Ticino, in coda per 5mila ore: «Il traffico è una priorità»

L’intervista Il tempo trascorso in coda è un «costo occulto». Secondo il consigliere agli Stati Fabio Regazzi, il problema si sta accentuando

Il traffico è sicuramente una variabile sempre presente e rilevante nelle dinamiche economiche, sociali e - perché no - turistiche del vicino Ticino. Ora che un rapporto dell’Ustra (l’Ufficio federale delle Strade), dai connotati a tratti marcatamente preoccupanti, ha confermato che il Ticino ha superato le 5 mila ore nel 2023 per quel che concerne le code, secondo solo all’agglomerato urbano di Zurigo, il tema pare destinato a tornare con i crismi dell’urgenza nell’agenza politica cantonale e federale.

La situazione è decisamente preoccupante, a questo punto non più solo nel Mendrisiotto, chiediamo a Fabio Regazzi, consigliere agli Stati (l’omologo del nostro Senato, ndr) del Centro nonché presidente dell’autorevole Usam, l’Unione Svizzera Arti e Mestieri.

Un problema vero, presidente.

Il problema c’è e si sta acuendo e non riguarda solo strade e autostrade, ma un po’ tutti i vettori, inclusa la ferrovia, ricordando le traversie che sta vivendo da dieci mesi a questa parte il tunnel ferroviario Alptransit dopo il deragliamento di un treno merci a Faido. La situazione è difficile, come certificato da numeri e percentuali ufficializzati dall’Ustra.

A proposito di dati, l’Udc non ha perso tempo scagliandosi (nuovamente) contro i frontalieri, rei di paralizzare buona parte della viabilità ticinese. Quanto pesa in questo contesto il “fattore frontalieri”?

E’ evidente che questo fattore sia rilevante nelle dinamiche viabilistiche del nostro Cantone, a fronte di 80 mila frontalieri occupati, una larga parte dei quali raggiunge il Ticino in auto. Questi numeri hanno un impatto sulle infrastrutture ticinese. Occorre però fare un distinguo. Questo in virtù del fatto un buon numero di frontalieri è legato al settore della sanità, il che significa ospedali e Rsa. Non averli rappresenterebbe per il Ticino un problema serio. Analogo discorso vale per i frontalieri occupati nell’edilizia e nell’artigianato, la cui presenza è importante. Questo per dire che è un po’ riduttivo generalizzare, puntando il dito unicamente contro i frontalieri.

L’Ustra ha parlato di 5 mila ore trascorse nel traffico. Un fardello anche per l’economia, visti che i tempi “morti” trascorsi in coda generano costi aggiuntivi.

Ovviamente sì. E’ da tempo che segnalo questa situazione. Noi, come impresa, operiamo nel Locarnese, dove la pressione dei frontalieri è un po’ meno accentuata. Nonostante ciò il traffico rappresenta un problema importante. Questa situazione è imputabile alla carenza di infrastrutture. Del collegamento veloce del Bellinzonese si parla da decenni, ma ad oggi senza passi avanti significativi. E’ chiaro che tutte le ore che vengono perse da auto, furgoncini e in generale dai collaboratori intrappolati in coda restano a carico delle aziende. I clienti non li riconoscono, giustamente direi. E’ un costo occulto che a fine anno pesa in maniera incisiva sulle aziende. Analogo discorso per le spedizioni e per le merci che vengono movimentate lungo i diversi assi stradali.

A proposito di assi stradali, è favorevole o contrario all’introduzione di un pedaggio in corrispondenza del tunnel autostradale del Gottardo? Soluzione che in molti caldeggiano per alleggerire il peso del traffico lungo l’autostrada A2.

Assolutamente contrario. La ritengo una soluzione sbagliata. Difficile credere che l’introduzione di un pedaggio sposti gli equilibri legati al traffico. L’esempio calzante è rappresentato dal vostro Paese, dove i pedaggi sono elevati e non mi sembra che il problema del traffico si sia risolto. I veicoli ed in mezzi in generale devono poter circolare. Anche la ferrovia ha dei limiti fisiologici che non possono essere superati. Non si può pensare che di punto in bianco il traffico su gomma venga spostato su rotaia, come qualche forza politica - cito i Verdi - vorrebbe. Non si farebbe altro che spostare il problema, introducendo il pedaggio. In molti allungherebbero le tratte di percorrenza per evitare di pagarlo, con tutto ciò che ne conseguirebbe anche in ambito ambientale. E poi c’è anche una questione di principio.

Quale?

Non vedo il motivo per cui il Ticino dovrebbe essere l’unico Cantone svizzero che per essere raggiunto necessita il pagamento di un pedaggio. Si tratterebbe di una soluzione altamente discriminatoria, contro cui personalmente mi opporrò strenuamente. Allora perché non introdurre un pedaggio al tunnel del Belchen, in Canton Soletta? Il principio sarebbe il medesimo del Gottardo. La mia è una provocazione, ma che ben inquadra i termini della questione. Il concetto è che se la strada - per rimanere in tema - è quella di introdurre un pedaggio, allora questo pedaggio va introdotto per tutti e non solo in Ticino.

A settembre finalmente dovrebbero concludersi le traversie del tunnel ferroviario del Gottardo (Alptransit), che sta garantendo servizi - soprattutto per il traffico passeggeri - a ranghi ridotti ormai da quasi undici mesi, dopo il deragliamento di un treno merci avvenuto il 10 agosto scorso a Faido. L’impressione che si è avuta dall’esterno è che il Ticino sia stato un po’ abbandonato nella delicata partita della riapertura a pieno regime del tunnel ferroviario. E’ così?

Abbiamo più volte fatto pervenire a Berna - come deputazione ticinese - le nostre rimostranze. Io in particolare sono stato molto critico su questa vicenda. Questo deragliamento ha avuto conseguenze davvero di grande impatto. Noi - come Ticino - abbiamo subito un danno chiaro ed evidente, visto il 30% in meno di passeggeri sulla tratta ferroviaria del Gottardo. Penso al turismo e così alla ristorazione. Da Berna attendevamo un segnale. In realtà è arrivata qualche amichevole pacca sulle spalle. Non nego una certa delusione sul trattamento che ci ha riservato il Governo federale. Il Ticino da questo anno di chiusura esce penalizzato.

C’è un po’ la tendenza a definire poco proficui i rapporti con l’Italia in fatto di infrastrutture ferroviere. Più di una volta avete sottolineato che la nostra politica ha fatto poco su questo tema. Esistono margini per migliorare rapporti e intese?

L’Italia non è rimasta al passo per quel che riguarda le infrastrutture transfrontaliere rispetto a quanto la Svizzera ha investito. Questo è un dato di fatto inconfutabile. C’è poi un caso emblematico che riguarda i rapporti di confine, con la Svizzera che ha dovuto finanziare l’adattamento del corridoio ferroviario a quattro metri per far sì che venisse realizzato. Un investimento da 400 milioni di franchi sulla linea del Gottardo e così sulla Varese-Luino e sulla linea del Sempione. I due Governi hanno da poco siglato un’intesa sul trasporto ferroviario. Spero che alle promesse facciano seguito anche i fatti.

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