Si svela Transizione 5.0. Grande opportunità ma i tempi sono stretti

Innovazione Marco Calabrò è a capo della segreteria tecnica del Mimit. «Stacco culturale con il 4.0: dal macchinario al processo produttivo»

Un piano complesso che punta a unire la transizione digitale con quella energetica, aperto alle aziende di qualsiasi dimensione e tipologia. Transizione 5.0 prevede 6,3 miliardi di euro di risorse europee che uniti alla 4.0 (6,4 miliardi di risorse nazionali) costituiscono un totale di 12,7 miliardi disponibili per le imprese, in modalità diverse in base alla natura dei fondi. L’aliquota massima per 5.0 è del 45%, il tetto dei costi ammissibili fissato a 50milioni.

«Transizione 5.0 introduce una discontinuità rispetto a 4.0 anche da un punto di vista culturale, 4.0 nel 2017 guardava molto all’ammodernamento dei macchinari, un risultato raggiunto, abbiamo per esempio un tasso di crescita dei robot del 7% medio annuo, adesso si chiede uno sforzo in più, passare dal macchinario al processo produttivo all’interno dell’impresa e un domani forse anche all’interno della filiera» ha spiegato Marco Calabrò capo segreteria tecnica del Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

La platea

Il Piano 5.0 non è selettivo, è aperto a tutte le aziende, dalle manifattura all’agricoltura, dalle pmi alle grandi, non c’è istruttoria, è una misura cumulabile con altre agevolazioni tranne con il credito Zes e 4.0: «Si chiede all’impresa di scegliere uno o l’altro programma». Le attività escluse sono quelle che rientrano nel criterio Dnsh che la Commissione Europea applica a tutte le misure del Pnrr che prevede per esempio l’esclusione delle attività direttamente connesse con i combustibili fossili «che avrebbe lasciato fuori tutta l’agricoltura, ma siamo riusciti a negoziare con la Commissione e i settori che utilizzano combustibili fossili possono rientrare se l’utilizzo dei combustibili è temporaneo, inevitabile e va verso il green, per il settore agricolo è previsto che sia agevolabile la sostituzione di trattori Stage 1 con Stage 5». Le uniche esclusioni totali riguardano fattori oggettivi che concernono lo stato dell’impresa: liquidazione, fallimento, sanzioni interdittive oppure realtà che non rispettano le normative della sicurezza sul lavoro e non sono in regola con i contributi previdenziali: «La novità introdotta è che si prevede un periodo di osservazione che le imprese sono tenute a rispettare per i cinque anni successivi, pena la revoca del beneficio».

I tempi

La Commissione Europea chiede che gli investimenti 5.0 siano chiusi entro il 31 dicembre 2025: «Una data definita come termine ultimo per la rendicontazione della misura, noi saremo poi tenuti a rendicontare entro il 30 giugno 2026. Siamo riusciti a introdurre due elementi, dal momento che gli oneri documentali richiedono tempo, abbiamo contrattato con la Commissione Europea che il 31 dicembre 2025 sia il termine dell’investimento al netto degli oneri documentali, che potranno essere prodotti e trasmessi anche nel bimestre successivo. Altro elemento è che nel caso di installazione di impianti da fonti energetiche rinnovabili, il termine dell’investimento coincida con la fine dei lavori, ovvero con quello che precede l’allaccio e la connessione con la rete che non è sotto il pieno controllo delle imprese, dipende dal gestore di rete, e che a volte richiede sei-otto mesi. L’allacciamento deve avvenire comunque entro 12 mesi».

Introdotta l’impossibilità per le imprese di presentare più di un progetto contemporaneamente, l’eventuale secondo progetto potrà essere richiesto dopo la conclusione del primo. L’effetto del 5.0 è retroattivo, riguarda tutti gli investimenti fatti dal primo gennaio 2023, l’impresa potrà caricare la documentazione sull’apposita piattaforma.

Il progetto di innovazione deve prevedere beni materiali e immateriali strumentali tecnologicamente avanzati (contenuti negli allegati A e B del Piano 4.0) ai quali sono stati aggiunti i software gestionali che erano quasi tutti esclusi dal 4.0: «Abbiamo rimosso questo vincolo, le imprese possono accedere all’agevolazione anche su qualunque modulo del gestionale nel presupposto che non si possa innovare se l’azienda non è dotata nemmeno di un gestionale. Il software può essere agevolato solo se acquistato congiuntamente con un software che monitora i consumi energetici».

Il credito di imposta si ottiene se gli investimenti trainanti portano a una riduzione del 3% dei consumi energetici per unità produttiva o del 5% del processo «che deve essere certificata da soggetti tecnici abilitati, allargati anche a ingegneri e periti con competenze specifiche. Deve essere presentato il confronto tra i consumi prima e dopo l’intervento, nel decreto sono previste casistiche e regole su come calcolare i consumi anche attraverso stime per le aziende aperte da meno di 12 mesi». Le percentuali delle riduzioni vanno considerate nel complesso del progetto di innovazione, non per ogni singolo bene: «L’impresa può acquistare beni che consumano di più, come i server, ma nel complesso la riduzione deve essere quella sopra citata del 3 o del 5%».

Novità del 5.0 le agevolazioni sulla formazione che deve essere svolta da formatori esterni certificati, per almeno dodici ore, sono stati individuati dodici ambiti per i corsi nel digitale e dodici per il green. Anche titolari e soci lavoratori possono partecipare ai percorsi formativi. I costi non possono superare i 300mila euro e il 10% dei beni strumentali acquistati. L’ultima parte degli investimenti agevolabili riguarda gli impianti di autoproduzione e autoconsumo di energie da fonti rinnovabili a esclusione delle biomasse.

Il credito di imposta viene calcolato sommando tutte le spese agevolabili nei tre tipi di investimento (beni strumentali, formazione e impianti per le rinnovabili), è articolato a scaglioni, modello Irpef, il credito varia in base alla riduzione dei consumi e alla quota di investimento, da un massimo del 45% fino a 2,5 milioni (risparmio dei consumi della struttura del 10% o dei processi superiore al 15%) a un minimo del 5% da 10 a 50milioni se il taglio dei consumi è dal 3 al 6% per unità (o dal 5 al 10% per processo). Se l’impresa non raggiunge le percentuali di risparmio energetico potrà eventualmente accedere al Piano 4.0.

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