«Trasmettere i valori è utile. Ma è sbagliato confondere. l’impresa con la famiglia»

Modello Lechler Aram Manoukian, presidente e amministratore delegato: «Attenzione a non costringere l’azienda in un perimetro troppo egoistico»

“Custode dei valori per la continuità e prosperità dell’impresa”: è questa la definizione del ruolo che dovrebbe ritagliarsi la proprietà dell’azienda secondo Aram Manoukian, Presidente e Amministratore delegato, ai vertici della comasca Lechler che, con un team di manager, rappresenta la Governance della società.

Cosa intende dire con questa definizione?

È fondamentale e strategico avere visione, investire risorse, coinvolgere persone, con le loro conoscenze, per assicurare un futuro all’impresa: domandarsi come dobbiamo “Essere per Fare” delle cose che abbiano senso per lo sviluppo e la continuità dell’impresa. Le competenze per la gestione organizzativa più efficace per un’azienda si possono e si devono cercare anche fuori dal perimetro della famiglia proprietaria. Ed è tanto più imperativo quanto più aumenta la complessità interna ed esterna.

Non ritiene che una governance di tipo familiare sia la soluzione naturale in una Pmi familiare?

Spesso si sente dire “un’impresa è come una famiglia”, ma non si deve confondere l’impresa con la famiglia: sono due ambiti distinti. Due realtà che hanno aspetti e prospettive profondamente diversi. Coniugare insieme queste due entità in maniera opportuna è molto importante. Trasmettere all’interno di un ambito d’impresa i valori originari di una famiglia credo sia estremamente efficace. Confonderli eccessivamente può portare anche a gravi danni. Il panorama delle imprese del territorio italiano è caratterizzato dalle pmi e dalla polverizzazione dell’iniziativa di impresa. In alcune aree la percentuale delle piccole e microimprese sotto i dieci dipendenti sfiora il 90%, spesso il tutto si risolve in una dimensione familiare.

Nella cultura italiana, la famiglia ha una storia e un valore che sono diversi rispetto a ciò che accade in altre parti del mondo. Questa piccola società che chiamiamo “famiglia” genera anche intraprendenza, che però spesso si trincera intorno al solo nucleo familiare.

Trasmettere i valori della famiglia dentro l’impresa è un aspetto positivo, ma bisogna fare attenzione a non costringerla in un perimetro eccessivamente egoistico. La famiglia è generatrice di valore, ma questo valore deve moltiplicarsi e procurare un vantaggio esteso per molti: questa è stata la mia scelta.

Oggi Lechler conta 600 collaboratori tra il quartier generale di via Cecilio a Como, dove operano 300 persone, un terzo impiegate nei laboratori, gli stabilimenti di Foligno e Seregno e quello di Paraì nel sud del Brasile, oltre alle sedi commerciali in Spagna, Germania, Francia e UK. Come si è evoluta la realtà di Lechler?

È cresciuta nel tempo la complessità geopolitica, quella culturale, la complessità dei business, dei regolamenti. Ci sono costanti aggiornamenti normativi per la sicurezza, per gli aspetti fiscali, amministrativi, per l’etichettatura dei prodotti. Si tratta di materie specialistiche che non possono essere gestite da un’unica persona. Lo stesso vale per i mercati. Operiamo in 50 paesi, l’impresa è indirizzata verso i 200 milioni di fatturate e più del 70% è realizzato all’estero. I dipendenti sono 600 ma il network che ruota attorno all’azienda coinvolge una ampia community. Per tutte queste ragioni è indispensabile dotarsi di una struttura organizzativa altrettanto articolata, che possa fronteggiare le complessità che si presentano, con responsabilità, deleghe ed obiettivi comuni e personali chiari e in continuo aggiornamento.

Come è organizzata la struttura di comando al vertice dell’azienda?

Il comitato operativo dei direttori è il cuore della governance dell’azienda e di questo gruppo, tre persone rispondono a un Comitato di Direzione generale: in questo luogo apicale si discutono e si individuano i driver strategici di sviluppo.

Ogni tre anni, il comitato dei direttori condivide i macro obiettivi che poi annualmente vengono declinati negli obiettivi di plan, per una pianificazione puntuale. Tali obiettivi vengono assegnati ai diversi gruppi di lavoro in base alle rispettive competenze.

Quale relazione ci può essere tra governance e performance aziendali ai vari livelli?

Da questo modello organizzativo, iniziato vent’anni fa e continuamente perfezionato, che coinvolge moltissimo tutta la community, si genera il vero motore motivazionale che io chiamo: “spirito d’impresa”. Questo “spirito d’impresa” dipende in maniera decisiva dalla qualità delle persone e dalle relazioni all’interno dell’ambiente di lavoro. Creare un clima di fiducia, condividere e riconoscere reciproche conoscenze, facilitare l’intraprendenza e le abilità a prendere iniziative sono tutti elementi importanti che concorrono alla ricerca di soluzioni migliori possibili, a ogni livello dell’impresa, in un contesto di dati di realtà oggettivi. Per questo bisogna avere persone competenti, all’altezza degli obiettivi, ma anche con attitudini a lavorare su obiettivi comuni.

Quanto è rilevante il capitale umano e come è possibile far crescere l’attrattività dell’azienda?

Le organizzazioni che hanno a cuore il futuro delle imprese sono quelle che sapranno favorire l’apprendimento dei collaboratori, investendo sulle loro competenze, non considerandoli solo esecutori, ma resi consapevoli che la loro crescita umana, professionale e relazionale costituisce la ricchezza primaria dell’organizzazione. In questo modo rispondono anche alle crescenti esigenze dei giovani che hanno un approccio al lavoro più collaborativo e sono alla ricerca di un significato del loro fare che supera la remunerazione economica.

Per questo una struttura puramente gerarchica non può più funzionare, senza che ci sia un forte interscambio tra i livelli, in un modello interfunzionale, a matrice.

In questo nuovo contesto sociale “le imprese intelligenti mirano a creare nuove forme di coordinamento basate sul decentramento del potere decisionale e la promozione della cooperazione. L’aumento diffuso ed equilibrato del micropotere fa lievitare la qualità totale del potere di un’organizzazione” scrive Mauro Magatti, docente di sociologia, nell’introduzione al libro “Lechler, the culture of colors. Una prospettiva sostenibile e la responsabilità sociale”.

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