La morte di Edi Copes: inchiesta verso l’archiviazione

Sorico Le indagini sul ragazzo di 17anni trovato senza vita nel 1982. Il gip ha respinto la richiesta di nuove intercettazioni: «Tutto prescritto»

La mai chiarita morte di Edi Copes risale al 1982. Le indagini vennero riaperte una prima volta nel 1996 e una seconda più di recente, dopo alcuni servizi televisivi, l’avvocato Noelle Meroni, che assiste la famiglia, ha convinto la Procura.

Ma, ed è questa la notizia recente, il gip ha rigettato l’autorizzazione alle intercettazioni telefoniche, ritenendo che se anche di omicidio si fosse trattato, sarebbe da ritenere preterintenzionale e, dunque, abbondantemente prescritto. La magistratura, insomma, intende archiviare di nuovo il caso.

La vicenda

Il corpo del giovane, che aveva 17 anni, venne trovato nel fossato lungo il rettilineo di Ponte del Passo con il cranio sfondato, graffi e lividi sul corpo, le braccia incrociate. La morte risaliva alla sera precedente e quel fossato era già stato setacciato dai genitori con tanto di torce durante la notte.

A tarda sera la madre, Letizia Caraccio, notò un’auto fermarsi dinanzi a casa e vide in faccia il conducente, uno degli indagati, che alla sua vista ripartì a forte velocità. Vent’anni più tardi, la madre riconobbe ancora la stessa persona tra tante fotografie mostratele dalle forze dell’ordine.

Edi Copes aveva montato sulla propria moto un manubrio che il proprietario di una motocicletta rubata riconobbe essere il suo; venne minacciato e malmenato pochi giorni prima della morte e fece i nomi di coloro che gli avevano venduto il manubrio, poi condannati per furto. Ma la morte del ragazzo seguì un’indagine diversa, non collegata con il furto della motocicletta, perché venne attribuita a un incidente stradale.

La richiesta

«Le intercettazioni richieste (e non concesse, ndr) dovevano riguardare anche i due marescialli che fecero le indagini e la nuova attività di indagine punta anche su alcune criticità già sollevate in passato, ma mai chiarite – sostiene Mario Meroni, amico di famiglia – . In una intercettazione del 2000, un’amica di uno degli indagati gli chiede com’è andato l’ennesimo l’interrogatorio e, dinanzi alla sua preoccupazione, aggiunge di essere pronta ad aiutarlo facendo quello che può. Che cosa, se l’amico fosse davvero innocente?».

«E’ emersa poi la dichiarazione mendace di un meccanico dal quale Edi aveva portato la sua “Vespa” la sera stessa prima di morire. Chi ha ucciso Edi Copes? – si chiede ancora Meroni – . In sede di nuovo interrogatorio, il carabiniere maggiormente coinvolto all’epoca ha riferito di non ricordare nulla di quei fatti – prosegue Meroni – ma noi non ci arrendiamo, per dovere nei confronti di un ragazzo ucciso a soli 17 anni per motivi futili e per rispetto della madre, che dopo 40 anni cerca ancora la verità, e della memoria di suo padre».

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