Diogene / Como città
Martedì 15 Novembre 2022
«Vi racconto perché è inutile odiare»: la mamma di Gae, che è stato investito e ucciso, ci insegna l’amore
La storia Stefania aveva un figlio, che è morto sulla strada tre anni fa, dove è stato lasciato senza soccorsi. Ma con un intenso percorso di giustizia riparativa e con una madre forte come lei, tutto può succedere: «Ho perdonato, non potrei vivere con la rabbia»
Un abbraccio per Gaetano Banfi, Gae per gli amici, un ragazzo gioioso, accogliente, buono. Un abbraccio per sua mamma Stefania, che aveva solo lui e che nella morsa di un dolore indicibile ha parole di gratitudine e affetto per tutti. Che riesce persino a dedicare un pensiero di vicinanza alla persona che ha investito e ucciso suo figlio tre anni fa, lasciandolo solo sulla strada.
Quando si deve spiegare che cos’è la giustizia “riparativa”, si dice che è un modo complementare di fare giustizia che non sostituisce il diritto penale ma lo affianca, che è una modalità di affrontare il conflitto nella comunità e tra chi ha commesso un reato e la vittima di quel reato. Tutto vero. Ma al cuore della giustizia riparativa c’è il dolore di una ferita subita, la sofferenza viva, tangibile, indescrivibile delle vittime, ci sono la vergogna e la paura di chi ha sbagliato, vorrebbe poter tornare indietro e cambiare tutto. C’è l’umanità in tutta la sua nudità e fragilità. Ma soprattutto non c’è il desiderio di vendetta, il rispondere al male con un male raddoppiato. Stefania non sapeva cosa fosse la giustizia riparativa eppure, all’indomani dell’incidente che le ha portato via l’unico figlio di 22 anni, il 20 ottobre del 2019, ha cercato un contatto con la persona che lo aveva investito senza soccorrerlo. La storia di Stefania e Gaetano è così diventata un simbolo di giustizia riparativa.
Un luogo per ricordare
Gaetano abitava con sua mamma nelle case popolari di via Spartaco, nel quartiere di Rebbio. Non appena la notizia della sua morte si sparge nel quartiere, ecco che arriva l’abbraccio collettivo che poi diventa una rete di protezione. All’interno del corpo intermedio di Rebbio, un gruppo di associazioni e cittadini, nasce l’idea dell’Albero di Gae, un “angolo riparativo” per tenerne viva la memoria. Quell’idea è diventata realtà: un ulivo e una panchina su cui sedersi in cerchio negli spazi esterni della Coop di Como, vicino alla casa in cui Gaetano viveva con sua mamma. Ancora oggi Stefania non prova rancore e spiazza con parole generose e semplici: «Il mio primo pensiero è stato “guarda quante persone vogliono bene al mio bambino”, io lo chiamo ancora così. Gaetano era una persona buona, attento a tutti, dal piccolo all’anziano, quando tornava dal lavoro i bambini sotto casa gli andavano incontro, e lui, anche se era stanco, si fermava a giocare con loro. Faceva il giardiniere e amava la natura, perciò la scelta dell’ulivo è perfetta, è un simbolo di pace, sarà uno spazio dove ritrovarsi, discutere, piangere, ridere, leggere, giocare. Per me è una cosa stupenda, non trovo le parole per ringraziare tutti». Pia Radaelli, insegnante di scuola materna a Rebbio, è stata mediatrice tra Stefania e il corpo intermedio.
Conchiglie e candele
«Stefania ha scritto lettere bellissime e fatto regali ai bambini – racconta – alcune conchiglie per ascoltare il mare come piaceva fare a Gaetano e la candela della speranza, che è rimasta nella mia classe per due anni». Quando è un po’ giù, Stefania sfoglia i disegni che i bambini hanno fatto per il figlio e ritrova un momento di allegria.
«Devo essere sincera – dice Stefania - non sono mai stata arrabbiata con chi ha investito mio figlio, vivi male con la rabbia. Il Signore mi ha regalato Gaetano, dicevo sempre che era il mio angelo caduto dal cielo ma non per il troppo peso, poi se l’è voluto riprendere, io so che lui è in pace e quel ragazzo che lo ha investito penso che stia male forse più di me. La mia famiglia non ha più futuro, perché Gaetano era il nostro futuro, penso però che anche lui avrà sempre in mente il viso di mio figlio ed è inutile odiare, perché non ci sono né vincitori né vinti, ma due famiglie distrutte».
L’abbraccio ideale dell’Albero di Gae terrà vivo il ricordo di un ragazzo amato e che ha saputo amare.
Tutti conosceranno la sua storia, sta a noi innaffiare le radici e seminare parole di riconciliazione.
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