Cambiamento climatico, grani antichi più resistenti agli choc termici

Imprese Pietro Castelli, titolare della “Castelli & Baietti” di Albiolo «Resa minore, alto adattamento. E anche sulle tecniche c’è da fare molto»

I grani antichi sono più forti, più capaci di adattarsi ai cambiamenti del clima, perché si sono rafforzati nel tempo. Può essere una delle strategie per mitigare le conseguenze del cambiamento in atto: ricorrere a piante con una storia genetica che ha “memoria” di periodi caldi e freddi e per questo capaci di maggiore resistenza. «Ma sono meno produttive delle piante selezionate per le produzioni estensive» avvisa Pietro Castelli, titolare dell’azienda Castelli & Baietti di Albiolo, pioniere nel ricorso a grani antichi per farine bio.

Perché ha scelto di coltivare varietà di grano rare e autoctone?

L’azienda familiare esiste da più di trent’anni e continua a operare nel settore del giardinaggio, della manutenzione dei giardini e del vivaismo. La parte agricola è sempre stata marginale, ma comunque presente. Dopo aver terminato gli studi in agraria alla Fondazione Minoprio per cinque anni e aver conseguito un diploma di tecnico superiore con specializzazione in agro alimentazione mi sono dedicato a questa parte dell’azienda. Ci siamo ampliati nell’area dedicata all’agricoltura recuperando diversi terreni che erano stati lasciati abbandonati, poiché alcuni contadini avevano smesso di lavorare e altri avevano intrapreso strade diverse. Mi dispiaceva vedere il territorio trascurato. Quindi ho recuperato questi campi, cercando di utilizzare varietà di grano comuni un tempo nella nostra zona. Ho fatto una ricerca e ho ritrovato alcune varietà di frumento che venivano storicamente coltivate nella nostra area, oltre alle varietà di segale. Ho introdotto varietà antiche di grano duro, che generalmente sono coltivate nel sud Italia nonostante il clima caldo, queste varietà si adattano molto bene anche da noi. Le varietà antiche, chiaramente, producono molto meno, ma sono più resistenti agli attuali sbalzi termici e a queste stagioni instabili.

Tra le varietà autoctone inserite, qual è esemplificativa di una storia locale?

Ho recuperato una varietà antica di mais che gli anziani del paese chiamano il Carlunin d’Albioo. Il nome è stato tramandato di generazione in generazione e da alcuni documenti si presume possa essere entrato nel paese di Albiolo intorno al 1700. Sono riuscito a risalire a queste informazioni perché un tempo la maggior parte dei terreni era di proprietà della Chiesa ed esistono ancora i registri degli affitti.

Le varietà antiche sono poi state incrociate per la produzione moderna, con quali risultati?

Con le varietà moderne viene spesso superata, trascurata la qualità organolettica, il sapore, rispetto alla produzione che è stata invece privilegiata in epoca recente. Le varietà antiche producono meno, ma a livello di sapore sono nettamente superiori. Una volta macinate e trasformate in farina o pasta dimostrano una maggiore qualità non solo in termini di profumi e sapori, ma anche a livello nutrizionale. Se poi vengono macinate a pietra piuttosto che industrialmente, conservano il germe, la crusca, vitamine e sali minerali. Al contrario le farine setacciate come la 00 sono molto impoverite, poiché molte parti vengono eliminate, producendo farine scarse di nutrienti.

Quali sono state le conseguenze dei repentini cambiamenti climatici di quest’anno?

Quest’anno abbiamo assistito a una primavera e a una parte dell’estate fredde e piovose e poi a un Ferragosto piuttosto caldo. È difficile gestire questa variabilità. Quest’anno, purtroppo, molte produzioni sono state compromesse in tutti i settori, dal fieno ai cereali come me, principalmente a causa dell’eccesso di acqua che ha portato a malattie fungine e ha favorito la proliferazione di insetti. L’inverno mite infatti ha fatto in modo che molti insetti non morissero e la fase di accrescimento del grano è spesso stata saltata. Infatti il frumento ha bisogno di freddo per crescere rigoglioso. Le semine primaverili, come quelle di mais e patate, sono state ritardate. Chi ha seminato presto ha dovuto affrontare campi allagati, mentre chi ha aspettato ha dovuto andare oltre la tempistica consueta di semina. Da noi, per esempio, si dice che si semina per Sant’Anna mentre a metà luglio avevo appena seminato perché prima i campi erano troppo bagnati. In alcune zone, il frumento ha prodotto molto meno e quella produzione è di scarsa qualità e probabilmente sarà utilizzata per l’alimentazione animale. Per il mais, non so ancora, poiché i raccolti non sono stati effettuati. Comunque, anche quest’anno la produzione, dopo l’anno scorso caratterizzato da una forte siccità, non è affatto migliore.

Come si prevede di gestire le coltivazioni in futuro?

È difficile fare previsioni. Stiamo vedendo stagioni completamente diverse, senza un trend chiaro: il caldo sta aumentando, la variabilità è elevata e ogni stagione è unica. Siamo passati da periodi di siccità grave a piena piovosità, con inverni miti e periodi di freddo intenso. È evidente che stiamo subendo un riscaldamento globale. Tuttavia, con il riscaldamento, abbiamo anche una maggiore piovosità. È davvero complesso fare previsioni a lungo termine. Certamente l’utilizzo di varietà più resistenti potrebbe essere una risposta; anche cambiare le pratiche di coltivazione, ricorrendo a rotazioni, lavorazioni meno profonde nel terreno o pratiche di minima lavorazione potrebbe aiutare a mantenere la capacità idrica del campo, riducendo i rischi di allagamento e migliorando la fertilità del suolo.

Una serie di attenzioni a cui si aggiunge quella di produrre grano bio, perché?

L’azienda coltiva tutto in modo biologico, senza l’utilizzo di concimi chimici, ma solo con concimi naturali. Utilizziamo il compost prodotto dal giardinaggio, tutti gli sfalci dell’erba e i residui delle potature. I materiali di risulta del lavoro del vivaio e cura giardini vengono triturati, macinati e trasformati in compost, che quindi viene riutilizzato. Così l’azienda opera in una economia circolare a 360 gradi.

Si è costruito un processo di filiera, qual è l’ultimo passaggio?

La parte di macinazione, per questo è stato installato un mulino a pietra. Abbiamo ristrutturato un nostro stabile e abbiamo inserito il mulino per produrre tutto in un’unica filiera, dal campo al prodotto finito, garantendo la massima tracciabilità e qualità del prodotto.

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