«Oltre l’80% del legname viene importato dall’estero. Usiamo i boschi italiani»

Foreste Alessandra Stefani, presidente del Cluster Italia foresta legno. «Gestire le risorse forestali non significa impoverirle; è vero il contrario»

L’Italia importa dall’estero più dell’80% del legname necessario per l’industria del mobile, della carta e del riscaldamento. Si sta lavorando per ottenere legname a km zero dalle nostre foreste, stimato fino al 50% del fabbisogno, ma serve tempo, organizzazione e professionalità secondo Alessandra Stefani, di recente nominata presidente del Cluster nazionale Italia foresta legno.

C’è la concreta possibilità di rendersi parzialmente autonomi per la materia prima legno?

Non vi è dubbio che l’Italia possieda risorse forestali sostenibili e che possiamo utilizzare senza compromettere il nostro patrimonio ambientale. L’Italia vanta una lunga tradizione di gestione forestale sostenibile, a differenza dei Paesi da cui invece importiamo legname, dove spesso si praticano tagli a raso, vietati dalla legge italiana fin dal 2001. In precedenza, le leggi regionali avevano già imposto divieti sul taglio a raso. Inoltre in Italia è prassi piantare nuove piantine. Pertanto, in Italia, i boschi sono considerati naturali o seminaturali, come quelli presenti, ad esempio, nella provincia di Como. In generale, in Lombardia, i boschi sono considerati semi-naturali. Quando vengono gestite secondo le regole, le nostre foreste riescono a ricrescere dalle radici delle piante tagliate. Questo metodo del bosco ceduo che si taglia periodicamente, lasciando i ceppi da cui si origineranno nuove piante, può essere applicato solo alle latifoglie e non alle conifere. Tra le specie che possiamo utilizzare ci sono castagni, roverella e carpini, che sono tipici di territori comaschi e che vengono regolarmente sottoposti a questa pratica.

Si possono quindi tagliare i boschi, ma quanto si è lontani da un processo industriale per la fornitura di materia prima?

In Italia esiste una legge che regola il taglio delle foreste da oltre 100 anni, successivamente aggiornata dalle leggi regionali a partire dal 1970, anno in cui le regioni hanno acquisito competenze specifiche in materia. Questa normativa stabilisce le tempistiche di intervento per permettere al bosco di rigenerarsi e i criteri riguardanti il materiale da lasciare, come il numero di piante, ceppaie e matricine, che sono le madri del nuovo bosco. Sebbene la capacità di seguire questi principi e di applicare correttamente le regole stia diminuendo, ci sono ancora persone esperte in questo settore, anche se il loro numero è in calo. Mancano soprattutto le persone con le competenze adatte per occuparsi dei boschi e del legname, anche se negli ultimi anni stiamo notando un ritorno dei giovani in questo campo.

Come si diventa addetti al patrimonio forestale?

Le aziende boschive in Lombardia si sono unite in un’associazione, a livello nazionale, con l’obiettivo di formare i giovani operatori forestali. Questo lavoro è particolarmente delicato e richiede competenze specifiche, nonché la consapevolezza delle misure di sicurezza data la sua pericolosità.

È fondamentale riconoscere e incoraggiare questa professionalità e infatti, a breve, verrà pubblicato un decreto del Ministero del Made in Italy per finanziare l’aggiornamento tecnologico delle imprese boschive, premiando quelle che incorporano un buon numero di giovani formati nel settore. La rinascita dell’imprenditoria forestale è un obiettivo importante, sempre rispettando le normative vigenti.

Il timore è di impoverire il patrimonio naturale del territorio: qual è l’impatto dello sfruttamento dei boschi per il legname?

Gestire le risorse forestali non significa impoverirle; al contrario, farlo con consapevolezza può portare a un miglioramento del bosco. Da sempre, i nostri boschi sono stati utilizzati per la raccolta di legname, quindi la loro gestione è parte della tradizione. È cruciale costruire una filiera ben strutturata e infatti il prossimo passo consiste nel rinnovare la cornice normativa. I Carabinieri Forestali sono pronti a sanzionare comportamenti dannosi, tuttavia le statistiche indicano che gran parte delle loro attività si concentra su reati legati a rifiuti e scariche abusive, piuttosto che su irregolarità legate ai tagli forestali, che risultano essere minime.

Infatti, chi lavora con il bosco tende a rispettare le regole, che sono entrate ormai nella consuetudine da oltre un secolo: per esempio ci sono periodi di fermo in cui il taglio è vietato per tutelare la fauna. È fondamentale che i cittadini siano consapevoli dell’esistenza di tali normative, anche se non è necessario che ne conoscano i dettagli, ma è importante che sappiano che ci sono regole per la gestione del territorio, soprattutto considerando che l’uso del legno deve avvenire in modo sostenibile, per evitare impatti negativi in altre aree, come nei paesi dell’Est Europa, in Myanmar, in Africa o in Brasile, dove le problematiche ambientali sono ben più gravi.

Anche immaginando di poter utilizzare il legno da foreste italiane, quale percentuale potremmo utilizzare, considerando il nostro attuale consumo?

Potremmo arrivare a ridurre le importazioni del 50%, ma raggiungere questa soglia richiede un sistema strutturato e quindi una pianificazione forestale ben definita che le regioni, su impulso del Ministero che ha messo a disposizione numerosi fondi, stanno già perseguendo. Attraverso questa pianificazione, analizziamo ciò che realmente abbiamo nei boschi e ne identifichiamo le vocazioni prioritarie, che possono riguardare la biodiversità, il turismo o la produzione legnosa. Sulla base di questi dati, si progetta un piano per il periodo di almeno 10 anni, stabilendo quando e dove è possibile tagliare il legname, e dove, invece, è necessario preservare il bosco per favorire una crescita maggiore, anche se la legge lo consentirebbe. Ciò è particolarmente importante per le aree colpite da incendi o da interventi di taglio poco curati, che necessitano di periodi di riposo. Oltre, naturalmente, la necessità di lasciare crescere quelle piante che richiedono più tempo.

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