto raggiungere Mirrote soltanto dopo la pandemia. A lui, poi, da alcuni mesi si è aggregato anche don Angelo Innocenti. Bisogna, tuttavia, riconoscere che la presenza della nostra Chiesa in Mozambico affonda le radici in un passato decisamente glorioso». Non a caso, «ancora oggi, quando ci rechiamo in visita, ci sentiamo sempre a casa perché abbiamo l’occasione di rinsaldare antichi legami, grazie alla presenza dei missionari comboniani – alcuni pure della nostra Diocesi, come padre Giorgio Giboli – che già operano qui da decenni».
Ecco spiegata la bellezza di sentirsi tutti fratelli, anche in una terra geograficamente e culturalmente così lontana. «Siamo partiti – aggiunge don Angelo – animati dal desiderio di approfondire la conoscenza di questa realtà: nel gruppo, alcuni erano alla loro prima esperienza missionaria, mentre altri avevano già avuto modi di vivere un periodo simile, pur in altre zone del mondo». Per tutti, comunque, «è stato un momento molto bello e interessante per scoprire aspetti della Chiesa che non sempre, almeno qui in Italia, abbiamo modo di approfondire», vicinanza e relazione in primis. Lo racconta bene Emma Reggiori, studentessa di 19 anni, quando parla di «un’avventura verso l’ignoto, un bagaglio di lezioni di vita».
Una testimonianza, la sua, che meglio di molte altre parole riesce a esprimere il piacere di sentirsi accolti, fin da subito, nella semplicità, con tanto affetto e calore. Calore, sì, proprio come quello dei focolari, parola che utilizziamo non a caso: in Mozambico, infatti, «esistono i “Lar”, letteralmente “focolare”, strutture gestite da organizzazioni sia religiose, sia laiche dove i ragazzi ricevono vitto e alloggio, possono fare i compiti e studiare dopo la scuola».
È stato questo uno dei luoghi che il gruppo di Como ha avuto modo di conoscere più da vicino nel corso della loro permanenza in Africa. «Il primo luogo che abbiamo visitato è stato il Lar Elda, oggi gestito da suore comboniane che ci hanno accolto presentandocelo come il loro “Paradiso”. E, lo posso assicurare, era veramente così! In un bellissimo giardino con fiori rigogliosi e un florido orto, bambine e giovani ragazze ci hanno dato il benvenuto con un canto di speranza per un mondo migliore».
L’esempio
Immagine bellissima, senza dubbio, che non può che esserci d’esempio. «Inizialmente pensavo che andare in missione consistesse in un soggiorno in cui avrei aiutato in modo pratico la popolazione – aggiunge ancora Emma –, ma è stato don Filippo (Macchi, ndr) a dirmi che noi occidentali in quindici giorni non possiamo cambiare nulla e che sarebbe stato utopico pensare che solo attraverso le opere si possano migliorare le condizioni di vita di un popolo».
Da qui la riflessione sul fatto che «il nostro compito è fare testimonianza, ovvero osservare, ascoltare, condividere nuove visioni, stili di vita, sondare il terreno attraverso domande e poi, una volta ritornati a casa, raccontare le impressioni, ciò che i missionari hanno costruito e ciò che si potrebbe migliorare». Quanto c’è da imparare, insomma, da una realtà del genere, in cui la povertà materiale non corrisponde minimamente a una povertà spirituale, anzi. Certo, non tutto è rose e fiori, come testimonia don Angelo facendo riferimento «alla situazione politica, alla luce delle recenti elezioni» di ottobre, caratterizzate da un contesto elettorale decisamente opaco, che ha dato vita a proteste particolarmente dure per via dei brogli.
«Il Governo è intervenuto per reprimere i disordini in maniera del tutto dura, con l’uccisione di due membri dell’opposizione, oltre alla chiusura di Internet per una settimana intera per non uscire allo scoperto all’estero», spiega. «Mentre eravamo noi in Mozambico, abbiamo visto la preparazione alle elezioni: mi ha colpito quello che è stato messo in moto, tra sponsor e manifestazioni di forte propaganda».
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