La sericina integra che fa pelle di seta: «Orgoglio comasco. Si produce qui»

La storia Nel ’99 l’imprenditrice Giada Mieli ha creato il brand cosmetico J. And. C. con la proteina ricavata dal filo di seta

Una storia imprenditoriale, ma anche un’avventura di famiglia e una “case history” di economia circolare. Tre capitoli tenuti insieme da un filo di seta, o meglio, dalle proprietà della sericina, proteina che si ricava dal filo di seta. A riavvolgere il nastro, per dipanarlo nel racconto, è Giada Mieli, titolare di “J. And. C. Cosmetici”, eccellenza comasca nata nell’alveo della Tintoria Pecco&Malinverno di Como, l’azienda di famiglia. Basti un dato: qui si produce l’unica “sericina integra” su scala globale. Niente a che vedere con la “sericina” o o con le proteine della seta ricavate dal tessuto serico, in genere di origine cinese, spesso contenente forti percentuali di ruggine e altre impurità.

«È vero, la sericina integra la facciamo soltanto noi - ribadisce Giada Mieli - Viene ricavata da un filo di seta sceltissimo, dotato di un “passaporto” che ne precisa ogni fase di vita. È formata da 22 aminoacidi in “catene” intere, non spezzettate. In base a uno studio condotto dall’Università di Tokyo è emerso che la nostra è l’unica ad avere al suo interno una parte detta “Sericina M”, in grado di rigenerare i fibroblasti (il tessuto cutaneo, ndr) del 250% in 72 ore». Come succede nelle scoperte scientifiche e nelle storie imprenditoriali di successo, l’intuizione arriva quasi per caso.

«Due premesse. Nel ’99 ero laureata in relazioni pubbliche e lavoravo in un’agenzia. Ma non entravo in sintonia - racconta Giada - Qualche anno prima era nato un progetto della Comunità Europea che coinvolgeva tre aziende seriche per il recupero dalla sericina dalle acque di purga della seta ed abbattere così i costi aziendali per l’acquisto di enzimi necessari alla sua trasformazione. Poiché il costo degli enzimi, necessari a “mangiarla”, è elevatissimo, così è nata la partnership con l’Europa. Voleva abbattere i costi aziendali».

Due delle tre aziende partner del progetto si ritirano, una volta finiti i fondi. Non Franco Mieli, il padre di Giada che, confrontandosi con il fratello Giulio(«vive in Cina e segue l’azienda che abbiamo a Jaxin»), continuava ad essere convinto della bontà del progetto. L’impianto per la purga del filo di seta, da un livello di laboratorio, evolve così verso una dimensione produttiva. Ma è Giada a segnare la svolta.

«Mio padre un giorno mi chiama e mi dice: “c’è qualcosa che ti può interessare”». Sul tavolo c’è un mucchietto di polvere: è seta liofilizzata. «Fanne qualcosa» dice Franco Mieli alla figlia.

«Sono stata giorni a fare ricerche su Internet - continua Giada - All’epoca il web non era veloce come oggi. Poi, da un contatto con una farmacia in Sardegna ho saputo che le proteine della seta si usavano in cosmesi». È lo spunto che muove tutto. «Io amo i cosmetici, così decido di fare un sapone a base di questa sericina speciale, ricavata dal filo di seta - aggiunge - Ne faccio realizzare 3 mila pezzi, li mando agli amici. Ma non ricevo feed back per 3 mesi».

Il morale, per chi ha scommesso su un prodotto così di nicchia - e rischiato investendo una bella somma - non è al settimo cielo.

« Io ero disperata, altro che - riconosce Giada Mieli -. In realtà, dopo poco hanno cominciato a chiamarmi e a dirmi che il mio sapone era davvero buono. Chi soffriva di allergie ne traeva beneficio, altri chiedevano di comprarne dieci per volta». Gli addetti ai lavori la mettono in guardia: ne venderà meno, perché sono prodotti che durano parecchio, bastando davvero poco per ottenere risultati.

Giada non retrocede. Semmai, accelera, è il caso di dire. Decide di puntare a una nicchia di mercato, mettendo nei prodotti di “J. And. C.” (le iniziali dei tre fratelli Mieli: Giada/Jade, Andrea, Cristina) percentuali che appaiono “fuori mercato”: il 3%, il 5% e il 10%, contro lo zero virgola zero zero dei principi attivi solitamente impiegati nella cosmesi.

A guardare l’imprenditrice, viso e mani levigate, il pensiero va alle élite orientali, le prime ad avere intuito il potenziale cosmetico e “riparatore” della sericina. E al Giappone, oggi il migliore cliente di J. And. C.”. Ma anche alle umili donne comasche, nella filiera della seta, che a sera si sentivano “mani di seta” nonostante avessero trascorso la giornata a dipanare il bozzolo in acqua calda.

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