Automazione “sartoriale”:«È la forza del Made in Italy»

L’intervista Riccardo Rosa, neo presidente dell’associazione italiana Macchine Utensili, da Bellagio: «Le nostre aziende danno risposte su misura»

Il 2024 segnerà un leggero arretramento dell’industria italiana costruttrice di macchine utensili, robot, e automazione (-2,2%). Al contrario le esportazioni, attese ancora in crescita (+3%), raggiungeranno il nuovo record di 4.350 milioni di euro. Le previsioni sono elaborate dal Centro studi e cultura di impresa di Ucimu. Neo presidente dell’associazione italiana delle macchine utensili è Riccardo Rosa, residente a Bellagio, impegnato da sempre nell’azienda di famiglia Rosa Ermando di Rescaldina, in provincia di Milano. Fondata nel 1964, produce rettificatrici per superfici piane.

Sono stati pubblicati i dati sul primo semestre dell’anno, con quali risultati?

Nei primi sei mesi del 2024, l’indice Ucimu ha registrato un arretramento del 17,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

A determinare questo risultato sono soprattutto le condizioni generali di instabilità in Italia e nel mondo.

Se guardiamo, invece, alle previsioni 2024 e al confronto con la chiusura del 2023, le stime del nostro Centro Studi dimostrano che a soffrire di più saranno soprattutto le consegne sul mercato interno (-8,6%) penalizzate dalla riduzione del consumo domestico.

Al contrario le previsioni sulle esportazioni sono positive, come si spiega la capacità di restare e crescere sui mercati esteri delle imprese italiane?

Il vantaggio delle nostre aziende è che sono in grado di interpretare i bisogni dei clienti e di realizzare risposte “su misura” proprio come i nostri sarti. In questo sta il nostro vantaggio competitivo. Ormai tutto il Made in Italy del bene strumentale è diventato un prodotto super personalizzato. Noi siamo l’alta moda delle macchine utensili, gli stilisti della situazione per quanto riguarda la costruzione del bene strumentale: ovvero realizziamo macchine per produrre macchine. Di conseguenza, siamo all’apice della catena produttiva. Qualsiasi cosa, dall’elettrodomestico alla posata, è fatto grazie alle macchine utensili che servono per costruire le attrezzature per fare questi prodotti di largo consumo. I clienti, quando vogliono realizzare un pezzo alle aziende italiane chiedono la proposta di una soluzione tecnica. Alcune volte possiamo utilizzare la nostra esperienza e trovare la risposta per il cliente, altre volte dobbiamo innovare, adattare o progettare qualcosa di nuovo.

L’associazione riunisce un insieme di aziende grandi, ma anche medio-piccole dotate di ottima flessibilità: quanto la dimensione delle pmi è un vantaggio e quando invece è uno svantaggio, di fronte ai grandi competitor internazionali?

Le aziende nostre associate coprono un ventaglio che parte da un milione di fatturato fino a 500 milioni di fatturato. Nella media sono imprese dai 5 ai 150 milioni e con un numero di dipendenti che varia dai 15 ai 120. Al mondo della macchina utensile e dell’automazione partecipano anche le aziende che realizzano le tecnologie ausiliarie, cioè quelle a supporto della macchina e che vanno a completarla e normalmente sono prodotti da imprese più piccole.

Mentre i costruttori sono aziende più strutturate che progettano, realizzano, installano e hanno un network internazionale. Sono loro che si confrontano con le grandi imprese interazionali. I produttori dimensionalmente più grandi sono i cinesi, ma non sono qualitativamente competitivi con il nostro prodotto. Il prodotto italiano compete con quello tedesco, svizzero, giapponese. Siamo quindi nella gamma alta, medio-alta e con una personalizzazione più o meno spinta.

Ma un’azienda molto grossa deve standardizzare per fare più volumi. Se un’azienda è media, riesce a seguire le esigenze del cliente. Questo piace soprattutto al cliente nord europeo che si affida a un’azienda media, comunque strutturata sia qualitativamente che a livello di servizi e reputazione internazionale.

Quali sono state le strategie che hanno permesso di raggiungere una solida reputazione all’estero?

La nostra associazione l’anno prossimo compie 80 anni, la mia azienda quest’anno, per esempio, ne compie 60. Tanti dei nostri associati sono aziende storiche rimaste sul mercato perché il rapporto tra qualità, servizio, assistenza, disponibilità verso il cliente e personalizzazione è apprezzato. I nostri clienti è difficile perderli. Se proprio non facciamo degli errori clamorosi, tornano sempre da noi. Apprezzano in modo particolare la mentalità italiana, la capacità di ricerca che è più flessibile dei nostri competitor tedeschi e svizzeri.

Però in Italia, negli ultimi anni, ci sono state alcune difficoltà che hanno avuto un impatto più acuto rispetto a quanto accaduto negli altri paesi: i costi delle materie prime sono aumentati così come i costi energetici, come avete gestito questi aspetti?

L’imprenditore italiano è visionario, in molti avevamo già installato fotovoltaici da anni. In aggiunta, le macchine utensili sono fatte per la maggior parte in fusione di ghisa e una cordata di imprese che partecipano all’associazione Ucimu ha acquisito ormai da 25 anni una delle più grandi fonderie d’Europa. Si sono così assicurati dei fornitori di materia prima dalla Romania dove i costi dell’energia sono inferiori. Dall’inizio del 2000 la maggioranza del capitale sociale della fonderia di Saturn, circa il 70%, è di proprietà di Cimu, finanziaria di partecipazione italiana di proprietà di tredici associati Ucimu. La Saturn produce getti di ghisa destinati per la maggior parte alle imprese italiane. Per il resto le aziende di beni strumentali non sono energivore: il costo dell’energia impatta per il 2%. Le acciaierie, che invece ne hanno risentito molto, hanno ribaltato i loro extra costi sul prodotto, ma anche noi siamo riusciti a trasferire parzialmente questi costi ai clienti, visto che usciamo da due anni di forte crescita nel 2022 e il 2023 grazie anche al piano Industria 4.0.

A proposito del piano Industria 5.0 quali sono le aspettative?

Transizione 5.0 darà un nuovo slancio al mercato italiano, che nel primo semestre del 2024 ha avuto risultati negativi. Manca ancora chiarezza sui decreti attuativi, sono attesi da settembre ma intanto si sono persi sette mesi e i tempi poi sono stretti, la norma si chiude a dicembre 2025, mentre le imprese hanno bisogno di programmazione. Vedo qualche difficoltà proprio nel fatto di aver dilatato le tempistiche: sono fondi europei che se non vengono spesi nei tempi dovranno probabilmente rientrare a Bruxelles.

C’è difficoltà nel settore per il reperimento del personale?

Sì, abbiamo bisogno di personale altamente specializzato, ingegneri, periti meccanici, diplomati. Non abbiamo più dipendenti generici, ma solo tecnici formati. La figura dell’operaio semplice non esiste più. Oggi gli operatori sono professionisti che lavorano in ambienti tecnologicamente avanzati e digitalizzati: le aziende sono ambienti puliti e confortevoli. Uno dei miei impegni è spiegare ai giovani cosa succede oggi nelle imprese che costruiscono beni strumentali, farli riappassionare a questo lavoro e far capire alle famiglie quando sia cambiato il settore.

Proprio per facilitare l’accesso alla formazione, siamo molto interessati a quanto accade in provincia di Como dove si sta sviluppando un Its dedicato. Inoltre come associazione abbiamo un’Academy per la meccatronica.

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