«Tutelare i salari è una priorità»

Intervista Luigi Campiglio, docente alla Cattolica: «Nella crisi indotta dal caro energia va difeso il tenore di vita dei lavoratori per essere pronti alla ripartenza»

L’emergenza energetica sta mettendo in ginocchio famiglie e imprese e il nuovo piano di riduzione dei consumi del ministro della Transizione Ecologica Cingolani con l’obiettivo di risparmiare oltre 5 miliardi di metri cubi di gas è «un libro dei sogni che tuttavia potrebbe innescare una consapevolezza sui consumi utile a migliorare l’economia, la quale vive di aspettative comunicate ai mercati, che di conseguenza si regolano. Speculatori compresi», afferma Luigi Campiglio, professore di Politica economica in Cattolica.

Nei folli rincari di un prezzo del gas ancorato a Ttf Amsterdam, acciaierie e cartiere sospendono le attività con inevitabili ricadute sulle filiere produttive e quindi sull’occupazione, come mostrano le richieste di cassa integrazione in rapida ripresa in Italia e anche sul Lario. E, ci dice Campiglio, potrebbe essere solo l’inizio di una crisi peggiore.

Professore, a che punto è il grande piano europeo di salvaguardia dell’occupazione previsto nel Recovery plan? Da dove ripartire ora per tutelare i redditi di chi perde il lavoro per le nuove difficoltà delle imprese?

In tema di lavoro è necessario istituire una cassa integrazione senza braccino corto, dando, da parte del Governo, un segnale concreto per salvaguardare il tenore di vita delle persone portando l’ammortizzatore al 90% dello stipendio. Agendo in questo modo, nel momento in cui sulla questione energetica si arrivasse a un qualche equilibrio seppure in toni da guerra fredda, comunque accettabili, i lavoratori possono essere richiamati per rimettere in moto una macchina produttiva che in Italia dalla crisi del 2008 (mai del tutto superata) ad oggi ha sofferto fin troppo.

La decisione sul cap price al gas sembra rinviata a ottobre. A cosa serve un tetto di costo posto solo sul gas russo, quando a condizionare il prezzo sono le speculazioni sul mercato Ttf?

Credo nella necessità di una risposta unica europea con l’apposizione di un tetto al prezzo del gas. La prova di forza in atto fra Russia, da una parte ed Europa-Stati Uniti dall’altra vede, nell’area europea, l’Italia come obiettivo privilegiato. Detto ciò, una recente analisi dell’Economist sui provvedimenti presi dall’Ue verso la Russia evidenzia l’efficacia ridotta delle sanzioni rispetto a quella desiderata dall’Ue verso la Russia, ma è anche vero che se di fronte all’ipotesi dell’apposizione di un price cap la Russia risponde minacciando l’interruzione di ogni fornitura evidentemente l’iniziativa europea, sanzioni incluse, causa delle difficoltà alla Russia.

C’è il rischio di compromettere contratti di fornitura già stipulati?

Viviamo una fase in cui è centrale la fiducia nei contratti. In questo clima legato alla guerra in Ucraina ma non solo, la fiducia nei contratti si è sciolta come neve al sole. Il contratto ha forza di legge, disattenderlo in alcuni casi è banale ma in altri è un disastro perché interrompe le catene del valore, l’attività delle filiere con quel che ne deriva anche sull’occupazione. Se viene a mancare la fiducia nell’anello basilare dei contratti stipulati si blocca tutto. Stiamo parlando di energia, che non è solo gas ma anche elettricità, petrolio, nucleare: tutto ciò fa marciare le imprese e la vita nelle nostre case. Se si disattendono contratti si frantuma una catena produttiva che si era già accorciata. Se gli attuali contraenti europei mostrassero di fare e disfare a seconda delle situazioni contingenti i fornitori sceglierebbero da ora in poi di siglare accordi con Paesi che danno più sicurezza, considerati meno rischiosi dell’Europa.

Come vede le scommesse alla Borsa di Amsterdam?

In questa fase è forte la speculazione al rialzo sull’energia, con scommesse enormi. Una richiesta legittima sarebbe quella di trovare una regolamentazione comune dei contratti derivati, così la musica per gli speculatori cambierebbe. L’Olanda sta guadagnando da questa situazione, ma è un guadagno da avvoltoi. Se si continua a mettere lo sporco sotto ai tappeti non si può far luce sull’origine dei problemi. Gli extraprofitti realizzati dalle società dell’energia corrispondono, nella migliore delle ipotesi, ai ritorni ottenuti da un grande oligopolio. Ciò che accade è tutto tranne che concorrenza, che non possiamo considerare tale neppure in senso molto lato. Fino a prova contraria quelli dell’energia sono mercati che dovrebbero operare in regime di concorrenza, ma certi profitti da avvoltoi mostrano comportamenti non coerenti con i trattati europei. La loro tassazione non dovrebbe essere così vergognosamente ridotta come quella vista di recente. Il risultato è che a pagare il conto finale sono sempre quelli più in difficoltà.

Ancora una volta, dal 2008, la finanza mette a rischio l’economia reale?

La crisi Lehman Brothers aveva dato vita a un castello di carte di livello mondiale, crollato a catena in modo rapidissimo. E siamo in una catena simile anche ora. Si dovrebbe avere consapevolezza del fatto che dietro una finanza che non sia speculativa ci sono beni e servizi. La finanza virtuosa è quella che fa credito per progetti di sviluppo e investimento, è un trait d’union fra famiglie e imprese le quali sono le prime a pagare se viene compromesso il ruolo storico della finanza. Se in questo gioco spericolato vediamo aziende manifatturiere costrette a chiudere, a sospendere il lavoro e a mettere le persone in cassa integrazione significa che si sta giocando col fuoco e con la finanza. Dalla crisi del 2008 non ci siamo più rialzati, il nostro Pil pro capite rimane ancora più basso di quello del 2007. È in gioco una questione molto seria per il tenore di vita delle persone. Ho conosciuto da vicino la crisi di una grande impresa nel 2009, non era guerra ma sembrava che il mondo stesse per finire, con nove mesi di totale disorientamento. Certo, ricordiamo che tutto passa, ma se si prendono provvedimenti passano più in fretta.

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