Trent’anni in retromarcia: così i grandi ghiacciai sono (quasi) scomparsi

L’analisi Un trend inesorabile che, secondo gli esperti, dura da decenni. E non sono bastate neppure le precipitazioni del 2021, molto abbondanti

Un trend che verrebbe da definire inesorabile. Già il 2021 era stato un anno in – triste – scioltezza, eppure le condizioni climatiche erano meno sfavorevoli. Il monitoraggio di Glamos ci restituisce una fotografia molto delicata. E l’estate 2022 non è ancora terminata, quindi è difficile trarre conclusioni.

Intanto già il 2021 aveva visto diminuire di quasi l’1% il volume dei ghiacciai elvetici: questo nonostante la neve in inverno e un’estate tutto sommato fresca. Le abbondanti precipitazioni estive non avevano però quasi portato neve fresca nelle Alpi. Un’altra traccia dell’influenza del cambiamento climatico, secondo la Commissione di esperti criosfera dell’Accademia svizzera delle scienze.

Il monitoraggio

Il verdetto dello scorso anno dunque era già pesante: «Il ritiro dei ghiacciai svizzeri negli ultimi tre decenni è stato immenso - un anno estremo seguiva l’altro. Dal punto di vista meteorologico, le condizioni nel 2021 erano idonee a dare un po’ di respiro ai ghiacciai. Purtroppo, in tempi di cambiamento climatico, anche un anno “buono” non è abbastanza buono per i ghiacciai: la perdita è continuata nonostante la neve abbondante in inverno e un’estate relativamente fresca e mutevole, anche se meno rapidamente. Alla fine di aprile, la maggior parte dei ghiacciai aveva solo una quantità di neve leggermente superiore alla media».

Eppure uno spiraglio si era materializzato, e con i fiocchi: «Maggio ha portato una buona quantità di neve supplementare in alta montagna. Sul Claridenfirn (2.890 m) è stato misurato uno spessore della neve di quasi 7 metri, il valore più alto dall’inizio delle osservazioni nel 1914. I ghiacciai erano quindi ancora relativamente ben protetti dalla neve invernale fino al piovoso mese di luglio. Ciononostante, fino a fine settembre si è assistito a uno scioglimento considerevole, e in tutta la Svizzera sono stati persi circa 400 milioni di tonnellate di ghiaccio negli ultimi 12 mesi, quasi l’1% del volume di ghiaccio rimanente».

Va precisato che le misurazioni della rete svizzera di monitoraggio dei ghiacciai Glamos documentano la perdita di ghiaccio su 22 ghiacciai. Paradossalmente, le perdite sono minori state inferiori agli ultimi anni, ma nulla si è guadagnato. Consistenti riserve di neve -che è “cibo” per il ghiacciaio, ricordano gli scienziati – si riscontravano su grandi ghiacciai sopra i 3200 metri in autunno, ma intanto per altri a quote inferiori incalzava la sparizione, perché ormai il manto nevoso era dissolto. Di qui appunto il paradosso: anche se l’anno 2021 evidenzia la perdita di ghiaccio più bassa dal 2013, non c’è alcun sollievo all’orizzonte per il ritiro dei ghiacciai.

In quota

Del resto, nelle quote superiore ai 2.300 metri, c’era stato un innevamento già alla fine di settembre 2020, in quote più basse all’inizio di dicembre. Da allora, altre nevicate in pianura legate soprattutto a quella che era definita fortunata combinazione di precipitazioni e temperature sufficientemente fredde. La temperatura da novembre ad aprile era nella media degli ultimi 30 anni e complessivamente le precipitazioni per i mesi invernali erano superiore alla media su entrambi i lati delle Alpi. Poi un aprile e un maggio freddi, così lo scioglimento della neve nelle stazioni di misurazione ad alta quota era in ritardo di una, due settimane.

L’estate ha completato il quadro, perché secondo MeteoSvizzera, a nord delle Alpi si è distinta in umidità in oltre 100 anni di registrazioni. Con una variazione positiva di temperatura di 1,8°C rispetto al periodo 1961-1990. È qui che si delinea l’effetto del cambiamento climatico: tante nevicate estive, ma di scarse dimensioni. Non basta. Così il Weissfluhjoch (2.540 m) ha riportato 20 centimetri di neve fresca contro i 155 dell’estate 1987. Blando anche settembre.

I rilevamenti del 2022 sono ancora da completare, perché l’estate è in corso e non si possono ancora trarre conclusioni definitive. Certo, quest’anno è simile al 2003, con un impatto però peggiore perché la primavera ha già iniziato a “frenare” la resistenza dei ghiacciai.

Gli anni Ottanta

Dagli anni Ottanta ai primi vent’anni del nuovo millennio il volume del ghiaccio si è ridimensionato del 44%. Negli ultimi dieci anni, quasi del 20%. Pesano le anomali di questi ultimi anni sullo scioglimento estivo.

È un lavoro imponente, quello che svolge Glamos. Nel 2016 si parlava di 961 chilometri quadrati di superficie quadrata di ghiacciai monitorati. Ogni aspetto verificato offre un osservatorio fondamentale. Ad esempio, le variazioni di lunghezza dei ghiacciai sono misurate annualmente in corrispondenza del fronte di tutti i maggiori ghiacciai svizzeri ma anche per quelli ridotti. Perché contano? Perché danno preziose informazioni sulle variazioni di lungo termine dei ghiacciai svizzeri.

D’altro canto, le misure dirette del bilancio di massa – che significa la somma di accumulo nevoso e ablazione - vengono eseguite su un gruppo selezionato di ghiacciai svizzeri. Il bilancio di massa stagionale (invernale/estivo) ed annuale emerge da osservazioni puntuali, aprile-maggio e settembre.

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