Caporalato in casa di riposo: due condannati, un assolto

Pianello del Lario La sentenza del giudice dopo il blitz di sei anni fa. Ritenuti colpevoli i gestori della struttura: un anno e sette mesi

Due condanne, entrambe a un anno e sette mesi e 22 mila euro di multa. Ma anche un’assoluzione e, in generale, un dispositivo della sentenza dal contenuto assai complicato, con diverse prescrizioni su alcune vicende e capi di imputazione senza condanne. Ma, quel che più importa, sentenza che ha riconosciuto la sussistenza di quattro episodi di caporalato (su sette) av venuti nella casa di riposo denominata “La Nuova Famiglia”. La struttura era stata oggetto di un’ispezione nell’ormai lontano 21 giugno 2018, dei carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro che avevano aperto un fascicolo su quello che era stato riscontrato.

Attenuanti

Il giudice Daniela Failoni si è pronunciato ieri mattina, concedendo ai due imputati condannati le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti: fatto questo che ha portato la pena a scendere all’anno e sette mesi (pena sospesa) contro i quattro anni a testa che erano stati chiesti dall’accusa, per voce del pubblico ministero Giampaolo Moscatelli.

I due condannati sono le persone che, secondo la Procura, gestivano la struttura di Pianello del Lario: Enrico Fontana (nato a Como, 64 anni) e Gladys Esther Champi Huajardo, 56 anni, peruviana residente a Pianello del Lario. Assolto invece Giacomo Fontana (57 anni), imputato per reati minori, per il quale l’accusa aveva chiesto otto mesi: non gli erano contestati episodi di caporalato ma episodi presunti di violenza privata (tra l’altro successivi al blitz del Nil dei carabinieri) che tuttavia non sono stati provati. Le motivazioni della complicata sentenza verranno depositate tra novanta giorni.

Denuncia

Il blitz dei carabinieri era avvenuto in seguito alla denuncia presentata da un lavoratore peruviano che riferiva di avere prestato ore di lavoro non retribuite e di condizioni difficili all’interno della residenza per anziani.

Condizioni

Nella struttura erano presenti una decina di anziani che vivevano accuditi da lavoratori che - secondo le accuse - in parte erano clandestini e comunque erano assoggettati ad orari di lavoro impossibili.

La pubblica accusa, al termine delle proprie conclusioni in un fascicolo processuale travagliato, passato da una lunga indagine e anche da un cambio di giudice - la sentenza giunge infatti sei anni dopo l’ispezione - , aveva chiesto la condanna dei due principali imputati a 4 anni a testa.

Le difese avevano negato su tutta la linea: «In questa storia non ci fu alcun reclutamento e nessuna costrizione – avevano concluso i legali – Questi reati sono stati più teorizzati che documentati. Ricevevano i loro stipendi, avevano potere di contrattazione visto che chiesero ed ottennero un aumento, non ci furono insomma condotte abusanti». Di diverso avviso il giudice.

© RIPRODUZIONE RISERVATA