Imprese e Lavoro / Como città
Lunedì 31 Ottobre 2022
«Italia appesa a un filo. Il periodo a rischio è la coda dell’inverno»
L’intervista Dario Fabbri, analista geopolitco e direttore della rivista Domino: «Il mese più critico per il gas potrebbe essere «Il ese più critico per il gas potrebbe essere marzo»
La situazione di grande incertezza e confusione in cui ci troviamo a livello geopolitico non rappresenta certo il contesto migliore per lo sviluppo delle nostre imprese e per tentare di consolidare la ripresa avviata dopo la pandemia. Dario Fabbri, uno dei più importanti analisti geopolitici italiani, giornalista e direttore di Domino, rivista mensile di geopolitica, e recente relatore all’assemblea generale di Confartigianato Como, prova a fornire una chiave di lettura del momento che viviamo anche per stabilire cosa si prospetta nei prossimi mesi e quanto sia reale il rischio di blackout energetico.
Le imprese italiane stanno soffrendo pesantemente per i costi dell’energia. Quale è l’origine di questa situazione?
L’incremento dei prezzi era iniziato già prima dello scoppio della guerra in Ucraina, anche perché le filiere dell’approvvigionamento e del trasporto si erano affaticate pesantemente nel corso dei mesi peggiori della pandemia. I costi energetici sono aumentati ulteriormente a causa del conflitto, sia perché la Russia era il nostro principale fornitore ed è intervenuta con una riduzione della vendita di gas, sia perché il contesto bellico ha provocato un fisiologico aumento dei prezzi.
In questo momento, tuttavia, la corsa dei prezzi sembra essersi arrestata. È davvero così?
Gli effetti del quadro che ho delineato sono certamente presenti anche adesso, ma in questo momento ci troviamo in una situazione particolare: le temperature sono ancora elevate anche se siamo ormai a novembre e inoltre i consumi sono calati. La paura della bolletta, infatti, ha generato un’automatica diminuzione del consumo: penso che tutti noi possiamo affermare di prestare oggi un’attenzione maggiore rispetto a quella di qualche mese fa. In ogni caso, l’Unione europea importa ancora dalla Russia il 9% delle materie prime energetiche consumate: se ci fosse un’interruzione completa delle forniture, potremmo trovarci davvero in difficoltà.
Ritiene che questo scenario possa concretizzarsi nel corso dell’imminente inverno?
Credo che la Russia si tenga questa opzione per la fine dell’inverno. Se i prossimi mesi dovessero essere rigidi, le riserve che abbiamo si esaurirebbero e marzo, ad esempio, potrebbe essere un mese molto difficile. Come faremmo a sostituire il 9% del fabbisogno di gas?
Per tentare di individuare soluzioni in questa situazione complessa, l’Unione europea si sta muovendo adeguatamente?
Bruxelles ha provato a fare ciò che può, ma non è uno Stato, anche se a volte si atteggia come tale. In realtà, questa situazione ha messo a nudo ancora una volta la fragilità dell’Unione. Diventa difficile ragionare ed agire in modo unitario se il più grande paese dell’Ue, ossia la Germania, decide di muoversi da solo e mette a disposizione delle aziende tedesche 200 miliardi per proteggerle dall’incremento dei costi dell’energia. Nasce da questa situazione il tempestivo incontro tra il presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, appena insediata, ed il presidente francese Emmanuel Macron. In passato, infatti, i rapporti tra Meloni e la Francia non sono stati idilliaci: questo appuntamento è stato fortemente voluto dal presidente della Repubblica Mattarella per provare a costruire un fronte comune che si confronti con una Germania che tende a muoversi da sola. I tedeschi peraltro devono stare attenti e non possono pensare solo a se stessi. Le piccole e medie imprese del centro-nord Italia, infatti, producono principalmente componentistica per le industrie tedesche. È quindi chiaro che, se le nostre aziende dovessero chiudere a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia, anche la Germania subirebbe gravi conseguenze.
Quindi in questa crisi l’Unione europea ha manifestato nuovamente la propria debolezza.
Diciamo che, davanti a questioni di vita o di morte, i paesi dell’Unione tendono a muoversi da soli. Del resto, se proviamo a guardare alla guerra in corso, vediamo posizioni molto diversificate. I paesi dell’Europa centro-orientale, ad eccezione dell’Ungheria, ed il Regno Unito, che non fa parte dell’Ue ma ha avuto certamente un ruolo rilevante in questo conflitto, ritengono definitivamente compromesso il rapporto con Mosca e non vogliono un futuro in cui si riprendano normali relazioni diplomatiche ed economiche, se non con una Russia molto più debole dell’attuale. I paesi occidentali, come la Spagna, il Portogallo ma anche l’Irlanda non hanno una visione della Russia né un particolare interesse ad avere relazioni. E poi ci sono l’Italia, la Francia e la Germania che sono invece accomunate dalla necessità di avere un rapporto con la Russia e di riprendere le relazioni. Con questa frammentazione, come è possibile avere una linea comune?
Quale ruolo può avere l’Italia in questo quadro così complesso?
Non penso che possa avere un ruolo di primo piano, anche perché è considerata troppo filorussa dagli americani e quindi c’è sempre un sospetto nei nostri confronti che limita l’azione sullo scenario internazionale. Certamente era sbagliato avere una forte dipendenza dalla Russia per quanto riguarda il gas ed ora il nostro paese sta provando a proporsi come un hub del gas proveniente dal sud del mondo anche in favore della Germania. Ecco perché l’Italia sta cercando nuove fonti in Angola, Algeria, Qatar, Azerbaigian. Si è parlato anche di un progetto per la realizzazione di un gasdotto che dall’Iran potrebbe arrivare fino in Europa. Ma ci vorrebbero anni e, inoltre, sarebbe necessaria un’apertura degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran: uno scenario attualmente non concreto. In ogni caso, si tratta di progetti complessi, che richiederanno molto tempo per l’effettiva realizzazione. Inoltre, è certamente impossibile sostituire nell’immediato il gas russo, se non a fronte di un deciso ed ulteriore aumento dei prezzi. Infine, anche la Turchia si sta proponendo come nuovo hub. E Ankara, come sempre, sta giocando su tavoli differenti per tentare di ottenere il massimo dalla situazione in cui ci troviamo. Credo quindi che l’Italia resterà aggrappata al divenire e difficilmente giocherà un ruolo da protagonista.
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