La scuola oltre il confine è iniziata: a lezione di educazione civica

Svizzera Tante le sfide, come l’integrazione degli studenti stranieri. Il direttore del Centro di coordinamento parla di competenze e necessità

La scuola in Svizzera è iniziata il 2 settembre, tante sfide e certezze da consolidare, dall’integrazione degli alunni stranieri, alla necessità di rafforzare la formazione professionale, in Ticino scelta meno che in altri cantoni, e le competenze di base. Nel mezzo tanti temi come il no al cellulare in aula e l’educazione all’uso consapevole dei media.

L’analisi articolata dell’avvio del nuovo anno la conduce Stefan Wolter, direttore del Centro svizzero di coordinamento della ricerca educativa (CSRE) dal 1999, professore di economia all’Università di Berna dal 2005 e professore invitato permanente all’Università di Basilea dal 2015.

Direttore, in Svizzera la scuola è appena cominciata, ci sono novità per il nuovo anno scolastico?

Non ci sono cambiamenti importanti, ma la situazione è, come sempre, molto diversa da un cantone all’altro e talvolta anche tra città e comuni. In particolare per quanto riguarda la demografia.

Anche in Svizzera, come in Italia, una delle criticità è la mancanza di docenti? Quali le materie più carenti di insegnanti?

Sì, questo accade anche quest’anno e soprattutto nelle aree in cui il numero di studenti è in aumento. Le carenze dipendono molto dal livello scolastico e dalle regioni e anche dalla situazione specifica della scuola. A causa del fatto che la maggior parte degli insegnanti lavora solo a tempo parziale - i cantoni Ticino e Ginevra rappresentano un’eccezione - è difficile prevedere in quali materie gli insegnanti saranno assenti. Se, ad esempio, un insegnante riduce il suo carico di lavoro di uno o due giorni alla settimana, a causa dei bambini piccoli, la situazione è molto specifica e legata a determinate materie e alla quantità di ore per le quali cercare una sostituzione.

Molti docenti italiani scelgono la Svizzera e ne apprezzano qualità e stipendio. L’Italia resta un buon bacino di insegnanti per la scuola svizzera?

L’impiego di insegnanti stranieri è molto comune in Svizzera, ma dipende dalla lingua locale. Ad esempio, molti insegnanti provenienti dalla Germania o dall’Austria insegnano nella Svizzera tedesca, gli insegnanti dalla Francia nella Svizzera francese e il Canton Ticino offre opportunità anche per gli insegnanti italiani. Gli insegnanti provenienti da altre regioni linguistiche, invece, sono piuttosto rari. Considerando che i cantoni diversi dal Ticino vengono presi in considerazione per gli insegnanti italiani solo in casi eccezionali, il rapporto di grandezza tra il solo Canton Ticino e l’Italia fa sì che le scuole del Ticino abbiano sempre una maggiore selezione di candidati dall’Italia, se necessario.

Alunni stranieri, ci sono iniziative particolari di integrazione scolastica?

Dipende dalle competenze linguistiche degli studenti migranti. Sebbene la politica sia di integrare gli studenti il prima possibile nelle classi regolari, questo non è sempre possibile. Esempi recenti sono stati le ondate di rifugiati provenienti dall’Ucraina o da Paesi dell’est come l’Afghanistan o la Siria. In questi casi ci sono sempre classi di integrazione, dove gli studenti imparano una delle nostre lingue nazionali prima di essere integrati nella scuola regolare.

Una scuola del canton Argovia ha vietato il cellulare per alunni di elementari e medie. Come viene gestito l’argomento nella Confederazione?

Questo argomento è’ oggetto di un ampio dibattito in quasi tutti i cantoni. Ma per quanto ne so, finora non c’è nessun cantone che abbia vietato i telefoni cellulari in tutte le scuole. Tuttavia, ci sono singole scuole che hanno già attuato tali misure. Nelle prime classi della scuola elementare, tali misure hanno certamente senso, perché il cellulare è una distrazione dalle lezioni. Un altro problema a tutti i livelli scolastici è il crescente fenomeno del cyberbullismo, ma poiché questo avviene anche dopo la scuola, le scuole hanno possibilità limitate di prendere contromisure.

I media, in Svizzera per gli alunni sono state organizzate lezioni contro le fake news anche sui treni. Cosa ne pensa?

In quasi tutte le scuole svizzere si dedica del tempo all’educazione ai media. Il pilastro centrale di questa educazione è dare agli studenti di tutte le età gli strumenti e il know how per distinguere tra informazioni vere e false, anche se questo non è sempre facile e probabilmente gli studenti non sono più spesso vittime di fake news degli adulti.

Naturalmente, poiché non possiamo più vivere senza i social media, questa educazione ai media rimarrà con noi, che ci piaccia o no, e con l’ascesa dell’intelligenza artificiale, che apre ancora più opportunità alle fake news, sarà più importante che mai.

Educazione civica. In Italia è una materia che quest’anno avrà nuove linee guida. In Svizzera?

L’educazione civica è obbligatoria in tutti i programmi scolastici e ha un’importanza molto particolare in un Paese che ha il record mondiale di referendum e iniziative popolari. Gli svizzeri sono chiamati a votare ogni anno in media quattro o cinque volte e ogni volta votano su una serie di decisioni politiche relative al livello federale, cantonale e persino al comune. Inoltre, la Svizzera, con la sua diversità culturale e linguistica e una delle quote più alte di popolazione straniera, è un cosiddetto Paese della “volontà”. Le persone in questo Paese vivono insieme perché vogliono vivere in un Paese comune e non perché la lingua e la cultura hanno formato storicamente questo Paese. L’educazione civica in questo contesto è indispensabile.

Violenza verbale e fisica subita dai docenti a scuola da parte degli alunni: è un problema vivo in Svizzera?

Purtroppo, di tanto in tanto gli insegnanti sono vittime di aggressioni verbali o fisiche da parte dei loro studenti. Tuttavia, non disponiamo di dati statistici o affidabili su questo fenomeno, portato all’attenzione dell’opinione pubblica solo quando un caso particolare viene riportato dai media. Tuttavia, va detto che purtroppo la violenza va in entrambe le direzioni. Dalle indagini PISA sugli studenti sappiamo che alcuni di essi sono anche vittime di aggressioni, per lo più verbali, da parte dei loro insegnanti. Entrambi i tipi di attacchi ostacolano un sistema educativo pacifico ed efficace.

Formazione professionale, in Svizzera ha un ruolo importante: come evolve?

Molto bene e in modo costante. Il numero di studenti dell’educazione professionale è quasi stabile, anche se c’è una leggera tendenza in tutto il Paese verso l’educazione generale. Naturalmente non è una novità e non è una sorpresa per i lettori che il Canton Ticino sia un’eccezione anche da questo punto di vista, in quanto ha una quota di formazione professionale notevolmente inferiore rispetto ai cantoni di lingua tedesca. Le differenze tra il Ticino e gli altri cantoni sono dovute a molteplici ragioni e non è facile ridurle a poche. Le stesse differenze ci sono tra cantoni urbani e rurali e, in particolare, tra i cantoni di lingua tedesca e di lingua francese o italiana. Ciò ha ragioni storiche e culturali e può essere dovuto al sistema di apprendistato che è sempre stato più importante nelle aree di lingua tedesca, ma non è l’unica ragione. Tuttavia, le autorità cantonali lavorano duramente anche in Ticino per mantenere l’educazione professionale e darle maggiore visibilità e spazio. Il sistema svizzero di formazione professionale, tuttavia, tiene il passo con gli sviluppi dell’economia e del mercato del lavoro. Quando si verificano cambiamenti, ad esempio nel campo della tecnologia, vengono sviluppate rapidamente nuove professioni. Quest’estate è il secondo anno in cui una nuova parte tirocinanti inizierà il nuovo tirocinio quadriennale di Digital Business Developer in tutto il Paese.

Tre pregi e tre criticità della scuola in Svizzera?

È difficile rispondere a questa domanda in poche frasi, perché il sistema è molto vario. In molti campi la sfida è di rimanere all’altezza della situazione attuale, ma ci sono aree di necessario miglioramento, come la percentuale di studenti che lascia la scuola dell’obbligo senza adeguate competenze di base. I test PISA rivelati alla fine del 2023 hanno mostrato che non c’è stato alcun progresso, anzi un regresso, negli ultimi 20 anni e questo è inammissibile in un Paese che è uno di quelli che spende di più per l’educazione.

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