L’Africa di Emergency: dolore e speranza

Persone L’esperienza del medico comasco Giovanni Alberio, da Ronago alla chirurgia pediatrica di Entebbe

«Mi ricordo i suoi occhi, prima spaventati, in lacrime, trasmettevano sofferenza, oggi a due mesi dall’intervento, e dopo un lungo periodo in terapia intensiva, sono sereni, gli occhi di un bambino di tre anni che può tornare alla sua vita. Fra non molto sarà dimesso dal nostro centro».

Giovanni Alberio, medico anestesista originario di Ronago, classe 1981, è partito per l’Africa. Non è la prima volta. È stato in Burundi, Congo e anche in India.

Attualmente si trova nel Centro di chirurgia pediatrica di Emergency a Entebbe.

Sta trascorrendo lì alcuni mesi per una missione per poi rientrare al suo lavoro nell’ospedale di Monza. Ha preso un’aspettativa di quattro mesi e il 9 di agosto sarà in Italia.

«Oggi quel bambino parla un inglese perfetto – continua a ricordare -, sorride e mi chiama per nome. Vedere la sua gioia e la gratitudine della famiglia è impagabile, questa esperienza mi sta dando molto di più di quello che sto dando io. Quando l’ho incontrato aveva un addome gonfio, per una malformazione al tratto finale dell’intestino, non riusciva ad evacuare. Adesso sta bene e tutta l’équipe si è affezionata a lui».

Uguaglianza, qualità e responsabilità sociale.

«Ogni essere umano ha diritto a essere curato a prescindere dalla condizione economica e sociale, dal sesso, dall’etnia, dalla lingua, dalla religione e dalle opinioni»; «I sistemi sanitari di alta qualità devono essere basati sui bisogni di tutti ed essere adeguati ai progressi della scienza medica»; «I governi devono considerare come prioritari la salute e il benessere dei propri cittadini, e destinare a questo fine le risorse umane ed economiche necessarie. I servizi forniti dai sistemi sanitari nazionali e i progetti umanitari in campo sanitario devono essere gratuiti e accessibili a tutti».

Giovanni si è riconosciuto a pieno in quelli che sono i principi chiave dell’attività di Emergency. Dopo averne sentito parlare dai colleghi, ha deciso di buttarsi in questa esperienza in Uganda, la prima temporalmente così impegnativa, che lo vede medico anestesista pediatrico nelle attività pre e post operatorie e in sala, durante gli interventi. Si lavora dalle 7.30 del mattino finché è necessario.

L’ospedale di Entebbe, che ha aperto nell’aprile del 2021, fornisce cure e assistenza a pazienti pediatrici, affetti principalmente da malformazioni congenite, problemi urologici e ginecologici, anomalie del tratto gastrointestinale, patologie del sistema biliare, cheiloschisi (come il labbro leporino, un problema che colpisce un neonato su 800) e altre patologie di pertinenza chirurgica più generale.

«L’aspetto più complesso che ho affrontato finora riguarda il costruire un rapporto di rispetto e fiducia con le famiglie che ci affidano i loro figli e a cui, anche per problemi di lingua, è difficile spiegare come si deve intervenire e il perché di quello che si va a fare. Ho imparato, ed è l’insegnamento. più grande, ad entrare in contatto con la loro cultura, ad ascoltarla, a mettermi al loro fianco».

L’Uganda è stato tra i primi aderenti all’Anme, la Rete sanitaria d’eccellenza in Africa, e ha espresso sin dall’inizio la necessità di rafforzare la chirurgia pediatrica nel Paese, a causa della grave carenza di personale e di strutture specialistiche dedicate. Il Centro di chirurgia pediatrica è il secondo tassello di Anme, la Rete sanitaria d’ eccellenza in Africa, fondata su iniziativa di Emergency nel 2010 insieme a 11 Paesi africani. L’obiettivo dell’Anme è sviluppare una rete di strutture sanitarie di eccellenza per rispondere a bisogni sanitari specifici su base regionale.

«Oggi è arrivato al centro un bambino di 24 giorni che pesa due chili, è fortemente malnutrito, le sue condizioni sono compromesse. Spesso vediamo casi del genere perché le famiglie, soprattutto dei villaggi delle zone periferiche dell’Uganda, preferiscono prima interpellare i curatori locali e poi sono scoraggiate dal fatto che nel Paese la sanità pubblica preveda comunque una compartecipazione dei singoli. Ecco perché credo molto nell’attività di Emergency e nel valore di una sanità d’eccellenza gratuita come quella che eroghiamo nel nostro centro. Mi sono sempre chiesto perché un bambino nato in Europa abbia accesso alle cure adeguate e un bambino nato in Africa no».

© RIPRODUZIONE RISERVATA