L’intelligenza artificiale e i ritardi delle imprese: il 46% fa poca formazione

Scenari La “maturità digitale” focus di Confindustria Como, Lecco, Sondrio Petrali, Innovation Hub: «Trasferire alla macchina le capacità di controllo»

“L’Intelligenza artificiale applicata alle imprese”. Questo il focus del secondo appuntamento del percorso di incontri dedicati all’AI, organizzato da Confindustria Como e Confindustria Lecco e Sondrio in collaborazione con Digital Innovation Hub Lombardia, che ha visto nei giorni scorsi la partecipazione di numerosi imprenditori sensibili al tema della digitalizzazione e dell’innovazione nelle diverse aree aziendali di applicazione.

Azioni urgenti per lo sviluppo

Ad aprire i lavori Stefano Poliani, Consigliere di Confindustria Como con delega all’Innovazione e Presidente del Digital Innovation Hub Lombardia e Luca Mari, Professore presso LIUC - Università Cattaneo.

Pierluigi Petrali, Direttore del Digital Innovation Hub Lombardia, Alex Curti, Innovation Manager di ComoNext e Nicoletta Mastropietro, Chief Digital & Innovation Officer di A2A, sono entrati invece nel vivo delle strategie da adottare per governare un fenomeno sempre più pervasivo.

«Per definire il processo di trasformazione e identificare le aree che richiedono azioni di sviluppo è opportuno conoscere il proprio livello di maturità digitale», ha premesso Pierluigi Petrali presentando i risultati di uno studio messo a punto da Confindustria Lombardia, Politecnico di Milano e Assoconsult che ha misurato il livello di maturità rispetto a quattro dimensioni di analisi: esecuzione, monitoraggio e controllo, tecnologie ed organizzazione, nei processi che formano la catena del valore di un’azienda.

Pietrali ha introdotto il suo intervento con una domanda «Perché è importante parlare della maturità digitale quando si affronta il discorso dell’intelligenza artificiale?»

La sfida del machine learning

«L’IA generativa parte dal machine learning, sottoinsieme dell’intelligenza artificiale che si occupa di creare sistemi che apprendono o migliorano le performance in base ai dati che utilizzano - ha spiegato - se per esempio un impianto di saldatura sta generando dei dati significativi e affidabili in maniera efficace ed efficiente, posso usare questi dati per far imparare al sistema quale è la situazione normale di produzione e quando questa è invece anomala. Dobbiamo trasferire in una macchina la capacità dell’orecchio esperto del responsabile di produzione di capire dalle vibrazioni che un “mandrino” non sta lavorando bene. Una macchina opportunamente sensorizzata può captare infatti le vibrazioni e con l’apprendimento capire se è necessario intervenire con una manutenzione su condizione o una manutenzione predittiva». Le applicazioni dell’IA possono però essere utilizzate solo se l’azienda è in possesso dei dati necessari.

Grazie ai 600 assessment dello studio realizzato, DIH Lombardia è in grado di dare una panoramica generale per verificare se le aziende sono digitalmente mature e identificare un percorso di avvicinamento alle soluzioni di IA.

Da quanto pubblicato a ottobre 2023, emerge che delle 396 imprese lombarde il 60% si trova ben centrato fra valori che vanno da 2,50 a 3,59 in una curva gaussiana che vede il 5 come valore massimo delle aziende orientate alla digitalizzazione.

La dimensione conta, ma dove c’è una forte volontà dell’imprenditore e si crede che il digitale possa fare la differenza, questa non è un freno.

«Le decisioni vanno prese sui dati e non di pancia» raccomanda Petrali, indicando la centralità dell’uomo nell’implementazione dei sistemi e del grado di capacità di questi di adattarsi e di dare soluzioni intelligenti per ottimizzare i processi.

I dati sono ancora poco utilizzati o lo sono senza sistematicità e con poco supporto di tecnologie e metodologie dedicate. Sono infatti pochissime le aziende che stanno utilizzando delle analisi sistematiche con un approccio data driven e con strumenti di ausilio. «Abbiamo la cultura giusta dal punto di vista metodologico per analizzare il dato? - si chiede ancora - Molto spesso ci affidiamo all’esperienza delle persone per analizzare i dati, il che non è sbagliato di per sè, ma il problema fondamentale è quanto l’esperienza delle persone possa essere trasmessa ad altri, si veda quello che succede durante il cambio generazionale o quando i collaboratori vanno in pensione. Dobbiamo catturare l’esperienza dei lavoratori esperti e farla diventare patrimonio dell’azienda attraverso strumenti metodologici». Petrali entra infine in merito alle competenze spiegando come spesso le aziende non dedichino abbastanza impegno nel far si che anche gli operatori capiscano le metriche e abbiano le competenze necessarie per analizzare i dati.

«Il 46% delle imprese analizzate non ha un programma di formazione rivolto a tutto il personale; questo non vuol dire che non si faccia formazione, ma significa che non c’è una sequenza di momenti formativi, anche sul change management, pensata sul medio lungo periodo. Come conseguenza il personale può non essere in grado di adattare il proprio comportamento quotidiano alla nuova realtà digitale».

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