Il killer di Candido e i risparmi spariti. Sapeva dov’erano?

L’indagine Il furto del portafoglio e il cassetto aperto fanno intuire a un omicidio per questioni economiche. Difficile sapere però se c’erano contanti dentro casa

I fatti, prima di tutto. Uno: Candido Montini è stato ucciso a coltellate. Con più fendenti. E ha provato a difendersi. Due: è morto prima delle 15.30 di martedì, ovvero 17 ore prima del ritrovamento del corpo. Tre: un cassetto che si trova nella parte bassa di un mobile, posizionato accanto al cadavere all’ingresso dell’abitazione della vittima, è stato trovato aperto. Quattro: nessun altro cassetto è stato aperto né qualcuno ha rovistato negli armadi. Cinque: il portafoglio della vittima è stato ritrovato, vuoto, a una ventina di metri dalla casa. Sei: chi faceva la spesa nella bottega alimentare di Candido, pagava in contanti oppure faceva segnare su un libretto, perché lui - come un tempo - faceva credito ai suoi clienti. Sette: tra negozio e casa gli investigatori non hanno trovato più di una cinquantina di euro in contanti.

Fatti e ipotesi

La seconda fase dell’indagine sull’omicidio di Garzeno riparte da qui. Dai dati certi, in attesa degli esiti delle investigazioni scientifiche. Necessariamente, è una fase d’inchiesta in cui la logica la fa da padrona. Ed è quel momento in cui le domande che ci si fanno sono infinitamente superiori alle risposte che si cercano.

Allora seguiamo le caselle tracciate dai fatti e proviamo a capire, al momento, dove conducono. Chiaramente il primo elemento balzato agli occhi dei carabinieri (l’inchiesta è condotta dai militari del Reparto operativo e del Nucleo investigativo di Como, insieme ai colleghi del Nucleo operativo della compagnia di Menaggio in attesa dei rilievi del Reparto investigazioni scientifiche) è il ritrovamento del portafoglio della vittima a una ventina di metri dalla casa, gettato via e rinvenuto vuoto. Questo dato consente di aprire una doppia opzione: si è trattato di un delitto a scopo di rapina oppure, al contrario, la scomparsa del portafoglio potrebbe essere un tentativo di depistaggio. Un bivio non da poco, con entrambe le opzioni prese in considerazione. Ma con quella dell’aggressione per motivi economici ritenuta, allo stato, più solida dell’idea del depistaggio. Il motivo? Da un lato l’assenza di denaro contante (a parte meno di una cinquantina di euro) rinvenuto tra bottega e abitazione. Dall’altro il fatto numero tre, nell’elenco delle caselle dell’indagine: il cassetto trovato aperto.

Conosceva il suo assassino?

Su quel cassetto sono state trovate tracce di sangue. Il che suggerisce che qualcuno, dopo l’omicidio, lo abbia aperto. Non risulta lo abbiano fatto i soccorritori. E neppure il vicino di casa che ha trovato il corpo o la cognata della vittima, entrata in casa prima dell’arrivo dei carabinieri, chiamata dal vicino. Dunque l’ipotesi più probabile è che ad aprirlo sia stato l’omicida. Perché? La risposta più logica, al momento, è che all’interno di quel cassetto avrebbero potuto essere nascosti i contanti frutto del lavoro con l’alimentari del signor Montini. Se così fosse l’inevitabile conseguenza è che l’assassino sapeva dove si trovavano i soldi. E li ha fatti sparire, prima di abbandonare la scena del delitto.

Si potrebbe ovviamente anche pensare che di soldi non ve ne fossero in casa, dopotutto ormai di contanti ne girano sempre meno. Ma non in paesi come Garzeno o frazioni come Catasco dove tutti pagavano in contanti, nella bottega alimentare. Certo Candido, uomo descritto come generoso e altruista, oltre che molto fedele, faceva credito a tanti. Ma, a maggior ragione, era per lui facile ritrovarsi all’improvviso con quantitativi più elevati di soldi una volta che arrivava il momento di saldare i conti. Insomma, la presenza di denaro contante in casa o nel negozio non avrebbe stupito gli investigatori. Anzi, proprio l’esatto contrario.

Quindi se l’assassino ha frugato nel cassetto alla ricerca del denaro e si è allontanato con quei contanti, vuol dire che sapeva dove mettere le mani. E se lo sapeva, evidentemente era perché faceva parte della cerchia di conoscenze della vittima.

A supporto di quest’ultima considerazione vi è il fatto numero otto di questa vicenda, finora non citato: per arrivare a casa di Candido Montini bisognava camminare. Un’eventuale auto avrebbe dovuto essere lasciata in un piccolo parcheggio all’inizio della via, peraltro in una zona ben coperta da una telecamera privata. Catasco è uno di quei posti dove il controllo di vicinato è inevitabile. Una persona estranea alla comunità viene subito notata (e ben lo sanno, ad esempio, i carabinieri in borghese che in questi giorni hanno girato per le strade della frazione di Garzeno, mai passati inosservati). Quindi la presenza di un volto famigliare non avrebbe destato alcuna curiosità. Quella di un estraneo, molto probabilmente sarebbe già stata segnalata ai carabinieri. Questo elemento sembra confermare le conclusioni di cui si diceva prima: il killer faceva parte della cerchia di conoscenze della vittima.

Un’indagine complessa. Lunga, salvo improvvisi colpi di scena. E che, per ora, prosegue sulla scorta delle ipotesi, dei fatti messi in sequenza e delle logiche conseguenze che da ciò che è noto si può trarre. In attesa dei risultati scientifici.

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