Lake Como, il brand evolve: «serve una cabina di regia»

Intervista La General Manager del Gruppo Lariohotels, Cristina Zucchi, riflette sulle prospettive di sviluppo dell’hotellerie

Premiata come ambasciatrice del Lago di Como, Cristina Zucchi, General Manager Lariohotels, è figlia d’arte. Da sempre nel mondo dell’ospitalità, ha un punto di vista privilegiato per leggere il fenomeno di un marchio diventato nel tempo sempre più prestigioso.

A cosa si deve il recente riconoscimento di “ambasciatore” del marchio “Lago di Como - Un mondo unico al mondo”?

Sono da sempre legata al nostro lago. Originaria di Argegno, dal lago non mi sono più allontanata, nonostante sia consueto, nella mia professione, cambiare spesso hotel e quindi località e Paese.

Non nel mio caso. Ho seguito sempre il gruppo Lariohotels nella sua evoluzione e, viaggiando per il mondo nel presentare la nostra ospitalità, ho naturalmente anche raccontato la destinazione e l’ho fatto con la passione e la conoscenza di chi al lago appartiene da sempre. Immagino che questa autentica vicinanza sia stata trasmessa nel tempo e per questo la Camera di commercio di Como – Lecco, con il supporto della Regione Lombardia, abbia pensato di includermi quest’anno tra gli ambasciatori del marchio “Lago di Como - Un mondo unico al mondo”, istituito più di dieci anni fa proprio dalla Camera di Commercio con la Provincia di Como.

Come ha imparato la professione?

I miei genitori avevano un piccolo albergo sul lago ed è lì che è nata la mia passione. Ho trascorso i miei primi dieci anni di vita in un albergo, quindi credo di avere le caratteristiche per svolgere questo lavoro nel Dna. Sono cresciuta tra clienti e dipendenti e successivamente non ho mai avuto dubbi su quale professione intraprendere.

Il mio percorso è iniziato con l’apertura di un albergo nel 1987 a Como, dove ho lavorato per sette anni. Nel 1994 si inaugurò l’albergo Terminus, di proprietà della famiglia Passera. Ho fatto domanda di assunzione perché cercavo un ruolo in un contesto significativo e l’apertura di un importante albergo a quattro stelle all’epoca è stato un evento. Sono stata assunta come capo ricevimento del Terminus direttamente da Antonello Passera che allora si occupava delle strutture della famiglia e con cui ho avuto l’onore, il piacere e la fortuna di lavorare fianco a fianco per vent’anni. È stato maestro, mentore e amico, la persona che mi ha insegnato tutto. Da lì, proseguendo con la carriera, sono cresciuta insieme all’azienda.

Una posizione che è anche un ponte per il mondo, come promotrice del lago?

Sì, da più di trent’anni promuovo il lago di Como nel mondo. In qualità di direttore di Lario Hotels faccio quattro, cinque, fino a sei viaggi all’anno per promuovere la nostra destinazione soprattutto nelle fiere di settore negli Stati Uniti, ma anche in Cina e negli Emirati Arabi. Attraverso seminari e incontri One to One con le agenzie di viaggio racconto le nostre strutture e, di conseguenza, il lago di Como.

A differenza di tanti miei colleghi, che spesso cambiano lavoro ogni cinque anni, io sono rimasta. Ho un forte legame con il lago di Como e ho trovato un’azienda che ha creduto in me e alla quale ho restituito in termini di reciprocità e fiducia. Ora, con l’estendersi della catena Vista Hotels, promuoverà anche altre località.

Il Gruppo sta evolvendo con il marchio Vista, nato a Como con la precisa scelta di portare l’ospitalità di alta qualità nelle medie città d’arte italiane, con quali risultati?

Oltre agli hotel del Gruppo, si sta sviluppando il marchio Vista. Ho quindi accompagnato la crescita del nuovo brand prima con l’apertura del Vista Como nel 2018, poi del Vista Verona nel 2022 e ora ci apprestiamo all’avvio di Vista Ostuni all’inizio di questa estate.

Tornando al lago, nel corso della sua carriera ha visto crescere l’apprezzamento del marchio Lago di Como: è una affermazione solida e destinata a durare o potrebbe essere una moda effimera legata ai social?

Credo che la notorietà del nostro lago sia solida e non è così recente, anche se solo negli ultimi anni è cresciuta in modo esponenziale. Ma ricordo che il lago di Como è visto come un lago esclusivo rispetto ad altri da sempre. Il mio primo viaggio negli Stati Uniti risale a 31 anni fa e già allora il marchio di Como era molto noto ed era un punto di riferimento per gli stranieri rispetto al territorio.

Nel tempo poi ho vissuto la sua trasformazione. Negli anni Ottanta e Novanta si chiudevano gli alberghi nel mese di agosto, all’epoca considerato di bassa stagione. Oggi abbiamo occupazioni molto interessanti anche tra novembre e marzo. Non credo che si dissolverà questa tendenza e l’interesse per Como, ma è necessario sostenere l’attrattività che stiamo conoscendo con un lavoro costante.

Come?

Serve un buon governo del turismo perché ci sia equilibrio tra sviluppo e conservazione del nostro patrimonio naturale e culturale. Dobbiamo essere sempre più bravi nel gestire correttamente la pressione dei flussi turistici sul nostro ambiente, così da mantenere alta la qualità dell’esperienza di viaggio per i visitatori e naturalmente anche la qualità della vita dei residenti. Serve una cabina di regia che possa presidiare il fenomeno, perché continui a essere un volano economico per il territorio senza snaturarne le peculiarità che lo rendono unico.

Osserviamo che pochi grandi gruppi stanno investendo enormemente nel settore alberghiero, orientandosi verso la fascia alta e altissima, questo può essere positivo per il business dell’accoglienza o si rischia di perdere la fascia media, rappresentata dagli europei e dagli italiani?

Il nostro gruppo gestisce hotel di cinque stelle di lusso, ma anche ottimi quattro stelle. Penso ci sia spazio per tutti. Una buona governance è in grado di mantenere un equilibrio in questo settore.

Dobbiamo continuare a lavorare bene affinché i turisti non si stanchino di tornare e apprezzare ciò che offriamo.

Il reclutamento del personale è diventato sempre più complesso: come gestite la politica delle risorse umane e quali sono le difficoltà che affronta nel suo ruolo di dirigente?

Osserviamo che il problema del reperimento di personale è peggiorato notevolmente dopo la pandemia, gli anni più difficili sono stati quelli immediatamente successivi ai lockdown. Dopo un certo periodo, la situazione si è in parte riassestata. Per completare gli organici ci rivolgiamo anche a personale straniero. Abbiamo la prassi, da sempre, di formare le persone nelle strutture, con un accompagnamento puntuale. Si tratta di investire in molta formazione on the job. Per questo cerchiamo di trattenere nel tempo i nostri lavoratori più esperti, così che possano poi trasmettere competenze e passione per questo lavoro alle nuove persone.

Come vi rendete attrattivi per i più giovani?

È importante avere amore per questo lavoro in modo che questa attitudine si esprima e si comunichi alle giovani leve. Inoltre è indispensabile essere accoglienti e molto flessibili per attrarre e mantenere il personale. Per esempio, una volta i camerieri avevano il turno del pranzo, poi uscivano e tornavano per il turno della cena. Ora non ci sono più i turni spezzati ma si prediligono i turni unici. Siamo diventati molto più attenti al rispetto degli orari di lavoro e c’è molta precisione sul tempo del lavoro. Si tratta di un settore che naturalmente prevede dei sacrifici, ma se affrontato con passione mostra anche risultati importanti, di soddisfazione. Speriamo quindi di riuscire a coinvolgere i giovani, trasmettendo loro la positività e il valore di questo mestiere.

© Riproduzione riservata

© RIPRODUZIONE RISERVATA