«La nostra missione, riportare la pace»

Missioni Uomini e donne al servizio di un’idea. L’impegno della Diocesi di Como nel Sud Sudan

Portare un seme di pace laddove imperano la violenza, la discordia e la ribellione. La vita del missionario in terre lacerate dalla guerra non è semplice: si tratta di dover fare i conti, ogni giorno, con la preoccupazione per il domani, con l’angoscia dell’incertezza. Eppure, anche nella Diocesi di Como non mancano testimonianze luminose: uomini e donne, spesso molto giovani, che decidono di abbandonare la vita (per molti versi agiata) dell’Occidente per mettersi al servizio degli ultimi in varie parti del mondo.

Il loro racconto è stato riportato nel volume “Guarderanno verso colui che hanno trafitto”, l’itinerario per la Quaresima 2024 tracciato dal Centro missionario diocesano. «Tante voci e volti – si legge nell’introduzione di monsignor Alberto Pini, vicario episcopale per la pastorale – per rivedere i nostri stili di vita e per impegnarci per una Chiesa dal volto sempre più missionario, sinodale e ministeriale».

È il caso della comboniana suor Elena Balatti. Nativa di Samolaco, in Valchiavenna, la religiosa vive da tempo in Sud Sudan, nella regione dell’Alto Nilo, a Malakal, zona al centro dell’esodo di migliaia di persone in fuga dalla guerra civile. «Varie volte – spiega suor Elena – ho visitato il campo di transito per i profughi che da Khartoum (capitale del Sudan, ndr) arrivano a Malakal. L’immagine della miseria che la guerra provoca è evidente».

Scene del genere non sono una novità nella zona, purtroppo. Eppure, «il ricorso alla violenza per “risolvere” un problema difficilmente si rivela una soluzione: una guerra genera spesso altre guerre. Il rischio di regionalizzazioni che si estendono e vanno a confermare l’immagine della “guerra mondiale a pezzi”, di cui ci avverte Papa Francesco, è sempre una possibilità».

In più, per suor Elena «ci sono dei poteri distruttivi e ramificati che operano nel nostro mondo», come nel caso dei mercenari del Gruppo Wagner. «Quando qualcuna delle loro azioni viene alla luce, è solo la punta di un iceberg sommerso fatto di lotte di potere e di interessi economici a servizio di pochi e non certo per il bene comune». Nonostante tutto, «non stanchiamoci di pregare con fiducia per la pace, la nostra arma».

Il legame della nostra Diocesi con il Sudan del Sud passa anche attraverso la Caritas. E attraverso la comasca Enrica Valentini, partita nel 2009 come volontaria alla volta di Wau e poi di Juba: qui ha fondato la radio cattolica “Voice of Hope” (voce di speranza, appunto) e successivamente ha guidato il Catholic Radio Network.

«L’instabilità politica – racconta – è una delle sfide principali, perché ha una ricaduta sulla vita delle persone sotto vari punti di vista. La violenza e l’insicurezza portano le persone a spostarsi, con la conseguenza di perdere la stabilità economica». Eppure, «i giovani hanno il desiderio di studiare: è un segno di grande speranza».

Tuttora, in Sud Sudan vive il missionario laico comasco Matteo Perotti: è grazie a lui se negli ultimi dieci anni la Caritas diocesana ha potuto finanziare progetti in loco, tra cui il sostegno agli studenti più meritevoli della facoltà di agraria dell’Università cattolica di Wau. «Basta poco – spiega – per donare forza e attenzione a questi giovani che ancora credono nello studio come una possibilità non solo di riscatto personale, ma anche di speranza per il proprio martoriato Paese».

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