Parità di genere certificata, un’«opportunità per le imprese»

Il gap L’Italia al 13° posto nella UE, ma crescono le adesioni (+14,9% dal 2010). Jacometti, Insubria: «Strumento volontario per ridurre le disuguaglianze»

Sono oltre 1.800 le aziende italiane certificate per la parità di genere in poco più di due anni. Nella classifica Ue l’Italia si posiziona al 13esimo posto con 68,2 punti, ma è il Paese membro con il miglioramento più evidente, +14,9 punti rispetto al 2010.

Sostenibilità per le risorse umane

La Certificazione della parità di genere rientra nell’ambito delle azioni Esg, Environmental Social and Governance, per raggiungere uno sviluppo sostenibile. «La sostenibilità ha almeno due profili interessanti, quello ambientale che racchiude tutte le azioni che un’impresa può adottare per ridurre gli impatti ambientali di prodotti e processi e quello della sostenibilità etica che può riguardare molti aspetti che vanno dal rispetto dei diritti dei lavoratori e alla valorizzazione delle loro capacità, al rispetto dei consumatori, allo sviluppo delle risorse sociali e del territorio, al rispetto dei diritti degli animali, fino alla correttezza fiscale e alla rinuncia di pratiche corruttive» spiega Valentina Jacometti, Dipartimento di diritto economia e culture - Università degli studi dell’Insubria.

La sostenibilità riguarda caratteristiche intangibili e qui si innesta il ruolo chiave dell’informazione ai consumatori e agli stakeholder: «Attraverso un sistema di etichettatura più semplice e più coerente – prosegue Jacometti - Marchi, standard e certificazioni consentono alle imprese di evidenziare l’impatto e le qualità dei prodotti, incrementando la reputazione aziendale e facilitando i consumatori nell’effettuare scelte d’acquisto consapevoli». Nella selva di marchi di sostenibilità ambientale e sociale presenti, Jacometti specifica di rivolgersi a quelli certificati: «Basati su sistemi che certificano e monitorano la conformità di un prodotto/processo o di un’impresa ai requisiti da essi stabiliti. Strumenti in molti casi non obbligatori, ma che possono diventare requisito potenzialmente obbligatorio per determinate forniture, come per esempio gli acquisti verdi della pubblica amministrazione».

Strumento volontario (e strategico)

«La Certificazione della parità di genere è uno strumento volontario che le aziende possono richiedere e che rientra nel nuovo corso degli strumenti normativi voluti dal legislatore per promuovere la parità di genere all’interno dei contesti di lavoro – sottolinea Lilli Casano ricercatrice in Diritto del lavoro Didec - Università degli studi dell’Insubria - Il Pnrr ha tra gli obiettivi principali quello di contrastare le disuguaglianze di genere favorendo la partecipazione femminile al mercato del lavoro e correggendo le asimmetrie che ostacolano le pari opportunità dall’età scolastica. Un obiettivo trasversale alle sei missioni previste».

L’Italia si posiziona al 28esimo (e ultimo) posto in Europa in termini di partecipazione femminile al mercato del lavoro che risulta essere significativamente inferiore a quella maschile, in particolar modo per le donne madri.

La prassi di riferimento per ottenere la Certificazione della parità di genere è strutturata in sei aree che spaziano dalla governance alle risorse umane, all’equità remunerativa. Senza tralasciare gli aspetti connessi alla genitorialità e alla conciliazione tra vita e lavoro. Per ogni area sono identificati degli indicatori di performance, Kpi, con un punteggio assegnato che varia in funzione della dimensione dell’organizzazione e del peso che quell’ambito ha nel complesso. Le aree sulla tutela della genitorialità o dell’equità remunerativa, che rappresentano spesso anche gli ambiti più critici in azienda, hanno un peso maggiore nel conteggio totale. L’obiettivo è colmare i gap attualmente esistenti, nonché incorporare il nuovo paradigma relativo alla parità di genere nel dna delle organizzazioni e produrre un cambiamento sostenibile e durevole nel tempo.

Perché conviene alle aziende

La Certificazione della parità di genere consente benefici anche di natura economica: «Le imprese possono accedere a un esonero contributivo non superiore all’1% e nel limite massimo di 50mila euro annui e agevolazioni in termini di punteggi premiali per partecipare all’assegnazione di fondi europei, nazionali e regionali – aggiunge Casano - Anche alcune modifiche relative al “Codice dei contratti pubblici” introducono misure che vanno in questa direzione, le aziende certificate secondo la parità di genere ottengono un punteggio aggiuntivo in graduatoria per appalti e gare pubbliche anche in virtù in alcuni casi del beneficio di riduzione del 30% della garanzia fideiussoria per la partecipazione all’appalto».

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