Svizzera, il Paese più ricco (ma anche il più costoso). Non bastano 107mila euro

L’analisi Secondo gli studi realizzati da alcuni analisti universitari, le spese correnti delle famiglie aumentano con tassi annui tra l’1 e il 3,5%

Disuguaglianza economica, una realtà anche in Svizzera dove è condizionata, in larga misura, dalle spese correnti strettamente legate al fatto che, dal 2021, i livelli dei prezzi sono aumentati con tassi annui tra l’1 e il 3,5%, l’inflazione elevata ha colpito di più chi ha un reddito basso e che dal 1997 i costi legati ai premi della cassa malati sono saliti del 140%.

La situazione è stata di recente confermata da una analisi pubblicata sulla rivista “Social Change in Switzerland”, dal professor Oliver Hümbelin, della scuola universitaria professionale di Berna e da Rudolf Farys e Ben Jann (Università di Berna), dal titolo “Come la spesa corrente accentua le disuguaglianze. Cambiamento sociale in Svizzera”.

Tre milioni di persone

Dai dati analizzati, facendo un’indagine su tre milioni di persone, circa il 45% della popolazione svizzera di età inferiore ai 65 anni, emergono alcuni aspetti interessanti che contribuiscono a rappresentare la società svizzera. Lo studio è stato fatto tenendo conto del fatto che la Svizzera è la prima, secondo Eurostat, per stipendi netti annui e che la Confederazione risulta essere in cima al podio anche per le spese correnti. «Una persona in Svizzera riceve in media 107.000 euro di stipendio netto annuo, che è significativamente superiore al secondo paese Islanda – si legge nel rapporto -, dove una persona guadagna in media circa 82.000 euro (Eurostat 2023). Allo stesso tempo, le spese correnti in Svizzera sono molto elevate. Il livello dei prezzi in rapporto alla spesa delle economie domestiche in Svizzera è superiore di circa il 75 % rispetto alla media dell’UE (Eurostat, 2023). La Svizzera si colloca quindi al primo posto anche per quanto riguarda le spese correnti, il che mette un po’ in prospettiva gli alti salari».

Vita quotidiana

Rispetto poi al resto d’Europa, secondo i numeri Eurostat 2023, le spese relative alla vita quotidiana pesano, ovviamente, in modo diverso sulle famiglie a seconda della loro situazione finanziaria e sono un indicatore importante della disuguaglianza, anche se il loro peso pare essere spesso sottovalutato.

Per questo motivo gli analisti hanno esaminato i dati di sei grandi cantoni per verificare l’impatto di questi esborsi sulle disuguaglianze economiche in tutta la Svizzera.

Quattro le macro aree di spese che determinano le differenze tra gli svizzeri: quelle per i beni di uso quotidiano, per la casa, i premi di cassa malati e le imposte dirette. Voci, queste, che pesano in modo diverso a seconda del reddito dei cittadini e che lasciano, una volta pagate, il 17,5% di reddito lordo disponibile.

Scendendo più nel dettaglio «la rilevazione sul budget delle economie domestiche in Svizzera (UPB) mostra le spese che gravano maggiormente sul bilancio della popolazione svizzera (UST, 2023) – si legge nello studio -. Una famiglia svizzera spende la maggior parte del suo reddito per l’abitazione e l’energia, con una media del 14% del suo reddito lordo. Con il 12%, le imposte dirette sono la seconda voce di costo, seguite dai premi dell’assicurazione malattia nell’assicurazione di base (7%). Seguono altre spese come cibo (6,8%), trasporti (6,8%), tempo libero e cultura (4,1%) e abbigliamento (1,5%)».

Una differenza evidente l’analisi la rimarca tra chi ha una minore disponibilità economica e chi invece ce l’ha elevata. Per i primi le spese per soddisfare i bisogni primari si mangiano l’82% del reddito, per i più ricchi invece queste spese non sono un grande problema, ma lo sono di più le imposte dirette. Di conseguenza, maggiore è la differenza del reddito a disposizione, maggiore è l’incisività della spesa corrente che tuttavia incide in misura diversa nei diversi Cantoni per i premi di cassa malati e le imposte e in maniera molto simile per i costi dei bisogni essenziali.

Nel rapporto pubblicato da “Social Change in Switzerland” si analizza anche il peso della pressione fiscale asserendo che essa non è stata livellata: «Secondo l’Amministrazione federale delle contribuzioni, dal 1984 la pressione fiscale è rimasta costante per i redditi medio-modesti, con circa il 13% del reddito annuo, ma si è osservata una diminuzione per i redditi molto elevati (da un milione), da quasi il 39% al 32,5%. Gli ultimi decenni – scrivono gli analisti - dimostrano quindi che gli sgravi fiscali sono stati disomogenei».

La conseguenza? «Ciò si riflette anche nella disuguaglianza in termini di reddito disponibile equivalente, poiché secondo la statistica HBS, che misura anche gli effetti di disparità relativi alle imposte dirette e ai premi delle casse malati (UST, 2024), la disuguaglianza è aumentata da 26 a 30 punti di Gini (misura creata dall’italiano Corrado Gini utilizzato per studiare la distribuzione del reddito, ndr) dal 2001 al 2021».

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