Rigenerazione urbana: «Più hotel che residenze, Como può fare meglio»

Ecosistema città Il capoluogo si colloca al 37° posto su 106 nel report 2024 Tiso, Legambiente: «Collaborare con i privati, ma la regia resti al pubblico»

Legambiente ha pubblicato il suo studio annuale “Ecosistema Urbano”, la classifica che dal 1994 misura le performance ambientali dei capoluoghi di Provincia. Enzo Tiso, Presidente del Circolo Legambiente Angelo Vassallo, commenta i risultati di Como e spiega come pubblico e privato potrebbero unire le forze per una città più vivibile.

Quali sono le novità dell’edizione 2024 dello studio Ecosistema Urbano?

I parametri che determinano la classifica delle performance ambientali dei Comuni sono venti e prevedono l’assegnazione di un punteggio massimo teorico di 100 punti. Quest’anno, è stato rivisto il peso di alcuni indici: per esempio, è stato diminuito il peso della percentuale di raccolta differenziata e aumentato il peso della dispersione della rete idrica e delle isole pedonali. È stato inoltre introdotto un nuovo indicatore che corrisponde alla variazione nell’uso efficiente del suolo, elaborato su dati ISTAT.

Come si posiziona Como nella classifica?

La posizione di Como - 37 su 106 - nasconde contraddizioni e situazioni diverse, che spaziano dal vertice al fondo della classifica. Il risultato peggiore riguarda l’inquinamento atmosferico per la presenza di elevate concentrazioni di biossido di azoto e di ozono. Andiamo male anche sulla presenza di verde urbano. I punteggi negativi sono compensati da indici positivi, come il ventesimo posto nella dispersione di acqua dalla rete idrica, anche se i consumi pro capite sono molto alti. Molto positivo il primo posto nell’uso efficiente del suolo, sopra la media la raccolta differenziata di rifiuti e la quantità di rifiuti prodotta. È sopra la media anche l’offerta di trasporto pubblico, ma siamo molto in basso per presenza di piste ciclabili.

Su cosa dovrebbe concentrarsi la nostra città per performance migliori nell’ambito della rigenerazione urbana?

La crisi della manifattura ha creato numerose aree dismesse nel tessuto cittadino. La lodevole scelta di limitare il consumo di nuovo suolo poteva fornire l’occasione per un ridisegno di questi spazi della città per renderla più funzionale, vivibile e sostenibile. Salvo alcune eccezioni abbiamo invece visto finora solo nuove residenze, alberghi, centri commerciali, parcheggi. Esistono però in zone centrali e periferiche aree strategiche che si potrebbero prestare ad interventi qualificanti.

Quale può essere il contributo delle imprese locali a questo processo?

Nella rigenerazione urbana il pubblico dovrebbe incontrare il privato, sia quello profit che il cosiddetto terzo settore. L’Italia, grazie alla forte tradizione associativa territoriale, ha un vantaggio nella transizione verso la green economy. Il ricorso a forme di collaborazione pubblico-privato nel terzo settore è in aumento, così come la co-progettazione, anche se tale modalità non è ancora così diffusa nell’ambito della riqualificazione urbana. Il ruolo attivo dei privati nel governo del territorio è invece un fenomeno già presente da tempo, favorendo l’affermazione dell’“urbanistica consensuale”. Oltre alla pubblica amministrazione ed al privato entrano in gioco anche i soggetti titolari di interessi diffusi e i portatori di interessi sociali, culturali o ambientali che possono essere compromessi dalla rigenerazione. È però importante che il ruolo di “regia” permanga in capo al soggetto pubblico che ha il compito di esercitare la composizione tra interessi contrapposti, con un occhio di favore verso la collettività.

Qual è la posizione di Legambiente su un altro tema a cui nel rapporto è dedicato un focus, ossia l’overtourism?

L’overtourism può creare compromissione dell’ambiente ad esempio per scorretto smaltimento di rifiuti, eccesso di consumi idrici, inquinamento da traffico ecc. Provoca squilibri interni al tessuto urbano, come l’espulsione dei residenti perché le case vengono trasformate in alloggi per i turisti, aprendo la strada ad una emergenza abitativa. A pagarne le spese sono i segmenti sociali meno strutturati quali gli studenti, le possibili nuove famiglie, i lavoratori immigrati come insegnanti o sanitari, gli stranieri.

Come bilanciare gli effetti di un turismo in continua crescita?

Occorre aumentare l’attrattività della città senza trascurare la crescita della propria comunità locale: implementare la mobilità dolce ed il trasporto pubblico, l’offerta di intrattenimento di qualità, la balneabilità del primo bacino, cose utili sia per i visitatori ma anche per i residenti. La vocazione turistica è certamente rilevante per il nostro territorio ma non può essere l’unica stampella sulla quale si regge l’economia. Va gestito correttamente non solo il turismo di massa ma anche il turismo d’elite, sempre più presente a Como e in tutti i comuni del lago, che chiede il sacrificio di nuovi spazi per residenze di lusso, alberghi a 5 stelle, darsene e porti privati. Anche in questo caso con conseguenze sull’ambiente - per alterazione del paesaggio, sacrificio di spazi verdi, traffico - ed anche sociali come l’aumento dei prezzi per i residenti e la privatizzazione di alcuni spazi.

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