PizzAut nutre i sogni: «Chi ci lavora fa sul serio»

L’intervista Nico Acampora, inventore del progetto che dà lavoro alle persone con autismo. Tra i lavoratori c’è anche un ragazzo comasco

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Dopo la notizia di avere un figlio autistico, Nico Acampora si sarebbe potuto deprimere. E lo ha fatto, per un certo periodo di tempo, poi però qualcosa in lui è scattato. «Ho pensato al dopo: nella sua infanzia io e la sua mamma ci saremmo stati, ma poi? Volevo avesse anche lui delle opportunità concrete per costruirsi un futuro». Così ha aperto non uno, ma due ristoranti riuniti sotto il brand Pizzaut, a Monza Brianza e a Cassina De’ Pecchi (Milano), presente anche al G7 per il quale ha sviluppato una pizza speciale. «Mio figlio ancora non ci lavora. Ha sedici anni, è troppo piccolo, ma se un giorno vorrà, potrà».

Potrà, perché?

Leo è un ragazzino autistico e proprio pensando al suo futuro mi sono inventato Pizzaut, nutriamo i sogni.

C’è una frase che ti infastidisce molto, sui tuoi ristoranti: «La pizza è anche buona»...

Dico sempre che quell’anche nasconde un pregiudizio. Deve essere buona per forza la pizza in una pizzeria, altrimenti non riusciremmo a venderla e non potrei pagare lo stipendio ai ragazzi.

Ragazzi che sono assunti come qualsiasi altro lavoratore, giusto?

Noi facciamo lavoro vero: prendono uno stipendio vero per un lavoro vero.

I ristoranti di Pizzaut ora sono due, ce ne saranno altri?

Vorremmo aprire altre pizzerie in tutta Italia, ma ci è stata fatta richiesta anche dall’Australia, da Melbourne. Però vado molto piano perché questi ristoranti sono molto particolari e non si può pensare di riprodurli come fossero una catena qualsiasi. Ora stiamo organizzando un franchising di Pizzautobus e verremo anche a Como.

Qual è il progetto?

L’idea è fare un autobus per ogni provincia italiana, 107 Pizzautobus su cui possono lavorare cinque ragazzi autistici del territorio: 500 posti di lavoro per persone autistiche, per dare loro futuro e opportunità. Partiremo dalla Lombardia, selezionando un’associazione per provincia.

Tra i tuoi dipendenti c'è anche un comasco, giusto?

Sì, Daniele che abita in provincia di Como e ogni giorno mi chiede: “Ma quando apriamo a Como?”.

E quindi quando aprite a Como?

Arriveremo con un trackfood, ma aprire un ristorante non è nei progetti a breve termine.

Cosa ha colpito di più te e i tuoi ragazzi qui al G7?

Intanto che ci sia un G7 sull’inclusione. Devo fare i complimenti alla ministra Locatelli perché ha fatto uno sforzo politico incredibile, credo che passerà nella storia se le altre nazioni ospitanti decideranno di replicare l’esperimento. Poi bisogna fare in modo che ci siano insegnanti di sostegno a sufficienza, che i nostri figli non debbano aspettare quattro anni per una presa in carico e così via. I passi da fare sono tanti, ma questo è un bel primo passo.

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