«Lui è un mio amico, non multarlo». I giudici: l’ispettore non può tornare a lavorare

Tremezzina Il caso emerso a luglio. Accusa di induzione indebita per il sottufficiale Polstrada sospeso per un anno

Il capo del distaccamento della Polstrada nella Tremezzina «ancora oggi minimizza la gravità» delle accuse a suo carico. E quindi nonostante un «cambio di contesto lavorativo non pare sufficiente a rassicurare sul pericolo che fatti analoghi abbiano occasione di ripetersi».

Il Tribunale del Riesame di Milano ha respinto il ricorso presentato dall’avvocato di Roberto Casartelli, l’ispettore capo della polizia stradale indagato con l’accusa di induzione indebita a dare o promettere utilità, che chiedeva l’annullamento della sospensione cautelare dalla polizia per il periodo di un anno, chiesto e ottenuto dalla Procura di Como.

L’ispettore era finito sotto inchiesta con l’accusa di aver fatto pressioni, sui proprio sottoposti, per “graziare” amici e conoscenti. Uno l’episodio concretamente contestato, che risale all’estate di un anno fa, quando una pattuglia della stradale fermò un autotrasportatore che aveva il camion pieno di legna. Gli agenti lo volevano multare per una serie di mancanze sul fronte della sicurezza, tanto per fare un esempio i tronchi non erano fissati in alcun modo. Quando l’autotrasportatore aveva capito che stava per essere sanzionato, aveva impugnato il telefono, chiamato l’amico ispettore e passato l’apparecchio a uno degli agenti in servizio. Al quale il superiore aveva chiesto di chiudere un occhio perché stavano per multare un suo amico.

I giudici del Riesame non si sono limitati a ricostruire l’episodio che ha dato origine all’accusa, ma hanno allargato lo «sguardo su un contesto più ampio e sull’atteggiamento dell’indagato» il quale, sottolineano i magistrati, «non subiva l’inopportuna iniziative di privati» che si rivolgevano a lui per chiedere favori, ma quei privati «sapevano di poter contare sull’intervento in loro favore» da parte dell’ispettore. E infatti, sostiene il provvedimento, il caso contestato sarebbe solo «la replica di ciò che accadeva da tempo» tanto che in un atto del comandante della Stradale di Como c’è traccia di una relazione nella quale si dà atto che «l’ispettore confessava di aver esercitato una minima pressione sul collega» dicendogli che era un suo conoscente e un bravo ragazzo. In realtà «Casartelli non si limitava a chiedere un trattamento di favore per i suoi amici, ma accompava la richiesta con il peso della sua posizione e la concreta prospettazione» che, in quanto capo, «avrebbe potuto creare, al sottoposto, difficoltà sul piano personale e lavorativo».

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