Ma quali “sdraiati”: i giovani di Up! non si fermano mai

Progetti Bilancio di una rubrica video de La Provincia che deve la sua fortuna a un team di studenti di talento

Quando Papa Francesco suggerisce ai giovani di alzarsi e andare (e nei suoi discorsi pubblici capita spesso) lo fa contrapponendo l’immagine di questo movimento auspicato a quella del divano, luogo per eccellenza della staticità.

Un luogo comodo, familiare, piccolo e accogliente nella misura in cui i suoi confini sono sempre definiti. Su un divano ci si sdraia a occhi chiusi, perché già si sa cosa ci aspetta. Mai esplicitato, questo riferimento alle parole di Papa Francesco sembra però sotteso a tutto il progetto di “Up! Storie di ragazzi in movimento”, una rubrica video pubblicata ogni venerdì sul nostro sito laprovinciadicomo.it, da sei mesi a questa parte. La serie è realizzata da un team di giovani comaschi, alcuni studenti delle superiori e altri universitari, che hanno scelto la modalità del video per raccontare un territorio dove la retorica dei “giovani sdraiati” ha preso negli anni fin troppo spazio, fino a diventare quasi una leggenda e come tutte le leggende abbastanza distante dalla realtà.

«Abbiamo voluto dare una visibilità particolare a quei percorsi di crescita e di impegno quotidiano che i giovani comaschi mettono in atto sul territorio – racconta Paolo Lipari, regista che ha coordinato, grazie al sostegno economico di Fondazione Comasca, il progetto, poi distribuito sui canali del giornale – I ragazzi sono stati gli interlocutori privilegiati e in particolare lo sono stati quelli inseriti nelle associazioni».

I servizi di Up consistono in una manciata di minuti di video in cui conoscere da vicino ragazzi intraprendenti e impegnati a fare il bene. Alla base della rete di segnalazioni e storie su cui i servizi si costruiscono, c’è uno strettissimo rapporto con le Youthbank del territorio, che tramite Fondazione Comasca da anni finanziano progetti scelti da giovani e pensati da giovani, nell’ottica di un volontariato che possa anche essere trampolino di lancio per scoprire i propri talenti e costruire il proprio futuro. «Quello che però abbiamo scoperto realizzando i 27 servizi di quest’anno è che questi giovani volontari non sono nidiate covate nel mondo dell’associazionismo, ma individui che fanno riferimento a realtà strutturate per soddisfare un bisogno di fare del bene che non è né ideologico né religioso, ma del tutto individuale».

Un bisogno civico, verrebbe da dire, perché nato dalla volontà di migliorare il luogo in cui si vive, nella speranza di trovare proprio lì anche il proprio posto nel mondo. Giovani, peraltro, sono gli inviati stessi del team di Up, che per mesi hanno esplorato il territorio comasco in cerca di storie di loro coetanei da raccontare proprio a quel pubblico di adulti un po’ disillusi che amano fare di tutta l’erba un fascio e raccontare tutti i giovani come “sdraiati”.

«Ognuno degli inviati di Up ha portato con sé la propria personalità coniugandola a uno spirito di appartenenza al gruppo. Il percorso che abbiamo proposto loro voleva anche essere formativo: non c’è improvvisazione, chi realizza i servizi studia la realtà di cui andrà a raccontare la storia. Ai ragazzi abbiamo chiesto estrema professionalità nel rispetto dei tempi». Un hobby che inizia già a somigliare a un lavoro, a fronte tra l’altro di un compenso che Fondazione Comasca ha garantito ai giovani inviati di Up, che nella comunicazione vedono una passione e forse anche una professione futura. Al pari dei coetanei che hanno incontrato, impegnati a migliorare il territorio per farne un posto che diventi casa. Come in quel cartone della Pixar che ad Up ha prestato il nome e il logo, una casa sollevata sopra Como da palloncini variopinti. Su in alto, verso il futuro.

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