Imprese e Lavoro / Erba
Lunedì 29 Agosto 2022
Le ombre del caro energia: piccole imprese a rischio
Intervista Stefano Binda, segretario di Cna Lombardia, analizza una ripresa dell’attività produttiva all’insegna dell’incertezza. «L’anno finirà bene ma cala la fiducia e frenerà la crescita. Sul gas la svolta decisiva può essere solo europea»
Da un lato lo slancio che viene da due trimestri positivi, dall’altro la “spada di Damocle” dell’inflazione e le incertezze legate al conflitto bellico in corso in Ucraina e alle conseguenze geopolitiche ed economiche.
Secondo Stefano Binda, segretario della Cna della Lombardia, originario di Albavilla, la situazione in cui ci troviamo non consente previsioni dettagliate sui prossimi mesi.
Quali segnali arrivano dalle imprese vostre associate?
La prima parte dell’anno è stata molto positiva, soprattutto il secondo trimestre per le imprese artigiane. Ora però gli imprenditori devono fare i conti con un incremento dei prezzi che mette in difficoltà soprattutto le imprese più piccole, caratterizzate da una struttura finanziaria fragile. In questo mese di agosto, secondo i dati che abbiamo, le persone stanno spendendo molto. Tuttavia, l’inflazione all’8% e la svalutazione dell’euro rispetto al dollaro potrebbero portare presto all’esaurimento delle quote di risparmio accantonate negli anni del Covid.
Il rischio è che si fermino improvvisamente i consumi di beni e servizi non essenziali. Le aziende più grandi hanno spesso una quota rilevante di export e, inoltre, fiutando la dinamica del rialzo dei prezzi, sono riuscite ad approvvigionarsi delle materie prime prima dell’incremento dei costi. Per questo sono le piccole e piccolissime imprese a rischiare di più in questa fase.
Quali interventi sarebbero necessari sul fronte energetico per cercare di invertire la rotta?
Indubbiamente i prezzi attuali sono dovuti anche a speculazioni finanziarie che non sono facilmente manovrabili. Tuttavia riteniamo necessario intervenire prima di tutto sul prezzo del gas. Serve un impegno da parte della politica nazionale, ma risulta in realtà sempre più indispensabile un provvedimento europeo che, in questo momento, avrebbe una portata storica simile a quella del Pnrr. Penso, in particolare, ad un Recovery plan dedicato all’energia che parta da un contenimento della dinamica dei costi per arrivare a sostenere una transizione ecologica fondamentale, ma su cui occorre non irrigidirsi.
Cosa intende?
Vedo un grave rischio in questa partita, quello del dogmatismo tecnologico: non possiamo pensare di raggiungere tutti i risultati di sostenibilità puntando esclusivamente sull’elettrico. Per il nostro automotive questo è un problema serissimo. Occorre valutare con attenzione tutte le tecnologie disponibili e poi effettuare una scelta ragionata.
In definitiva siete preoccupati per l’autunno?
Crediamo che il 2022 sarà chiuso complessivamente bene, ma certo siamo molto lontani dall’euforia che si respirava qualche mese fa. Pensiamo che ci sarà un calo della fiducia e della crescita dovuti alle cause di cui abbiamo parlato. Quando produrre costa troppo, anche se ci sono ordini, le aziende rallentano e si rischia una reazione a catena. La nostra previsione è all’insegna della preoccupazione, nella speranza che ci sia un cambiamento soprattutto per quanto riguarda il prezzo del gas con una forte azione della politica nazionale e di quella europea.
A proposito di politica nazionale, tra meno di un mese si voterà per le elezioni politiche. Quali sono le vostre attese?
Tradizionalmente tutti i partiti riscoprono i ceti produttivi in campagna elettorale, ma per noi conta il lavoro fatto ogni giorno. Tuttavia, questa legge elettorale crea gravi problemi anche alle nostre associazioni che svolgono un virtuoso lavoro di lobby.
Se i deputati e i senatori devono l’elezione al rapporto personale con il leader e non alle preferenze dei votanti, quale interesse può avere il confronto con noi prima e dopo l’elezione? Certo, ci sono comunque numerosi parlamentari con cui lavoriamo bene a prescindere, ma è chiara l’inadeguatezza di questa legge. Dal nuovo governo, in ogni caso, ci attendiamo prima di tutto l’attuazione del Pnrr in un confronto con le parti sociali. Poi pensiamo che sarà necessario intervenire per superare provvedimenti di mero assistenzialismo che sono scorretti: ci fa quindi piacere che quasi tutti parlino di una revisione del reddito di cittadinanza. Inoltre, abbiamo presentato un manifesto che insiste su infrastrutture, semplificazione burocratica, sostegno all’export, investimenti nella formazione, facilitazione dell’accesso al credito, contrasto all’abusivismo e al sommerso.
Quale è il ruolo delle associazioni di categoria in questa fase storica del nostro paese?
Veniamo da un periodo in cui il rapporto con i corpi intermedi è stato fortemente trascurato. Dopo la pandemia, invece, la rappresentanza è tornata centrale. Riteniamo quindi questo momento propizio per provare a riscrivere un patto sociale, nello spirito di quello realizzato nel 1993 con il governo di Carlo Azeglio Ciampi. In quei mesi erano stati chiesti a tutti sacrifici, precisando tuttavia che sarebbe stato domandato a ciascuno solo quello che avrebbe potuto effettivamente dare. Le associazioni sono ora chiamate a sfidare la politica perché, approfittando di questa fase critica, accanto ai sacrifici siano individuati provvedimenti strutturali.
Quali sono le priorità indicate dalla Cna Lombardia?
Per quanto riguarda la transizione ecologica, insistiamo da tempo sull’importanza di incentivare il fotovoltaico. Se fosse installato su tutti i capannoni delle imprese italiane, il risparmio energetico sarebbe rilevante. Come organizzazione regionale, inoltre, continuiamo a chiedere il federalismo fiscale: non si tratta dell’egoismo di un territorio ricco, ma di una misura fondamentale nel momento in cui una regione come la Lombardia si trova a competere con un territorio come quello bavarese.
Se confrontiamo la spesa corrente della Lombardia con quella della Baviera, ci renderemo conto che è vera socialdemocrazia territoriale mantenere più risorse sul territorio per destinarle all’aumento della competitività e al sostegno alle fasce più deboli della popolazione.
Gli amici imprenditori di Como e Sondrio , ad esempio, sono sempre in sofferenza nei confronti della Svizzera, soprattutto per quanto riguarda le differenze salariali che rendono il fenomeno dei frontalieri una delizia ma anche una croce per il territorio. E poi, guardando alla straordinaria crescita del turismo, va detto con chiarezza che occorre investire su una infrastrutturazione di base che porti ad una valorizzazione reale dello splendido ambiente in cui viviamo. Inoltre, è quanto mai necessaria una grande operazione di riassetto idrogeologico, facendo lavorare tante pmi.
Sono indispoensabili atti di prevenzione dei numerosi disastri che si verificano anche lungo le sponde dei nostri laghi. Un altro tema è quello dei borghi storici: pensiamo a quali risultati straordinari si potrebbero ottenere con una grande operazione fiscale di investimento sui borghi storici, per riportare le imprese e le famiglie a vivere centri oggi in stato di abbandono.
Sono tutti temi molto concreti che sembrano andare oltre gli slogan dei partiti.
Sì, cerchiamo di essere concreti perché sappiamo che ci sono temi che possono essere risolti dalla politica nazionale, mentre altri rientrano in una sfera sovranazionale. La riforma fiscale, ad esempio, è di primaria importanza, ma prima ci sarebbe la possibilità di portare a casa risultati più semplici ed utilissimi per le imprese e le comunità. Il nostro ruolo è proprio questo: portare al centro del dibattito le esigenze delle imprese, in un dialogo continuo con chi rappresentiamo e con il legislatore. E per questo riteniamo un vulnus per il sistema democratico una legge elettorale che impedisce ai cittadini di scegliere direttamente chi sarà chiamato a rappresentarli.
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