Melting Como Tour: un viaggio nel cuore dell’accoglienza, dove l’integrazione è una realtà

Noi e “gli altri” Il percorso alla scoperta della città solidale. Nell’ambito della Notte dei senza dimora, in collaborazione con la delegazione Fai

«Eravamo una famiglia felice, io e mio marito con un buon lavoro e i nostri figli a scuola, finché la criminalità non ci ha preso di mira. Per un anno e mezzo l’abbiamo sopportato, ma poi sono iniziate torture e minacce di morte, tutto dovuto alla nostra condizione economica. Siamo fuggiti, non avevamo più nulla e abbiamo ricominciato tutto da zero a Como». Mentre Guadalupe, originaria di El Salvador, racconta la sua storia, si deve interrompere più volte perché le lacrime le impediscono di continuare. Stringe a sé i figli di 12 e 16 anni: la più piccola sogna di diventare un dottore per salvare vite, il grande un elettricista. Sono loro a fare coraggio alla mamma e a farle capire che sì, una nuova vita è iniziata e ora possono tornare a essere felici.

La loro storia è stata raccontata sabato pomeriggio in occasione del Melting Como Tour, percorso itinerante alla scoperta di luoghi di culto e di esperienze di accoglienza organizzata nell’ambito della Notte dei senza dimora, in collaborazione con la delegazione Fai di Como. La prima tappa è stata nella sala Recchi di Palazzo Lambertenghi, con l’incontro con la comunità di El Salvador per scoprire la loro cultura e i progetti di aiuto per le persone in situazioni di bisogno. I partecipanti si sono poi spostati alla Chiesa del Crocifisso, al cui interno è stata svelata la storia di un viaggio di 750 anni fa, infine l’ultima tappa a Porta Aperta, per la presentazione del servizio di coordinamento per la grave marginalità e i progetti per aiutare le persone che vivono momenti di difficoltà. «Siamo arrivati in Italia nel 2019, immigrati a causa della criminalità nel nostro Paese – ha raccontato Guadalupe -. Io ero segretaria di una ditta, mio marito manager di un ristorante, i miei figli studiavano in un collegio. Siamo stati attaccati senza avere pace, ci siamo quindi decisi a emigrare. Eravamo senza documenti, senza identità, senza casa, senza niente e con tanta burocrazia per fare anche le piccole cose. Piangevamo tante volte da soli. All’inizio siamo stati accolti da mia cognata, poi abbiamo conosciuto don Giusto, un angelo mandato da Dio. Ci ha accolto e da lì abbiamo capito che iniziava la nostra battaglia, non eravamo più soli. Ora abbiamo raggiunto una stabilità emotiva, economica e spirituale. Abbiamo una casa e lavoro a tempo indeterminato. I figli si sono adattati, vogliamo che realizzino i loro sogni».

«Siamo stati contattati per questo progetto del Fai, con l’obiettivo di farlo conoscere agli altri e fare da ponte – ha spiegato Maria Dolores Garcia, referente della comunità di El Salvador -. Anche per integrarsi nel Paese in cui si abita: un progetto di crescita e conoscenza. Io sono arrivata nell’86, allora eravamo in 26. Le calamità del nostro Paese ci hanno portato alla migrazione, si cerca di sopravvivere. Oggi ci sono a Como 1170 persone provenienti da El Salvador, di cui 700 residenti. Alcuni sono arrivati tanti anni fa, altri recentemente, altri rappresentano la seconda generazione». Entusiasmo anche nella delegazione del Fai. «Con la Notte dei senza dimora cerchiamo di sensibilizzare alla situazione meno fortunata in cui si può trovare una persona appena arrivata, anche di nazionalità straniera – ha spiegato Adina Mihali, referente del Fai -. Abbiamo anche il piacere di scoprire progetti di accoglienza che ci sono sul territorio comasco, perché così le persone italiane vedono l’impegno delle altre comunità, aiutandole, e chi è appena arrivato e ha bisogno di una guida, sa a chi rivolgersi e come. Importante sia per il rapporto umano che per un discorso di integrazione. È già il terzo anno che facciamo questa passeggiata nei luoghi di culto. Nella prima tappa siamo venuti a Palazzo Lambertenghi perché al Don Guanella, dove di solito la comunità di El Salvador si riunisce, non c’era posto e allora abbiamo pensato di essere ospitati in un palazzo comasco. Da lì al Crocifisso e poi a Porta Aperta, dove i volontari della Caritas hanno spiegato il servizio che fanno per aiutare le persone in difficoltà».

© RIPRODUZIONE RISERVATA