Il made in Italy è speciale. Qualità e innovazione per rilanciare il tessile abbigliamento

L’intervento Antonio De Matteis, ceo di Kiton e presidente di Pitti Immagine: «Rispetto al resto del mondo partiamo in vantaggio su tutti gli aspetti»

«Le sfide competitive nel settore tessile si vincono attraverso innovazione e creatività. Inoltre è importante fare aggregazione attraverso le fiere e in tutti le occasioni che permettono di confrontarsi e migliorare il lavoro fatto insieme».

È questa la ricetta suggerita da Antonio De Matteis, presidente di Pitti Immagine e amministratore delegato di Kiton, intervenuto nella tavola rotonda “Il futuro della filiera Made in Italy: creatività, innovazione e scala dimensionale” condotta dal giornalista di Mediaset e vice direttore de Il Giornale, Nicola Porro, a cui hanno partecipato anche Barbara Cimmino, vice presidente di Confindustria e cofondatrice di Yamamay, Luca Solca, analista e responsabile beni di lusso di Bernstein e Caterina Sanson, partner OC&C Milano.

Sollecitato da Porro, il dibattito ha preso il via dalla considerazione che, a seguito delle forti trasformazioni indotte dai processi di digitalizzazione e di innovazione tecnologica, anche il comparto tessile e accessori si trova di fronte a un’inedita discontinuità del contesto in cui opera, che richiede altrettante inedite risposte, a partire dallo sperimentare diverse modalità di aggregazione.

«Confrontarsi con i colleghi, ascoltare, mettersi in discussione è importante e questo accade in tutte le manifestazioni, a Milano Unica come a Pitti Immagine. Sono momenti dove tutti noi possiamo crescere - ha insistito Antonio De Matteis - sono quasi quarant’anni che partecipo alle fiere e credo che tutti noi abbiamo il dovere di essere molto più propositivi sulla qualità. Dobbiamo fare molto di più perché il mercato c’è, è pronto. Chi reagisce, innova, promuove la qualità, raccoglie i frutti».

Un pensiero confortante in un panorama dove il settore tessile e il distretto comasco sono in difficoltà da oltre un anno a fronte di dinamiche globali che vedono l’intero settore moda internazionale in rallentamento. Difficile immaginare che una spinta locale possa modificare dinamiche sovranazionali, eppure pare che questa sia la strada indicata da De Matteis.

«È importantissimo il posizionamento del brand nel portare valore e gli imprenditori italiani sono alle prese con la necessità di contenere i costi aziendali. Ma la differenziazione, la ricerca e sviluppo e una maggiore parte di valore aggiunto sono essenziali per competere. Per tutte queste ragioni non scambierei l’Italia per nessun altro Paese al mondo» spiega Antonio De Matteis. L’azienda che dirige, Kiton, ha cinque siti produttivi in Italia. Napoli è la casa madre, ma produce anche a Parma, Firenze e Caserta. A Milano c’è l’ufficio commerciale.

«Noi siamo l’Italia, riconosciuta nel mondo per la qualità del lavoro che facciamo e per il nostro know-how. Quindi, non abbiamo un piccolo vantaggio, abbiamo un grandissimo vantaggio e lo vediamo sotto tutti gli aspetti. Non per nulla abbiamo una nazione piena di turisti e questo valore riconosciuto all’Italia è una ricchezza fantastica. Siamo quindi in grandissimo vantaggio rispetto a chi vuole competere con noi, ma dobbiamo saperlo utilizzare e non consumarlo. Dobbiamo continuare a essere all’altezza del Made in Italy» è la raccomandazione del Ceo di Kiton.

Inevitabile domandarsi come sia possibile continuare a valorizzare il saper fare artigiano italiano quando le fila delle figure professionali che costituiscono il maggiore pregio della filiera si stanno diradando. Intanto non si vedono nuove generazioni in grado di sostituire i maestri artigiani che hanno reso grande e famoso il settore tessile moda accessori del nostro Paese. Mentre in altri luoghi si riesce a produrre con costi del lavoro inferiori.

«Negli ultimi anni si parla molto di formazione e credo che si stia iniziando a fare qualcosa – prosegue Antonio De Matteis - noi siamo partiti 25 anni fa con una scuola di sartoria interna all’azienda e attraverso questa iniziativa siamo riusciti a creare una nuova generazione di sarti. Valori antichi e dignità sono fondamentali per i giovani che devono essere giustamente pagati e valorizzati. Abbiamo una squadra giovane e credetemi, danno un’energia bellissima e meravigliosa. Oggi in Kiton lavorano sarti di 35-36 anni; chi conosce questo mestiere sa che l’età media internazionale è di 60-70 anni. Le scuole di formazione sono strumenti che ci possono aiutare a tramandare questo know-how che abbiamo solo noi nella nostra nazione, a questi livelli».

Dal 2013 al 2022, oltre un milione di italiani è andato all’estero, di cui un terzo giovani tra i 25 e i 34 anni.

La strada più efficace per invertire questa tendenza sembra essere quella degli Its Academy, per l’alta formazione post diploma. Si conoscono i problemi e sono state individuate anche le leve per risolverli, ma tutto questo richiede tempo e, forse, si è corsi ai ripari troppo tardi.

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