Fine dello smart working? «Ritornare al passato sarebbe un grave errore»

La svolta Il consulente Marco Frisoni e le scelte nelle piccole imprese: «Il lavoro da casa è uno degli strumenti per tenersi stretti i collaboratori»

Rimasto in vigore fino al 31 agosto, il regime di Smart working emergenziale è terminato e non sarà più possibile lavorare da casa in assenza di accordi aziendali o individuali: dal lo scorso primo settembre imprenditori, professionisti e lavoratori sono chiamati a decidere se abbandonare o continuare con l’home office. Si prospetta un ritorno al passato o continuerà il format organizzativo avviato nel biennio della pandemia? Cosa è lecito aspettarsi in particolare nelle realtà più piccole?

L’indicazione

«Come consulenti del lavoro suggeriamo un approccio ben ragionato, non di pancia, ma di prospettiva - spiega Marco Frisoni - sappiamo che può essere difficoltoso e scoraggiante fare impresa oggi; gli imprenditori stanno vivendo un’emergenza dopo l’altra, dalla pandemia, alla carenza delle materie prime e del personale, alla crisi energetica e agli adempimenti burocratici ossessivi, ma nell’ottica di una strategia di fidelizzazione e consolidamento delle risorse lavorative più valide e in un momento in cui si fa fatica a reperire nuovi lavoratori ed è difficile riconoscere elementi retributivi aggiuntivi a causa di un costo del lavoro insostenibile, si deve intervenire con altri strumenti e il lavoro agile va in questa direzione».

«A monte c’è però a mio avviso un’improvvida visione dell’operatività pratica - sottolinea Frisoni - collocare al 31 agosto la scadenza del periodo emergenziale quando questo era stato differito per lunghissimo tempo è stata una scelta quantomeno bizzarra».

Abbandonata la normativa emergenziale, secondo la quale il lavoro agile poteva essere deciso unilateralmente dal datore di lavoro senza necessità di un accordo consensuale, si rientra nella disciplina originale della Legge 81/2017.

Principale differenza è l’accordo da sottoscrivere fra lavoratore e datore di lavoro che va a stabilire le regole di ingaggio: quanti giorni alla settimana o al mese, da dove e con che strumenti lavorare, quali forme di rimborso o di formazione sono previste.

«Pur con mille difficoltà ci si sta muovendo. La prima impressione è che tutto sommato non ci saranno grandi sconvolgimenti rispetto all’utilizzo dello smart working perché è un treno in corsa dal quale non si può e non si deve scendere - dice il consulente del lavoro - è opportuno ricordare inoltre che le comunicazioni al Ministero del Lavoro relative all’utilizzo del lavoro da remoto sono state posticipate al 1 novembre 2022, questo da un po’ di fiato ai datori di lavoro che avranno più tempo per stilare gli accordi. Certo, questo ritorno alla normativa precedente con tutte le criticità che la legge 81 presenta e con aspetti che sono sicuramente da rivedere, potrebbe scoraggiare gli imprenditori e mettere un freno al lavoro agile; si dovrà rivisitare tutta la documentazione aziendale in materia di sicurezza sul lavoro, privacy, formazione; i modelli 231 per esempio sono da aggiornare. Auspico una riformulazione di alcuni aspetti della legge con interventi sempre più regolatori della contrattazione collettiva da parte delle parti sociali che vadano a colmare lacune normative del tutto evidenti. Spero però che nel tempo questo favorirà nelle aziende strutturate una diffusione sempre maggiore di accordi sindacali che vadano a regolamentare la materia».

Breve e e lungo periodo

Per un datore di lavoro con in forza risorse che dal 2020 hanno sperimentato il lavoro da remoto, revocare lo smart working vorrebbe dire esporsi al rischio che i dipendenti si mettano alla ricerca di lavoro altrove.

«Una realtà datoriale che dall’oggi al domani rimoduli in senso restrittivo l’utilizzo dello smart working si mette in una posizione perdente sul medio lungo periodo perché, probabilmente, alcune delle sue risorse valuteranno altre soluzioni - conferma Frisoni - il poter trovare personale valido con professionalità alte presuppone che il datore di lavoro oltre all’offerta economica metta in campo un sistema di benefit che non siano solo le forme tradizionali di welfare, ma che riguardino la possibilità di lavoro da remoto così da migliorare la conciliazione tempi di lavoro e tempi di vita, evitando in molti casi il disagio economico dato dall’aumento del costo del carburante e dei mezzi pubblici.

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