Le ferie? A imparare la lingua del cuore

La storia Sergio Larotonda, assicuratore, ha sempre sognato un’esperienza di volontariato: il suo diario dal Bangladesh

Così scriveva Sergio sul suo diario di bordo, prima della partenza: «Ho sempre sognato di poter vivere un’esperienza di volontariato, profonda e formativa, e tentare di essere d’aiuto a chi è infinitamente meno fortunato di me. Spero di essere in grado di fare del mio meglio nell’aiuto. Spero di imparare molto sulla Vita. Spero che il mio cuore si spalanchi all’amore e alla felicità e torni totalmente rinnovato». Cos’ha spinto un marito, padre e nonno, di 62 anni a vivere un’esperienza in Bangladesh, il terzo paese più povero al mondo?

I fuori casta

Questa è la storia di Sergio Larotonda, assicuratore comasco. Ha conosciuto l’associazione Rishilpi e i suoi progetti in Bangladesh. Ha acquistato il biglietto ed è partito. Ha scritto un diario: l’ha riempito di sensazioni, stati d’animo, gioie, paure e riflessioni.

«Io non sapevo bene cosa fare – racconta - e mi sentivo fuori contesto ed età, visto che ci sono tanti volontari under 30. Non avevo un ruolo ma mi hanno detto: “Qui si parla la lingua del cuore! Siediti in mezzo a loro! Guarda e capirai”».

In Bangladesh, per tre settimane estive, Sergio è stato catapultato in un mondo che non conosceva - vestito solo delle sue buone intenzioni e dell’inglese studiato decenni prima - nel villaggio fondato da Rishipili a Satkhira. Una comunità, partita da niente, che dal 1975 è cresciuta, con l’obiettivo di liberare i bambini fuori casta dal lavoro minorile e le bambine dalla piaga delle nozze precoci. Oltre a dare una speranza a bambini disabili fisici o mentali. Perché Rishilpi significa esattamente questo: “Rishi” sono tutti i fuori casta, gli “impuri” senza diritti. “Shilpi” significa invece artista-artigiano, persona con una dignità sociale. L’unione delle due parole vuole intendere quindi passaggio da una condizione all’altra.

«Ho scoperto un paese al limite della sopravvivenza. Si stima che ci siano quasi 100mila bambini morti all’anno per colpa dell’arsenico presente nelle falde acquifere, una delle piaghe del Paese. Nel villaggio di Rishilpi c’è un depuratore: serve alla gente della comunità e l’acqua buona si porta anche all’esterno e nei villaggi tribali, a poco più del costo. E così succede con i lavori di artigianato delle donne e con i lavori manuali che svolgono gli uomini. Con queste poche risorse si può dare lavoro a più persone, per farli uscire dall’anonimato e dalla non considerazione: la strada che si percorre è quella dell’emancipazione sociale».

Sergio ha toccato con mano il “Progetto Uomo”: «Con altri volontari andavo a verificare che i soldi destinati fossero spesi nel modo corretto. Ho dato un supporto ai fisioterapisti, impegnati nella rieducazione di bambini nati magari sani, ma che per la fatica nel venire al mondo da madri bambine hanno subìto gravissimi danni. Ho incontrato sorrisi, anche solo stando insieme a questa moltitudine di bambini». Sergio, musicista per diletto, ha insegnato “Azzurro” di Celentano alla comunità e l’hanno cantata tutti insieme.

I bambini hanno lasciato un segno nel cuore di Sergio: «È la parte sconvolgente del viaggio. Mi chiamavano “sorgiu”, che significa sole. E “dadu”, nonno. In pochi giorni li ho sentiti tutti come miei nipoti. Nelle classi, imparano dai grandi il rispetto. E la convivenza crea una coscienza sociale diversa da quella, sbagliata, che c’è nel Paese. Più passavano i giorni e più avevo la sensazione che quella fosse una famiglia, una casa».

«In quei bimbi ho trovato Dio»

Un mondo tutto nuovo e tutto diverso dal nostro: «Nel mio viaggio cercavo Dio e l’ho trovato a 7.487 chilometri da casa. Un mondo dove quel poco che c’è viene apprezzato. A pranzo stavo con i bambini, a cena con i disabili più grandi che mi hanno insegnato a giocare a cricket. Mi hanno detto: “Davvero vivete così in Italia? Siete sfortunati...”. E questo fa pensare».

Sergio guarda il suo smartphone e quasi se ne vergogna: «Vale un anno di istruzione, cibo, spese mediche e fisioterapiche per quattro bambini. Ha senso tutto questo?». Tornerà in Bagladesh? «Ho già il biglietto d’aereo in tasca per febbraio».

© RIPRODUZIONE RISERVATA