![Lamin Drammeh, qui al centro, con due amici ospiti dei Padri Somaschi. Nelle altre foto, alcuni momenti di vita all’interno della comunità Lamin Drammeh, qui al centro, con due amici ospiti dei Padri Somaschi. Nelle altre foto, alcuni momenti di vita all’interno della comunità](https://storage.laprovinciadicomo.it/media/photologue/2025/2/11/photos/cache/parola-e-lavoro-cosi-si-crea-integrazione_37a149a0-e7d7-11ef-9032-03330b513a87_1920_1080_v3_large_libera.webp)
«Parola e lavoro, così si crea integrazione»
Persone Lamin, dal Gambia all’Italia. Una laurea a Pavia e una missione: aiutare chi vuole ricominciare
![Lamin Drammeh, qui al centro, con due amici ospiti dei Padri Somaschi. Nelle altre foto, alcuni momenti di vita all’interno della comunità Lamin Drammeh, qui al centro, con due amici ospiti dei Padri Somaschi. Nelle altre foto, alcuni momenti di vita all’interno della comunità](https://storage.laprovinciadicomo.it/media/photologue/2025/2/11/photos/cache/parola-e-lavoro-cosi-si-crea-integrazione_37a149a0-e7d7-11ef-9032-03330b513a87_1920_1080_v3_large_libera.webp)
Arrivato dal Gambia, superato il Mediterraneo, Lamin lavora per accogliere migranti e senzatetto. E lo fa giocando. Nato a Bakau, dopo il diploma nel 2006, aperti due internet point, Lamin Drammeh è dovuto scappare di casa perché perseguitato. Intrapreso il lungo viaggio della speranza, è arrivato prima in Libia, quindi è riuscito a raggiungere l’Italia. Augusta, Messina, poi l’approdo a Trento.
Un lungo viaggio
«Senegal, Mali, Burkina – racconta lui –. Prima di conquistare una meta sicura non sai mai chi incontri. Dopo ogni frontiera bisogna adattarsi, pagare persone che offrono un passaggio, in auto e in barca, cercare di stare lontani dai pericoli. In Trentino ho incontrato delle persone giuste che mi hanno aiutato, quindi mi sono laureato a Pavia in relazioni internazionali grazie a una borsa di studio. Ho scritto diversi libri, sulla poesia, sul mio viaggio, ora sul mio Paese, il Gambia. Prima di venire a Como ho lavorato nel mondo dell’accoglienza a Bologna, adesso, per merito della Fondazione dei Padri Somaschi, sto cercando di aiutare in città e in provincia migranti e persone bisognose». A volte anche insieme, in compagnia. Far giocare a tombola la sera i senza fissa dimora e i profughi può servire a socializzare, a tessere dei legami, a sciogliere situazioni altrimenti intricate. L’impegno di Drammeh è importante per il centro diurno di Como, sempre in tema d’accoglienza presta servizio anche in via Borgovico e al centro migranti di Orsenigo.
«Un’accoglienza che sia giusta e utile deve contemplare il gioco – dice Lamin –. Al martedì portiamo alcuni ragazzi in via Borgovico così da passare del tempo insieme. Abbiamo anche organizzato tornei di calcio, corsi di informatica, strumenti per uscire dai centri, conoscere, tentare un inserimento sociale».
«In generale - prosegue - invece di restare in gruppi chiusi e spesso silenziosi, cerchiamo di fare conoscere a tutti la realtà esterna, compresi i cartoni stesi per terra fuori dalla stazione di Milano Centrale. Tanti migranti prima di arrivare in Europa hanno un’idea sbagliata del continente, dell’Italia, non corrispondente al vero».
Oggi il volontario gambiano vive accanto al centro d’accoglienza aperto su mandato della prefettura a Orsenigo. Dove c’è anche uno sportello per il supporto psicologico per i tanti che hanno episodi e storie davvero tristi da superare, drammi che meritano una riflessione e che devono essere documentati, un fatto non semplice, per giustificare i permessi utili all’accoglienza e alla permanenza nel nostro paese.
«Per ragioni di caro casa mi viene messo a disposizione un vicino alloggio – racconta ancora il mediatore –, così posso garantire interventi e soccorso in caso di necessità. Per chi come me ha iniziato poco alla volta, con un quantitativo di ore ridotto, part time, trovare un appartamento è un grande ostacolo per riuscire a diventare autonomi. Il mercato ha prezzi molto alti e la disponibilità di alloggi è ridotta». Difficilmente chi affitta fa il contratto con stranieri arrivati da poco o con persone alle prese con fragilità economiche.
Il sogno: tornare a casa
«Restare in Italia bloccati in attesa dei documenti serve a poco – dice ancora Lamin -. Dormire, mangiare e aspettare senza fare niente con le mani in mano è un pericolo. Tanti finiscono male. Bisogna cercare di essere attivi, di proporre e di proporsi. Con la Caritas a Como c’è una scuola di italiano per stranieri, serve allora organizzare degli incontri, stimolare la conversazione con i ragazzi. Quando sono arrivato a Trento ricordo che una delle cose più importanti e che mi sono servite è stato parlare con la gente, conoscere persone, esercitarmi con l’italiano».
Adesso Lamin Drammeh ha trovato a Como una sua stabilità. «Sì, la mia speranza è restare a vivere qui, vorrei costruire il mio futuro qui – spiega Lamin –. Certo dal mio arrivo in Italia è passato tanto tempo, era il 2013. In attesa dello status di rifugiato non ho potuto viaggiare e vorrei tanto poter tornare in Gambia a salutare la mia famiglia, non li vedo più da allora».
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