Satispay punta al welfare: «buoni pasto, nuovo canale»

Intervista Alberto Dalmasso, co-fondatore e ceo della fintech italiana di pagamento digitale, illustra le strategie di crescita

Rare come il mitico unicorno, le startup non ancora quotate in Borsa ma che hanno già raggiunto la soglia del miliardo di valore di mercato sono, in tutto il mondo, circa mille quattrocento.

Tra queste Satispay, la fintech italiana del pagamento digitale che ha raggiunto il celebre traguardo a settembre 2022, quando la società con sede a Milano raccolse capitale per 320 milioni di euro. Alberto Dalmasso, cuneese classe 1984, è il CEO e uno dei tre fondatori di Satispay.

Dopo una breve carriera nella finanza, ha intuito nel lontano 2013 che era arrivato il tempo per il superamento del contante. Nei giorni scorsi Dalmasso è intervenuto alla “Festa delle Imprese” de La Provincia nella sede di via Parini a Como della Camera di Commercio di Como e Lecco per raccontare come una start up supera la prima fase di crescita per cercare di consolidarsi.

Quali sono le strategie per continuare ad attrarre investimenti anche quando il business si è consolidato?

Essere riconosciuti come l’unicorno da un miliardo di dollari di valutazione non è un traguardo, è il primo chilometro di una maratona. È l’inizio di una storia che bisogna saper alimentare: sono necessari ancora molti investimenti perché, in questo settore, è fondamentale diventare più grandi in Italia e anche in Europa.

Certamente non siamo assolutamente piccoli per il panorama italiano con 380mila negozi che accettano il nostro modello di pagamento e vanno dalla grande distribuzione alle micro realtà commerciali. Ma per il resto del mondo i numeri da raggiungere sono altri.

Forse bisogna iniziare a creare un contesto europeo con norme adeguate, che non ostacolino la creazione di importanti aggregazioni europee e la formazione di “giganti”, in modo che sia possibile affrontare i grandi gruppi degli Stati Uniti.

Spesso ci sentiamo dire che i servizi di aziende americane sono più completi, ci siamo abituati a utilizzare solo servizi americani, mentre per questo tipo di competizione servono mega aziende che possano trainare il mercato.

Arrivo dalla provincia di Cuneo, dove è molto ben radicata la piccola impresa che costituisce la spina dorsale dell’economia locale nei nostri territori. Ma bisogna creare le condizioni perché le imprese possano crescere, guardando agli imprenditori in modo positivo. In questo modo, e vale per qualunque imprenditore che nasce qui, se si crea competizione e un mercato dinamico, continuerà ad operare in Italia, assumerà qui e contribuirà a formare aziende più grandi. É a questo sviluppo che dovremmo guardare come sistema economico.

Eppure il riconoscimento ottenuto nel 2022 da Satispay vi ha conferito una notevole visibilità internazionale: ha aperto la possibilità di attirare grandi investimenti anche dall’estero?

Sì, riusciamo a instaurare relazioni importanti, ma siamo considerati, ancora, come una piccola azienda nel panorama globale. C’è poi una percezione diversa delle potenzialità di crescere che dipendono molto dalla cultura economica di appartenenza. Gli investitori europei cercano di capire tutti i motivi per cui la tua impresa possa avere difficoltà. Gli investitori americani cercano di capire tutti i motivi per cui un’idea può avere successo.

Quali sono le nuove idee che permetteranno al business di evolvere?

Nel tempo abbiamo individuato nuove opportunità di business che all’inizio del nostro percorso non stavamo considerando. Siamo entrati nel settore welfare e abbiamo lanciato una serie di servizi per le aziende. In particolare tra le strategie per crescere c’è stata quella di proporre lo strumento di Satispay per i buoni pasti. Abbiamo osservato che su questo fronte i commercianti si lamentavano spesso e abbiamo offerto una soluzione che semplifica l’utilizzo, lo velocizza e sta funzionando.

Abbiamo iniziato un anno fa a gestire i buoni pasto, avendo già decine di migliaia di esercizi che accettano i nostri buoni e migliaia di consumatori che ci conoscevano e che hanno voluto iniziare a usarli.

Confidiamo quindi che chi utilizza l’app per i suoi buoni pasto poi, per consuetudine, la usi anche per altro. Si tratta di una interessante quota di mercato che abbiamo acquisito colmando dove c’era un vuoto.

Tutto questo ci ha motivato ulteriormente. La costante sensazione di non sentirci mai all’altezza della situazione che ci ha sempre motivati. Abbiamo detto fin dall’inizio che Satispay è un progetto molto più grande di noi, quindi dobbiamo sempre sforzarci di migliorare e questo è stato sempre un buon elemento di motivazione.

Il welfare oggi è il grande spazio dove guardare per le opportunità che possono aprirsi?

Sì, questa convinzione arriva dall’osservazione della situazione economica europea e italiana e il buono pasto è solo il primo passo nel mondo del welfare aziendale che sempre più deve andare a coprire i costi di educazione, istruzione, sanità e pensione delle persone.

In questo contesto è inevitabile immaginare che i governi italiani ed europei sempre di più chiederanno alle aziende di contribuire a tutte queste spese di welfare, magari defiscalizzando parte della retribuzione che viene data per essere messa nel fondo pensione oppure per pagare l’asilo privato dei figli, per le coperture sanitarie private. Penso sia inevitabile che questo accada. Quando noi, oltre alle nostre politiche retributive, abbiamo anche iniziato a erogare crediti welfare abbiamo capito che questo aspetto crescerà in futuro e che esiste la possibilità di competere. Ci siamo avviati su questa strada e le premesse sono buone.

Qual è l’errore da evitare nell’avvio di una start up e nel suo consolidamento?

L’errore più comune che abbiamo fatto è stato assumere chi sembrava aver già esperienze simili alle nostre e trattarlo come tale. Ma in realtà le persone più adatte, anche se con meno esperienza, in sei mesi, possono superare chi apparentemente è più competente. Oggi il 50% dei nostri neo assunti sono giovani talenti. Abbiamo notato che il passaggio dallo sviluppo tecnologico alla commercializzazione della nostra offerta richiede anche un certo grado di sensibilità rispetto al personale.

Cerchiamo persone creative e appassionate, in grado di affrontare le sfide nel nostro campo. È fondamentale abbassare la testa, studiare e capire cosa serve perché ogni azienda è diversa. Inoltre il fatto di creare qualcosa che non ha un limite, e che tu stesso sei l’unico limite, può sembrare stressante, ma in realtà è ciò che alimenta la passione, perché impone di studiare e imparare ogni giorno.

L’altro errore è voler partire con un’idea solo se c’è la certezza che funzionerà e solo con questa condizione coinvolgere qualcuno che possa finanziarla. Ma per fare impresa, in particolare start up, hai bisogno di una tecnologia che ti permetta di conquistare rapidamente quote di mercato e qualcuno che ti fornisca capitale per accelerare la crescita.

All’inizio sembra che si sia in perdita, ma in realtà stai acquisendo quote di mercato. Prima di arrivare a quel punto, devi avere una tecnologia che funzioni e a cui credere. Devi metterti in gioco.

Durante i miei primi lavori post-laurea mi sembrava di non avere la possibilità di dare il massimo e ci sono stati momenti in cui faticavo a prendere sonno pensando che non stavo dando tutto quello che potevo.

Tuttavia, è stata proprio questa consapevolezza a muovermi e a darmi voglia di trovare qualcosa di grande, un macro trend, per creare un’impresa solida e creare opportunità anche per altri.

© Riproduzione riservata

© RIPRODUZIONE RISERVATA