Moda, filiera con meno impatti
nell’alleanza di Fasac e YHub

La conferenza L’edizione 2024 di“Connection Wires” a Cassina Rizzardi L’azienda comasca certifica 91% di pratiche sostenibili in ambito chimico

La filiera fa sistema sulla sostenibilità. Fasac 1955 ha ospitato nel suo suggestivo Archivio Tessuti a Cassina Rizzardi la conferenza “Connection Wires”, edizione 2024 dell’evento annuale di 4sustainability. Un evento di settore da tutto esaurito, simbolo della stretta alleanza tra l’azienda comasca e il marchio green.

Network di aziende

4sustainability è una creazione di YHub, holding che offre piattaforme e tecnologie per la transizione ecologica e la tracciabilità dei processi produttivi, pensate appositamente per il complesso universo dell’alta moda e del tessile di lusso.

L’offerta di YHub è cresciuta molto negli ultimi tempi, tanto che il gruppo è arrivato ad accogliere nella compagine societaria, proprio a giugno di quest’anno, cinque nuovi investitori di alto profilo: Foro delle Arti (una holding della Brunello Cucinelli spa), l’imprenditore Matteo Marzotto, Claudio Rovere (Founder & CEO di Holding Industriale spa), i Venture Fund gestiti dalla banca d’affari LionTree e Federico Marchetti (Fondatore di Yoox). Anche dopo questo considerevole aumento di capitale, la guida della holding è rimasta in mano ai tre soci fondatori: Francesca Rulli - che ha anche condotto gran parte degli interventi durante l’evento del 3 ottobre - Massimo Brandellero e Cristian Iobbi, con Matteo De Angelis come General Manager. Oggi YHub, oltre a collaborare con migliaia di aziende italiane, può contare su un team di 65 professionisti ed è in grado di portare avanti progetti con più di 50 brand globali.

Soprattutto, gestisce una impressionante quantità di dati, dal momento che monitora oltre 80mila fornitori dell’industria del tessile, distribuiti in 22 Paesi diversi del mondo. E dando vita al marchio registrato 4sustainability, YHub ha deciso fare un passo in più: provare ad attestare l’adesione delle aziende della moda di lusso ai principi della transizione ecologica e dello sviluppo sostenibile, fornendo agli imprenditori una specifica certificazione.

I comparti su cui sono tarati gli indicatori di 4sustainability sono quelli del tessuto, del filato, della lavorazione della pelle e del sintetico, e il rilascio della certificazione di sostenibilità è subordinata - oltre che a controlli annuali - all’utilizzo da parte del cliente di una piattaforma digitale di catalogazione ed analisi dei dati: Ympact, sempre marchiata YHub.

L’implementazione di una tecnologia di questo tipo è particolarmente interessante, dal momento che un elemento critico per molte aziende è proprio l’assenza di strumenti nativi, di app in grado di digitalizzare i processi già durante la produzione, quindi dentro la filiera. Come ricordato più volte dai relatori dell’evento del 3 ottobre, infatti, spesso chi si occupa di certificazioni si trova in situazioni in cui, paradossalmente, le informazioni esistono già negli archivi dell’azienda, ma sono organizzate e raccolte per scopi completamente diversi, immagazzinate in tanti sistemi che non comunicano tra loro.

Cambio di passo e mentalità

Fasac 1955 non si è lasciata sfuggire l’occasione di mettere alla prova il nuovo prodotto di YHub. Ha aderito in particolare a due percorsi, legati alla gestione dei materiali e della chimica. Gli obiettivi certificati da 4sustainability tra il 2022 e il 2023 sono stati molteplici: nei report relativi a Fasac 1955 si parla di un 42% di materie prime sostenibili, di un 100% di packaging a basso impatto, di un 42% di prodotti sostenibili immessi sul mercato. I protocolli di 4sustainability per l’implementazione di buone pratiche in campo chimico risultano applicati da Fasac 1955 per una percentuale del 91%. Il 90% della filiera produttiva è inoltre sottoposta a monitoraggio chimico sulle acque di scarto.

«Abbiamo già fatto tanto, ma quando avremo veramente un successo? - si è chiesto durante l’evento 4sustainabiliy Federico Curti di Fasac 1955 - Per me, quando i nostri dipendenti avranno percepito che è un onore lavorare per un’azienda che si occupa di sostenibilità, che spende tanti denari ed energie in questa direzione. In più, è necessario un cambio di passo a livello normativo: oggi viviamo in un momento estremamente complesso, in una grande incertezza del diritto. Tutti i player impongono il loro pensiero, secondo quelle che sono le esigenze pratiche della sostenibilità. L’obiettivo, alla fine, è simile per tutti, ma le richieste sono molteplici, e finiscono per creare sfiducia nel sistema. È un po’ come se ogni casa automobilistica imponesse il proprio codice stradale. Quello che chiediamo è che si possa creare un sistema unico, un codice comportamentale che tutti nel mondo della moda possano applicare».

Sulla stessa lunghezza d’onda le riflessioni di Massimo Brandellero: «Stiamo vivendo un momento entropico, un’era di cambiamento. A grandi linee, gli argomenti su cui si ragiona sono sempre gli stessi: ogni organizzazione è chiamata ad avvalersi di filiere responsabili, tracciare le performance, gestire ed espandere il ciclo vita dei prodotti. Ma in questi anni sono nate sono mille certificazioni, mille interpretazioni, mille tool differenti. È necessario invece armonizzare le logiche con cui affrontare queste tematiche, ragionando molto anche sulle richieste dei grandi brand nei confronti della filiera».

© Riproduzione riservata

© RIPRODUZIONE RISERVATA