«L’azienda e l’imprenditore hanno due destini diversi. Bisogna saperlo accettare»

Modello SAATI Alberto Novarese, terza generazione, attuale presidente: «Ci siamo riorganizzati facendo crescere le persone con più esperienza»

Alberto Novarese, presidente di SAATI, azienda di alta tecnologia di Appiano Gentile, fa tesoro della propria storia personale e professionale per dedurre quella che potrebbe essere una traccia di lavoro per le imprese familiari e in generale per tutte quelle posizioni apicali che faticano a gestire la delega di responsabilità.

Qual è il primo passo verso la managerializzazione di un’impresa?

L’azienda e l’imprenditore hanno due destini diversi. La prima si proietta, potenzialmente, in un tempo senza limiti, mentre l’imprenditore vive un tempo finito. La presa di consapevolezza di queste due diverse dimensioni è la chiave per organizzare, in tempo utile, il passaggio generazionale o la managerializzazione della propria impresa. C’è prima un elemento psicologico da mettere a fuoco, di cui prendere coscienza ed è spesso lo scoglio principale per un cambiamento. Una volta risolto questo aspetto, il tema organizzativo segue.

Riorganizzare l’azienda con deleghe a persone esterne comporta anche una cessione di controllo e potere, con quali rischi?

Managerializzare un’azienda non vuol dire togliersi un potere ma piuttosto delegare un potere organizzativo per assumerne un altro, o meglio, per dedicarsi con maggiore attenzione al ruolo, strategico, del presidente, che è un mestiere reale, concreto, impegnativo che io interpreto come il mettersi a disposizione dell’amministratore delegato, proprio come una padre è a disposizione di un figlio per consigli, per scambi di idee, per fare da cassa di risonanza. Oltre ad essere presente nei momenti istituzionali e formali del consiglio di amministrazione, è fondamentale far sentire la propria vicinanza, avere costante attenzione alle relazioni e mantenere la disponibilità all’ascolto.

Quando è avvenuto il suo passaggio da amministratore delegato a presidente?

Con 90 anni di storia, la nostra family company nata come azienda tessile si è evoluta con una propensione all’esportazione che la porta oggi ad avere importanti clienti in tutto il mondo e un export che riguarda il 90% della produzione. La sua identità oggi è frutto di scelte che si sono susseguite negli anni, dal fondatore, mio nonno, al successore, mio padre, fino allo stato attuale in cui ricopro la carica di presidente. Da amministratore delegato mi sono ritagliato questo specifico ruolo in tempi precoci rispetto alla media delle aziende familiari italiane. Non avevo ancora compiuto 40 anni quando ho deciso di nominare un amministratore delegato esterno alla famiglia, nonostante l’esperienza sul campo e la laurea alla Bocconi mi avessero preparato per la guida operativa dell’azienda.

Perché quindi questa scelta?

Quando si è sulla gestione quotidiana non si ha tempo per ragionare sul medio e lungo periodo. Mentre l’azienda deve poter sempre contare su strategie che la mettono in condizione di prevenire eventuali difficoltà. È nel ruolo del presidente che si ha il tempo e il compito di preoccuparsi per il futuro, inteso in modo etimologico come prendersi cura in anticipo di quello che potrebbe accadere, in modo da anticipare quanto va fatto prima che diventi un problema. Una consapevolezza del ruolo di presidente che mi deriva dall’esperienza familiare segnata da difficoltà, qualche errore, riflessioni che hanno man mano segnato una strada. Come terza generazione in SAATI, figlio unico e quindi designato alla successione, ho interiorizzato un percorso e ne ho tratto le linee che si sono dimostrate vincenti. Tra queste il valore delle relazioni personali con tutto il team dell’azienda e naturalmente un buon rapporto, complementare, fatto di identità di vedute e di assoluta fiducia con l’amministratore delegato. Il tutto appreso sul campo, on the job si direbbe.

L’evoluzione della Governance riguarda anche i livelli intermedi dell’azienda: come è avvenuto?

Negli anni ’90 mi sono reso conto che l’azienda era ancora organizzata con pochissime figure che avevano la gestione di ruoli fondamentali e poi con un gran numero di operatori tutti allo stesso livello. Abbiamo quindi cominciato a far crescere le persone che già avevano esperienza dando loro maggiori responsabilità. Da tre dirigenti siamo arrivati ad averne in numero sempre maggiore. Si sono così cominciati a creare dei centri di potere più articolati e anche funzionalmente competenti. SAATI in quegli anni ha assunto la fisionomia di un’impresa più moderna, abbiamo quindi cercato altre figure intermedie al di fuori della nostra azienda. Era facile intercettarli perché i bilanci erano molto buoni, l’impresa era solida, ma è stato poi difficile trattenerli finché, all’inizio del 2000, abbiamo reso operativo il sistema gestionale Sap. Questa implementazione ci ha aiutato a spersonalizzare e rendere oggettiva la gestione di alcuni reparti con un impatto positivo sulla possibilità di reperire professionalità adeguate nel mercato del lavoro, creando quindi la fascia di middle management. Dopo qualche anno è stato trovato un assetto ben strutturato che ha contribuito alla crescita dell’impresa fino ai mille dipendenti attuali, di questi 480 in Italia.

Quali sono le caratteristiche da ricercare in un nuovo amministratore delegato?

In SAATI, dopo una prima esperienza di una decina di anni, è stabile da tempo un ad con il quale c’è una grande affinità riguardo ai valori dell’azienda e un ingaggio molto forte. Nella scelta della persona giusta avevamo capito da tempo che per un’impresa manifatturiera la prima qualità essenziale è quella di avere un talento e un’esperienza commerciale perché è fondamentale trovare clienti e aumentare gli ordini. È questo l’aspetto prioritario. Le altre caratteristiche a cui abbiamo prestato attenzione sono: una forte dinamicità e intelligenza, cioè la capacità di dare un impulso e di proporre dei piani strategici innovativi. Infine, la propensione a dei buoni rapporti relazionali con tutto il team dell’azienda è stato importante perché SAATI ha un patrimonio straordinario di esperienze che in questi anni l’azienda aveva conservato. Per questa ragione serviva un ad che sapesse interagire con le nostre persone per valorizzale e trattenerle.

Come cambia anche il modo stesso di intendere l’azienda quando si avvia un processo di questo tipo?

Si avvia un rapporto di fiducia importante che, per essere davvero praticato con una delega piena e convinta, ha bisogno di una forte presa di coscienza: anche l’imprenditore, anche il fondatore, non solo non sono indispensabili, ma hanno il dovere di mettere la loro azienda in condizioni di vivere a lungo, oltre il loro orizzonte temporale e la loro personale possibilità di azione. Va compreso che l’impresa è una organizzazione sociale, è un ente di interesse sociale e non una realtà del tutto privata e personale. M. Gis.

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