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Imprese e Lavoro / Como città
Lunedì 17 Febbraio 2025
Vestiti e scarti tessili si buttano nei negozi: test per il tessile circolare
Il progetto A Milano l’accordo tra Comune, Amsa e Consorzio Retex.green Possibile lasciare i vecchi indumenti senza obbligo di fare nuovi acquisti
A Milano nasce un nuovo sistema collaborativo per la gestione dei rifiuti tessili. Il Comune ha approvato le linee guida di un accordo con Amsa e retex.green, incentivando parallelamente la raccolta degli indumenti usati in punti vendita sparsi per tutta la città e il riciclo degli scarti. Lo racconta Mauro Chezzi, referente del Consorzio retex.green e vicedirettore di Confindustria Moda.
Qual è il suo ruolo all’interno del settore moda?
Porto avanti da più di trent’anni la mia carriera professionale nel sistema associativo dedicato al tessile e all’abbigliamento del sistema Confindustria, in cui ho ricoperto diversi ruoli nell’ambito dell’Area Politica industriale, Economia e Impresa. Dal 2021 mi occupo attivamente del coordinamento e della gestione dei progetti associativi relativi alla circolarità della filiera e alla responsabilità estesa del produttore, in particolare tramite il consorzio retex.green, svolgendo anche azioni di lobby, prioritariamente verso i Ministeri nazionali.
Che cosa si intende per responsabilità estesa del produttore (Epr), quando si parla di tessile?
Con l’Epr si richiede che il produttore stesso preveda delle misure per farsi carico del fine vita dei prodotti. In questo caso ci riferiamo ad una specifica categoria merceologica, che comprende l’abbigliamento di tutti i tipi, il tessile dedicato alla casa, le calzature - quelle che servono per camminare, si escludono quindi scarponi da sci o attrezzature sportive - e infine gli articoli di pelletteria. Secondo questa nuova visione, la responsabilità del produttore è di due tipi: finanziaria ed organizzativa, perché deve realizzare un sistema che consenta la presa in carico, la raccolta e il trattamento dei rifiuti tessili che derivano dagli oggetti messi sul mercato. Ispirandosi ai principi europei, la normativa italiana che renderà l’Epr realtà dovrà spingere innanzitutto sul riutilizzo, in modo che la raccolta possa poi far arrivare i prodotti ai canali di second hand che offrono al consumatore finale un approccio “total look”.
Come si inserisce questo contesto il consorzio retex.green?
Il consorzio è la risposta per il 99,9% dei produttori alle novità dell’Epr. Se si escludono i grandissimi player come Zara e simili, la maggior parte dei soggetti non ha infatti la capacità di investire sull’Epr da soli. La soluzione più efficiente - e devo dire anche più efficace - è allora quella di consorziarsi. Retex.green è un contesto tipicamente associativo, perché nasce da Confindustria Moda e dal suo braccio operativo che è Fondazione del Tessile Italiano, e può contare su un vero dna tessile. A differenza di altri consorzi che hanno già affrontato il tema del tessile partendo da competenze più trasversali sull’Epr, retex.green ha infatti un know how specifico. Noi vediamo l’Epr come uno strumento, non come un obiettivo: per noi è un mezzo per raggiungere lo scopo importante dello sganciamento tra l’utilizzo di risorse vergini - e di converso quindi la produzione di emissioni e rifiuti - e la crescita della filiera.
Cosa sta succedendo in Italia, a livello normativo?
Mentre in Europa si sta chiudendo la discussione sulla nuova direttiva, in Italia il Ministero dell’Ambiente ha ripreso le attività che riguardano l’avvio della consultazione pubblica sul tema. La bozza di decreto dovrebbe arrivare a breve, ci aspettiamo quindi una chiamata del Ministero dell’Ambiente rivolta a tutti gli stakeholder interessati, per fornire dei commenti su un testo predisposto di concerto con il Ministero del Made in Italy. Questo testo sarà definitivo sicuramente entro l’anno, e sperabilmente entro la pausa estiva. Ci vorrà poi qualche mese per completare gli adempimenti preliminari, la nostra previsione è che gli obblighi di applicazione dell’Epr per le aziende partiranno dal 2026. Noi, intanto, continueremo a fare sperimentazione e a prepararci.
Ad esempio con l’accordo con Amsa a Milano.
Esatto. Spinti dalle esigenze dei consorziati che hanno negozi o franchising, abbiamo iniziato a lavorare per capire come in un futuro incentrato sull’Epr si potrà gestire il take back, ossia la riconsegna dei prodotti usati in negozio. Bisogna capire dove mettere i raccoglitori, con che frequenza organizzare il ritiro, come istruire il personale, come garantire la formazione necessaria. Avevamo anche bisogno di fare una prova generale per capire effettivamente quali sono le possibilità in materia di riciclo e organizzare al meglio la filiera e il rapporto con i produttori. Da ultimo, molti produttori sentivano il bisogno di riflettere sui modi più efficaci per parlare con il proprio consumatore, ingaggiarlo ed allinearlo, per renderlo un alleato attivo, in grado di portare avanti i valori della sostenibilità ambientale. L’accordo con Amsa, che al momento ha la forma di una delibera di giunta del Comune, ci farà fare passi avanti in tutte queste direzioni, facendoci accumulare esperienza prima che la normativa sull’Epr entri in vigore. Al momento questo esperimento è limitato al comune di ,ilano, che però è già una buonissima palestra, in cui si entra in contatto con consumatori attenti ed esigenti e si impara tanto.
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