Riella, condanna anche in Appello: 8 anni per rapina

Consiglio di Rumo L’ex evaso più famoso d’Italia ha ottenuto solo lo sconto di un anno. Arrestato per l’aggressione a due anziani nel 2021

Sconto di un anno sulla pena rimediata in primo grado, scesa da nove anni a otto anni, ma impostazione della pubblica accusa mantenuta, in attesa di leggere le motivazioni della sentenza che non sono ancora note. Si è svolto a Milano, di fronte ai giudici dell’Appello, il processo a carico di Massimo Riella e relativo alla vicenda che era stata all’origine della clamorosa evasione avvenuta dal cimitero di Brenzio (dove aveva ottenuto il permesso per una visita alla tomba della madre) nel mese di marzo del 2022.

Il primo atto

L’uomo, arrestato di nuovo dopo mesi di fuga tra i monti del Lario e il Montenegro - dove era stato intercettato - a suo dire era fuggito per dimostrare la propria innocenza proprio in merito alla rapina commessa ai danni di una coppia di anziani di Consiglio di Rumo (circa 800 euro il bottino) avvenuta il 15 ottobre 2021.

Riella mai ammise responsabilità in merito a questo episodio, in cui le due vittime furono anche picchiate. Ma già i giudici di primo grado la pensarono diversamente, accogliendo le richieste del pm Alessandra Bellù e condannando l’imputato a 9 anni di carcere, più altri sei mesi per le munizioni trovate in suo possesso nel corso di una perquisizione. Colpevolezza che ha tenuto anche in Appello, con lo sconto che è stato di un anno (8 anni al posto di 9) ma mantenendo tuttavia inalterato il castello accusatorio.

I giudici di primo grado avevano ritenuto la rapina «non pianificata», frutto di una «azione estemporanea tipica di un soggetto che aveva appena assunto stupefacenti». Un colpo su cui l’imputato non aveva alcun alibi, in cui era certo che si trovasse «nei pressi dell’abitazione delle vittime», in un «orario compatibile» e in cui fu visto anche «allontanarsi in fretta, con modalità compatibili con chi si è reso responsabile di un grave delitto».

Ricostruzione

Quella sera, un uomo con il passamontagna e una giacca militare, era entrato in casa armato di una mannaia, passando dal balcone. Un gesto particolarmente atletico, perché comportava l’arrampicarsi su una rampa di bancali ed assi di legno, per nulla stabile, con anche un ulteriore salto da fare alla fine. Azione che avrebbe potuto essere compiuta non da tutti, ma da una «persona capace di doti atletiche» come quelle che Riella aveva e che tutti avevano imparato a conoscere. E che aveva messo in atto una prima volta scalando il tetto del carcere del Bassone (quando mise in scena una clamorosa protesta) e poi con l’evasione clamorosa del 13 marzo 2022 al cimitero di Brenzio.

Tra gli elementi che incastrarono il cinquantenne di Gravedona, ci fu anche il suo Dna suo che fu ritrovato sulla mannaia usata per il colpo e lasciata dal rapinatore dentro l’abitazione dei due anziani.

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