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Lunedì 18 Luglio 2022
La rivoluzione dell’idrogeno? «Si può fare in tempi brevi»
Intervista Peter Werth, Ceo di Wolftank Hydrogen, analizza i grandi cambiamenti che ci aspettano sul fronte dell’energia: «Riscaldamento globale e crisi del gas ci spingono ad agire subito. Tecnologia pronta, servono infrastrutture»
La questione energetica è sempre più al centro del dibattito mondiale, a causa di un incrocio di cause differenti che stanno alzando il livello di allerta. Il taglio delle forniture del gas dalla Russia, quale conseguenza del conflitto bellico in corso, la lotta al cambiamento climatico causato dalle emissioni di gas serra, che ogni giorno diventa più urgente come testimoniano gli eventi estremi di questa estate italiana, la progressiva decarbonizzazione dei sistemi energetici e il forte aumento del costo dei combustibili fossili hanno messo il mercato di fronte ad una situazione di indeterminazione e volatilità senza precedenti.
Secondo Peter Werth, chief executive officer di Wolftank Hydrogen, azienda austriaca con partecipate italiane e parte del gruppo Wolftank Adisa che offre soluzioni tecnologiche per la fornitura e lo stoccaggio di idrogeno verde, proprio questo contesto porterà ad un ulteriore incremento della domanda di idrogeno.
Perché l’idrogeno rappresenterebbe una soluzione ai problemi che stiamo vivendo?
“Stiamo attraversando una gravissima fase di riscaldamento globale, con effetti che sono sotto gli occhi di tutti e, per rispettare l’Accordo di Parigi sul clima, dobbiamo ridurre progressivamente le emissioni di anidride carbonica. Inoltre, ci sono gravi problemi sul fronte dell’approvvigionamento energetico. Per questi motivi, soprattutto sul fronte della mobilità, occorre muoversi verso l’idrogeno”.
Non è l’auto elettrica la soluzione per arrivare ad un azzeramento delle emissioni legate alla mobilità?
“In primo luogo, occorre tenere presente che anche la produzione di batterie elettriche ha un costo in termini di emissioni di anidride carbonica. Inoltre, dobbiamo dire con chiarezza che anche l’auto ad idrogeno è di fatto un’auto elettrica, con una batteria più piccola e ricaricata con energia verde. Nei mesi scorsi è stato detto erroneamente che l’Unione europea ha messo al bando, dal 2035, i motori a combustione: in realtà sono le emissioni nocive ad essere nel mirino della decisione europea, perché un motore a combustione, ma alimentato ad idrogeno, va bene e rispetta i parametri. È stato quindi un errore demonizzare il motore a combustione, che invece può essere mantenuto se non ci sono emissioni nocive. In questo modo si salvano anche imprese e posti di lavoro legati alla filiera dell’automotive”.
A suo parere stiamo quindi entrando nell’era dell’idrogeno?
“Sì, ci sono diverse motivazioni che spingono questa inevitabile rivoluzione: la necessità di avere una fonte energetica rinnovabile, a zero emissioni di anidride carbonica e facile da trasportare, immagazzinare e distribuire in tutta Italia, dalle grandi città fino ai piccoli comuni di provincia. È arrivato davvero il momento di avere coraggio e di investire sull’idrogeno”.
Cosa frena, in questo momento, la diffusione dell’idrogeno nell’ambito della mobilità?
“La tecnologia è già presente, perché numerosi attori del mercato dell’automotive hanno sviluppato modelli di auto ad idrogeno. Il vero problema è dato dalla mancanza di infrastrutture dedicate. Secondo il Piano nazionale di sviluppo – mobilità idrogeno Italia, elaborato dall’Associazione italiana idrogeno e celle a combustione, entro il 2025 si prevedono in circolazione 27mila autovetture alimentate a idrogeno (circa lo 0,1% del parco macchine italiane), per poi arrivare a quasi 300mila nel 2030 e 8,5 milioni nel 2050. Per sostenere questa domanda, a cui si aggiungono 1.110 autobus e circa 2mila automezzi pesanti, sarà necessario realizzare entro il 2025 ben 197 stazioni di servizio che forniranno oltre 9.200 tonnellate di idrogeno l’anno. Attualmente, in tutta Italia, sono presenti sei stazioni di rifornimento di idrogeno che stimiamo possano fornire circa 300 tonnellate all’anno. Visti questi numeri, stiamo parlando di una crescita del 3.000% già entro il 2025: è una transizione inevitabile verso una fonte di energia praticamente inesauribile, che produce solo acqua quando viene bruciata e che può essere prodotta in diversi modi. Per tutto questo l’idrogeno è destinato a cambiare per sempre lo scenario energetico nazionale, coinvolgendo istituzioni, aziende e cittadini”.
Il governo italiano si sta muovendo bene per la promozione di questa tecnologia?
“Per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, le tecnologie prive di emissioni sono fondamentali. Ma i governi non possono limitarsi ad incentivare gli acquisti di veicoli che non emettono polveri nocive. Occorre anche mettere l’automobilista nelle condizioni di alimentare in modo semplice ed efficace la propria auto. Purtroppo ogni paese europeo si muove autonomamente su questo tema ed in Italia è presente una legislazione molto severa per realizzare le stazioni di rifornimento di idrogeno. Adesso sarebbe invece fondamentale sostenere la domanda del mercato con una visione a lungo termine, un’infrastruttura adeguata, una legislazione unitaria per tutta l’Unione Europea ed una catena di approvvigionamento che preveda trasporto e stoccaggio proporzionati alle stime di fornitura previste per i prossimi trent’anni. Inoltre, servono investimenti tecnologici che permettano di ridurre i costi, consentendo economie di scala in fase di produzione: producendo idrogeno massivamente si abbasserà il prezzo a beneficio di tutta la filiera”.
Oltre che sul fronte della mobilità, l’idrogeno potrà rappresentare una chiave vincente anche a livello industriale e per il riscaldamento delle case?
“Certamente: sono già presenti soluzioni tecnologiche per l’industria e per il riscaldamento. Il governo ha posto come obiettivo una percentuale dell’idrogeno negli usi finali dell’energia del 2% entro il 2030 e intorno al 20-23% entro il 2050: se fossero rispettate queste stime, l’Italia riuscirebbe a ridurre le emissioni di 97,5 milioni di tonnellate di CO2, corrispondente ad una riduzione di circa il 28% rispetto alle emissioni climalteranti del 2018. Inoltre, il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha individuato fondi complessivi per 3,19 miliardi di euro per i progetti dedicati all’idrogeno, come riconversione delle imprese, produzione, trasporto e stoccaggio: recentemente sono stati pubblicati due bandi che prevedono 30 milioni di euro per progetti di ricerca sviluppati dalle imprese e 20 milioni per progetti di organismi di ricerca pubblici, ossia enti ed università. In Italia, infine, alcuni big player si stanno già muovendo con alcuni progetti innovativi: Tim, ad esempio, alimenterà le centrali telefoniche della città di Trento ad idrogeno; Snam sta lavorando ad un’infrastruttura che possa garantire il rifornimento di idrogeno per automobili, bus e camion lungo l’autostrada del Brennero; a Bolzano è invece operativa la prima flotta di 12 autobus a idrogeno utilizzati per il trasporto pubblico urbano”.
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