Tra i migranti, giovani volontari nel mondo

Vacanze solidali Sono tanti i giovani che anche quest’anno hanno scelto di trascorrere un’estate diversa. Come Sara e Chiara, impegnate nel centro di accoglienza di Bihac, in Bosnia, lungo la cosiddetta “Balkan route”

Vacanze solidali: più di venti giovani comaschi sono partiti sulla rotta balcanica, sono stati a stretto contatto con il popolo ucraino, hanno teso la mano a disabili e bisognosi.

Attraverso le esperienze formative promosse dalla Caritas diocesana questa estate un nutrito gruppo di ragazzi e ragazze ha speso il tempo libero per aiutare il prossimo. C’è chi ha lavorato con i comboniani a Castelvolturno, chi ha accolto all’Aprica i profughi fuggiti dalla guerra in Ucraina e chi ha aperto loro le porte della Casa scout di Como. E ancora un gruppo di giovani si è speso a Bormio in una cooperativa sociale.

«Noi siamo andati in Bosnia sulla Balkan route – racconta Sara Marelli, universitaria canturina con una doppia laurea conseguita alla Bocconi – abbiamo lavorato nel centro di Bihac, sul fronte verso la Croazia. In questo territorio vengono accolti i migranti che da più parti del mondo cercano di raggiungere a piedi l’Europa. Sono due i campi, il primo verso la città è utile alle famiglie, alle donne con i bambini. L’altro, più distante, serve ai soli uomini, giovani e meno giovani. In questo secondo centro, gestito da una rete di volontari insieme alle varie agenzie governative e alle Ong, noi ci siamo dati da fare al “social cafè”. Una sorta di luogo di ritrovo. Per offrire tempo libero e svago, una chiacchierata o una partita a ping pong».

Un vero centro d’incontro e d’ascolto. «Ho conosciuto soprattutto tanti migranti siriani e afghani – racconta ancora Sara – meno palestinesi, qualche africano da Paesi come Camerun, Congo, ma anche diversi marocchini e algerini. Dipende dai momenti e dalle possibilità. È gente che arriva in volo dalla Turchia e che poi s’incammina. Oppure persone che cercano di passare in mare dalla Grecia. Conta tutto quanti soldi hanno in tasca, ci sono tanti trafficanti che lucrano su questi poveri. Sono giovani che sognano l’Europa, l’Inghilterra, la Francia e la Germania. Le destinazioni, Italia e Spagna comprese, sono legate a dirette conoscenze. Si parte per incontrare qualcuno che ce l’ha fatta o un parente che già abita lontano».

Le motivazioni a questi migranti non devono mancare se si imbarcano in un viaggio così tanto lungo e con così poche certezze. «È una rotta che si è aperta negli ultimi anni, la cui prima destinazione in realtà è quasi sempre la Slovenia – dice Chiara Bonelli, ex studentessa del Giovio oggi ricercatrice universitaria in lettere – arrivare al centro di Bihac è comunque molto difficile, lo è stato per noi volontari, figurarsi per chi arriva dal mare a piedi. Superati i confini dell’Europa questi giovani, l’età media dei migranti che ho conosciuto si aggira intorno ai 25 anni, immaginano nuove fortune nel vecchio continente. Siriani, afghani, giordani, palestinesi e libanesi però hanno spesso una visione troppo rosea delle nostre nazioni che noi abbiamo tentato parlando di riportare alla realtà. Detto che il caffè sociale dove ci siamo impegnati era anzitutto un piccolo spazio per staccare la spina, per pensare ad altro, per tornare a respirare dopo un viaggio così tanto opprimente».

Bihac, Lipa, Borici, questi i nomi dei principali campi bosniaci, dei nodi centrali della lunga rotta balcanica. Le attività portate avanti anche grazie all’aiuto dei volontari partiti da Como sono in capo ad Ipsia, una realtà collegata alle Acli, il primo tramite della nostra Caritas. Volontari e attivisti che si danno da fare tra tende, polvere e uno studentato trasformato in centro d’accoglienza. Nell’ultimo lustro questo passaggio ha visto crescere i suoi numeri e per fortuna anche le fila degli operatori che cercano di aiutare il prossimo.

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