“Prigioniera” in Francia si salva grazie alla madre

Porlezza Temendo di finire in Marocco, da Digione contatta la mamma. Liberata dopo l’intervento dei carabinieri e della polizia francese

Una giovane donna di 27 anni originaria di Gravedona ma residente già da qualche anno in provincia di Venezia, è la protagonista di una operazione di “salvataggio” condotta a distanza tra Italia e Francia dai carabinieri di Porlezza.

I militari si sono attivati venerdì mattina dopo che la madre della ragazza, una signora di 55 anni residente in paese, aveva chiesto il loro intervento spiegando di essere stata contattata dalla figlia che, disperata, le aveva raccontato di essere “prigioniera” di un albergo di Digione, tappa intermedia di un viaggio che l’avrebbe portata, contro la sua volontà, fino in Marocco, da dove temeva di non poter mai più rientrare.

I carabinieri hanno preso contatto con l’albergo francese, ottenendo conferma del fatto che una stanza fosse in effetti occupata da quella giovane donna e da due suoi compagni di viaggio: questi entravano e uscivano dalla camera e dalla struttura mentre, in effetti, la ragazza che era con loro si era vista fin lì molto di rado.

Gli stessi carabinieri contattavano a quel punto i colleghi della polizia francese, facendoli intervenire. Al loro arrivo, la giovane donna era in effetti in camera, in compagnia di più uomini, in lacrime.Secondo i poliziotti gli estremi per poter procedere contro i suoi compagni di viaggio non c’erano, ma gli agenti hanno comunque ritenuto di accompagnarla fino all’aeroporto di Lione, dove attendere la madare, che sarebbe atterrata la sera stessa per riprenderla con sé e riportarla in Italia.

Nelle ore successivi è stato possibile ricostruire con un po’ più di chiarezza la dinamica dell’“incidente”. Uno dei due accompagnatori della giovane donna era il suo compagno, mentre l’altro sè scoperto essere il fratello di quest’ultimo. Avevano deciso di tornare in Marocco e di portarla con sé, approfittando di una sorta di sua debolezza psicologica, o quantomeno del terrore di lei per una possibile ritorsione. Alla fine, la ragazza aveva compreso che se fosse arrivata in Africa, il rientro le sarebbe stato molto difficile, quando non addirittura impossibile. E si era risolta a contattare l’unico numero di telefono che le era permesso, quello di sua madre.

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