Frontiera / Como cintura
Giovedì 11 Agosto 2022
Il dibattito sui “ristorni”: un assegno da 92 milioni che arriva dalla Svizzera
Le cifre Sono i soldi legati alle tasse versate dai lavoratori frontalieri. Alle quattro province confinanti riconosciuti quasi sedici milioni di euro
A due mesi dal Natale, lo scorso anno, l’Italia ha ricevuto un assegno da 92 milioni e mezzo di euro (89 milioni di euro più il saldo trattenuto in passato per i debiti accumulati dal comune di Campione d’Italia) staccato dalla vicina Svizzera alla voce ristorni, storicamente definiti “linfa vitale per le realtà di confine”, in primis identificate con i piccoli Municipi.
Una cifra record, che inevitabilmente ha fatto storcere il naso a una parte della politica ticinese (Lega dei Ticinesi e Udc), i cui tentativi di bloccare i ristorni sono finiti in un nulla di fatto, ad eccezione del 2011, anche se ora il blocco o meglio la minaccia di un nuovo blocco è tornata di stringente attualità. Ne daremo conto più avanti in questo articolo.
In crescita
Nel dettaglio, all’Amministrazione provinciale di Como nel dettaglio sono stati riconosciuti 5 milioni e 612 mila euro cui bisogna aggiungere la somma erogata dal Mef, il ministero dell’Economia e delle Finanze, con i Comuni - in cui la percentuale tra residenti e frontalieri supera il 4% - che mediamente ricevono 1040 euro per ogni frontaliere residente. Un gruzzoletto niente male, dunque per le finanze dei nostri territori.
Ancora più evidente se si fa un “conto unico”. Complessivamente alle Amministrazioni provinciali di Como, Varese, Lecco e Sondrio sono stati infatti riconosciuti quasi 16 milioni di euro, 2 milioni e mezzo in più rispetto all’anno precedente.
Regole contestate ma che resteranno in vigore fino al 2033
La differenza in questa erogazione, naturalmente, la fa proprio il dato numerico dei frontalieri occupati oltreconfine, le cui tasse versate alla fonte vengono poi ristornate in quota parte al Paese di provenienza. Con l’ultimo assegno staccato all’Italia - in ossequio al granitico accordo del lontano 1974, che il nuovo accordo fiscale (ora congelato dallo scioglimento del Parlamento italiano) ha depennato, anche se i ristorni rimarranno in vigore sino al 2033 -, la vicina Confederazione o meglio l’Ufficio di Statistica del Canton Ticino ha anche certificato che negli ultimi 10 anni i frontalieri sono aumentati per una percentuale vicina al 37%, il che significa quasi 20 mila lavoratori in più. Numeri che danno l’idea della situazione che si è venuta a creare e di cui abbiamo dato conto nelle pagine precedenti.
Per dare un ordine di grandezza, l’ultimo assegno staccato dalla Svizzera (a Roma e per diretta conseguenza ai territori) e riferito al 2018 portava in calce la cifra di 84 milioni di euro. Ciò significa che l’iniziativa - sotto l’avanzata dei frontalieri occupati oltreconfine, nel dettaglio nei tre Cantoni Ticino, Grigioni e Vallese - si è vista riconoscere 8 milioni e mezzo di euro in più nell’arco di un anno.
Il dibattito
Nel 2011 - l’anno in cui il Governo ticinese ha bloccato il 50% dei ristorni, dando corso ad una crisi diplomatica senza eguali lungo la linea di confine (poi risolta dalle stesse diplomazie - i ristorni versati via Berna all’Italia ammontavano a 55 milioni di franchi. Il che significa che l’assegno staccato al Belpaese in 10 anni ha toccato quota +37 milioni di euro. Soprattutto per questo motivo, l’argomento appassiona e infiamma la politica ticinese.
E così, a una manciata di mesi dalle elezioni cantoni e ad un anno da quelle federali, il consigliere nazionale leghista Lorenzo Quadri è tornato a cannoneggiare contro l’accordo del ’74, reclamandone la disdetta. Annunciando una mozione a Berna, Lorenzo Quadri ha anche chiesto che “con la convenzione del ’74, a partire dal prossimo 31 dicembre decadano anche i ristorni”, conseguenza diretta della crisi italiana che ha congelato la ratifica al di qua del confine del nuovo accordo fiscale. Il dibattito resta più che mai aperto.
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