Narrare (è) narrarsi: strade nuove
per la catechesi

Le iniziative La Diocesi di Como apripista nel settore: «Per passare da un modello di annuncio “dogmatico” a una dimensione che tenga conto del vissuto di tutti»

Di fronte a una realtà complessa qual è quella attuale, nel pieno di un “cambiamento d’epoca” (e non soltanto di un’epoca del cambiamento, come spesso ricorda papa Francesco), non sono pochi i segnali di novità che – in questi anni – sono sbocciati in Diocesi di Como, in vista di un futuro diverso, tutto da costruire e da vivere.

In particolar modo, nell’ambito dell’annuncio e della catechesi, diversi sono le esperienze messe in campo ultimamente, facendo tesoro delle sollecitazioni emerse nel post-Covid, ma soprattutto del desiderio di «inculturazione dei contenuti di fede sempre veri nella realtà e nei vissuti delle persone».

Parola di don Francesco Vanotti, direttore dell’Ufficio diocesano per la Catechesi, delegato per il medesimo ambito all’interno della regione ecclesiastica lombarda e docente di Catechetica fondamentale e di metodologia all’Università pontificia salesiana di Torino. Da poche settimane ha pubblicato un nuovo libro – insieme a Fabrizio Carletti, formatore, e a Pompeo Fabio Mancini, docente e filosofo – per la casa editrice Elledici, dal titolo “Perché questa notte è diversa da tutte le altre? Per un annuncio narrativo nella vita cristiana”.

La sfida

Proprio qui, in quest’ultimo concetto, risiede la riflessione che da diversi anni sta caratterizzando il lavoro di ricerca e approfondimento del sacerdote comasco. «Sono convinto che sia una delle principali sfide che ci attendono per gli anni a venire. Anzi, che ci attendono già ora. Nella certezza – come diversi studi antropologici attestano – che l’uomo sia anzitutto un essere narrante, non possiamo in alcun modo ignorare la dimensione del racconto in catechesi».

Quell’intreccio «tra la vita vissuta da ogni singola persona e la più ampia Storia della salvezza», insomma, diventa del tutto generativo, proprio perché «non si tratta di una conoscenza sterile di chissà quale nozione. Al contrario, si tratta di mettere in gioco noi stessi, completamente, andando incontro a Gesù».

Il titolo del libro è particolare e prende spunto dalla festa di Pesach, «durante la quale il figlio più piccolo ha il compito di domandare il senso dei gesti e delle usanze pasquali. Il capofamiglia, allora, risponde con una narrazione, descrivendo la fuga dalla schiavitù egiziana, come si legge al capitolo 12 dell’Esodo, fino ad augurarsi di andare, l’anno successivo, a Gerusalemme». Ecco, dunque, che «il racconto di Pesach non è la narrazione di ciò che è avvenuto una volta, ma è una “trasmissione in diretta” che coinvolge tutti».

Rimettere al centro la narrazione significa «permettere alla catechesi di riscoprire la propria identità, andando oltre il piano più puramente nozionistico, per permettere a tutti, a partire dai bambini e dalle famiglie, di comprendere il senso dell’itinerario di Iniziazione cristiana». In fondo, «è proprio il Documento base sul rinnovamento della catechesi che ci ricorda quanto la preoccupazione di un linguaggio adatto alla mentalità contemporanea debba essere presente nell’elaborazione dei catechismi: capiamo, dunque, la necessità di trovare le modalità migliori per permettere alla Chiesa di continuare la propria missione, ossia portare al mondo l’annuncio del Vangelo».

La riflessione

Il testo – in libreria dallo scorso mese – si presenta, come detto, come lavoro a più mani. «È il frutto di una ricerca caratterizzata, innanzitutto, dalla condivisione delle proprie competenze nei vari ambiti (a livello catechetico, antropologico-pastorale e filosofico-pedagogico), a favore della formazione dei catechisti e di coloro che hanno a cuore l’evangelizzazione». Al centro della riflessione, il binomio autobiografia-Scrittura: due dimensioni – queste – che potrebbero apparire come distanti, ma che in realtà sono estremamente in continuità. «Scoprire tutto ciò sarà la chiave di volta per permettere il passaggio da un modello di catechesi ancora troppo dogmatico e razionale a un approccio narrativo che permetta di vivere in pienezza la Storia della salvezza», conclude.

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