«Transizione 5.0 a rilento, così si penalizza il tessile»

L’intervista Il presidente di Acimit, Marco Salvadè e il calo di produzione delle macchine tessili (-16%): «Con gli incentivi del Governo, probabile una maggiore propensione all’investimento»

Domani si apre l’assemblea di Acimit, l’Associazione Costruttori Italiani di Macchinario per l’Industria Tessile, che raduna 300 imprese con 12.900 occupati. I dati riflettono una fase di rallentamento dell’intero settore con una calo della produzione del 16% nel 2023 sul 2022. Dati da interpretare secondo il presidente Marco Salvadè, imprenditore della Salvadè di Grandate, dove si producono macchinari per la stampa e il finissaggio tessile.

La produzione del settore ha un valore di 2,3 miliardi di euro: pesano i dati sulla produzione in calo del 16%, come l’export che per il settore vale 2 miliardi di euro, quali sono i mercati più in difficoltà?

C’è un rallentamento globale, ma va considerato che i dati oggetto di analisi sono relativi al 2023 in relazione all’anno precedente che ha conosciuto straordinari livelli di crescita e produzione - premette Marco Salvadè -. Scontiamo quindi, anche, un forte rimbalzo. I nostri mercati principali per le esportazioni rimangono sempre Cina, India, Turchia e Stati Uniti. In generale il mercato più ampio e forte per le esportazioni meccano tessili italiane sono i paesi asiatici che coprono il 40% del totale.

Segue con il 9% il nord America, l’8% è destinato al Sud America e poi, quello che resta delle nostre esportazioni, se lo dividono i paesi europei.

Tra questi l’Italia ha un buon posizionamento. La nostra azienda di Como esporta all’estero circa l’85% della produzione, significa che il 15% è acquistato da imprese tessili italiane. Il nostro Paese resta quindi leader nella produzione tessile in Europa.

Dalla Cina, con -25% alla Turchia, con -41%, passando dall’India con -23%, tutte le destinazioni hanno ridotto le importazioni nel 2023 rispetto all’anno precedente, che segnale rappresenta?

Sono questi i tre principali produttori tessili e quindi importatori delle nostre macchine. La Cina è in calo, come la Turchia e l’India, perché in questo momento il mercato tessile globale è comunque fermo. In una situazione come l’attuale, di stagnazione, vince sulla competitività chi ha una negativo inferiore agli altri. Purtroppo.

E riguardo al resto del mondo?

Per gli Stati Uniti che segnano un -32% la situazione è complessa perché le esportazioni dall’Italia vanno suddivise per i diversi ambiti: per esempio la nostra azienda di macchine per la stampa esporta molto poco negli Usa, mentre vendono bene le macchine per la tessitura e per la filatura.

Sono in recessione tutti i mercati, tranne la Germania con +42%, come si spiega?

I dati sono da interpretare perché nel nostro settore alcune situazioni particolari possono alterare il risultato. Per esempio i dati trimestrali risentono di alcune grosse vendite che cadono in quel periodo, sono più esplicativi della situazione del mercato i dati annuali che rispecchiano in modo più fedele l’andamento complessivo, ma anche in questo caso vanno saputi leggere. Ci sono le aziende meccano tessili piuttosto grandi che fanno da capogruppo a progetti importanti. In questo caso un’azienda, come per esempio la nostra di Como, vende il proprio macchinario a loro che compongono un pacchetto di offerta completo e rivendono all’estero.

Questo spiega, per esempio, il segno positivo della Germania che non è un Paese dove ci sono importanti industri tessili, non comprano le nostre macchine per il loro mercato interno, ma indirizzano tutti gli strumenti verso altri paesi come l’Egitto.

Proprio l’Egitto ha espresso numeri importanti di crescita, come mai questa controtendenza?

La ragione è che in questo momento il Governo egiziano ha avviato un progetto molto esteso per il tessile che coinvolge diverse imprese italiane, svizzere e di altri paesi.

Le prime tranche di parti industriali per l’avvio sono state consegnate e questo dà ragione del dato di 136 milioni di euro delle importazioni dell’Egitto. Di questi 54 milioni sono stati il pagamento per un’azienda della bergamasca, 12 milioni per un’altra impresa italiana: non si tratta di un trend, ma della costruzione di un progetto che non racconta una tendenza ma la circostanza di una vendita importante.

In generale la fotografia del 2023 rispetto al 2022 segna una chiara inversione di tendenza rispetto al biennio precedente, quale è il sentiment delle imprese tessili?

In questa fase negativa è meglio non andare a visitare le imprese clienti il venerdì, perché i cancelli restano chiusi per il calo di ordini che si registra in un momento in cui è evidente il rallentamento della produzione. Le imprese che lavorano il lunedì sono tra le fortunate. Questo per quanto riguarda il territorio comasco. Hanno avuto dei rallentamenti importanti anche le imprese asiatiche. Abituate a lavorare 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, non sono organizzate per avere quella flessibilità nelle produzioni che invece le nostre imprese hanno imparato ad attuare. Le imprese nostre clienti ci dicono che il valore della produzione registra il -25% ma è davvero importante tenere presente che il calo è calcolato rispetto al biennio del 2021 e 2022: sono stati anni straordinari dove, rispetto al periodo precedente, si è realizzato fino a +30 di fatturato.

Qual è l’anomalia del biennio post Covid?

Sono stati i due anni post lockdown in cui il mondo ha prodotto l’inverosimile e molto di più di quello che era la necessità. Sono state poi fatte delle stime di crescita proporzionali a quel biennio straordinario e ora i magazzini sono pieni, come anche gli armadi.

È quindi vero che adesso si stanno registrando numeri molto bassi, ma lo sono in riferimento soprattutto ai due anni precedenti che sono stati straordinari.

Si tratta ora di verificare, rispetto alla situazione pre Covid, come siamo posizionati.

È chiaro che ci si aspetta sempre di crescere, ma perché questa crescita sia stimata in modo corretto non la si può confrontare con un biennio irripetibile, del tutto fuori da un andamento normale ed equilibrato del mercato.

Nel 2021/22 è possibile che, crescendo gli ordini, le imprese tessili abbiano anche investito in nuovi macchinari e che ora, semplicemente, siano fornite a sufficienza?

Sicuramente si risente del fatto che delle aziende abbiano acquistato nella fase di esplosione della produzione e che quindi le macchine siano nuove. Per quanto riguarda l’Italia si continua a parlare del piano Transizione 5.0, in attesa purtroppo dei decreti attuativi, mentre siamo ancora fermi alla Transizione 4.0 che ha dato nel tempo un aiuto molto rilevante perché ha consentito alle aziende nostre clienti di investire in tecnologia.

Per noi ha significato poter fornire macchinari nuovi e all’avanguardia, mentre per loro ha inciso nell’ottimizzazione delle risorse, nella riduzione dei consumi e in una più efficiente produttività. Anche questo ha concorso a quella crescita molto importante che si è registrata.

Quali sono le aspettative per la Transizione 5.0?

Ora siamo già a metà dell’anno e teoricamente la transizione 5.0 potrebbe essere retroattiva dal 1° gennaio di quest’anno, ma questa incertezza ovviamente non aiuta - conclude Marco Salvadè - . Se le aziende fossero certe di avere il beneficio e gli incentivi del Governo fossero garantiti, probabilmente avrebbero una maggiore propensione all’investimento. Ma ormai abbiamo davanti a noi un arco temporale molto breve perché questa misura riguardava il biennio 2024 - 2025 e tutto dovrebbe schiudersi entro il 31 dicembre 2025.

Un tempo molto breve che cade in una fase di rallentamento del lavoro, quindi lo scenario non è per nulla favorevole.

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